Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16251 del 09/07/2010

Cassazione civile sez. III, 09/07/2010, (ud. 20/05/2010, dep. 09/07/2010), n.16251

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20236/2009 proposto da:

ISTITUTO DI STATO PER LA CINEMATOGRAFIA E LA TELEVISIONE ”

(OMISSIS)” in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

GIUSEPPE TEMPESTINI & C. SRL, T.U.A.,

legale

rappresentante della Giuseppe Tempestini & C. Srl;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2798/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

29.5.08, depositata il 30/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RICCARDO FUZIO.

La Corte:

Letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 14 settembre 2009 l’istituto di Stato per la Cinematografia e la Televisione “(OMISSIS)” ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 30 giugno 2008 dalla Corte d’Appello di Roma, confermativa della sentenza del Tribunale, che aveva respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo per L. 31.643.280 intimatogli dalla Giuseppe Tempestini &

C. S.r.l. quale corrispettivo per la fornitura di materiali per apparecchiature radiotelevisive.

La società intimata non ha espletato attività difensiva.

2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1460 e 2697 c.c..

La censura riguarda l’affermazione della sentenza impugnata circa la mancata prova dell’inadempimento della società intimata agli obblighi negoziali discendenti dal contratto di fornitura dedotto.

Il quesito finale non postula l’enunciazione di un principio di diritto decisivo della controversia e, nel contempo, di applicabilità generalizzata fondato sulle norme di cui è stata ipotizzata violazione e falsa applicazione, ma chiede piuttosto una verifica della correttezza (negata) della sentenza, peraltro prescindendo dalla sua motivazione, incentrata sulle genericità delle contestazioni e dei ritardi, non esplicitati neppure nel giudizio d’appello.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio. La censura, che involge una pluralità di questioni, non presenta un momento di sintesi formulato secondo i criteri sopra enunciati e necessario per circoscrivere il fatto controverso e specificare quali capi della sentenza e per quali ragioni presentino motivazione insufficiente.

4.- La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non sono in armonia con l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla spese;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2010

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