Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16250 del 03/08/2016


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Cassazione civile sez. II, 03/08/2016, (ud. 15/04/2016, dep. 03/08/2016), n.16250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C.G., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale in calce al ricorso, dall’avvocato Beniamino La Piscopia,

presso lo studio del quale in Roma, via Boezio n. 16, è

elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI ROMA, in persona del Prefetto pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 1931/14,

depositata in data 23 gennaio 2014;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15

aprile 2016 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per il ricorrente, l’Avvocato Beniamino La Piscopia;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale dott.

PRATIS Pierfelice, che ha chiesto la inammissibilità o in subordine

il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 23 gennaio 2014, il Tribunale di Roma rigettava l’appello proposto da C.G. avverso la sentenza del Giudice di pace di Roma, che aveva respinto la sua opposizione all’ordinanza-ingiunzione emessa dal Prefetto di Roma, con la quale era stato respinto il ricorso avverso il verbale di accertamento in data 10 ottobre 2007, relativo all’accesso alla zona ZTL senza autorizzazione.

L’appellante aveva sostenuto di essere titolare di una licenza per l’esercizio dell’attività di noleggio con conducente rilasciata dal Comune di Pescina e che, a seguito di trasferimento nel Comune di Roma, avvenuto nel (OMISSIS), aveva continuato a svolgere la sua attività in tale ultimo Comune previa comunicazione al Comune stesso degli estremi della licenza; tuttavia, proseguiva l’appellante, nei mesi di settembre e ottobre aveva ricevuto 131 verbali di accertamento, dei quali aveva chiesto l’annullamento. Riteneva, pertanto, che, essendo titolare di una licenza di noleggio con conducente rilasciata dal Comune di Pescina, era abilitato ad esercitare la sua attività ovunque e quindi anche nel Comune di Roma, ove aveva diritto ad accedere alla ZTL, essendo equiparato a veicolo di servizio pubblico; con la precisazione che il TAR Lazio aveva sospeso la determinazione dirigenziale che aveva introdotto vincoli all’ingresso delle vetture n.c.c. alla ZTL e che aveva poi annullato la delibera dell’Assemblea di Roma Capitale che nel 2011 aveva disciplinato l’accesso alla ZTL per gli esercenti l’attività in questione. L’appellante aveva poi riproposto le censure relative alla carenza di motivazione del provvedimento impugnato nonchè quelle concernenti la mancanza di sottoscrizione autografa e la carenza di legittimazione del Comune di Roma alla partecipazione al giudizio di primo grado.

Il Tribunale di Roma rigettava l’appello, ritenendo, in primo luogo, che la questione agitata dall’appellante in ordine alla esistenza della licenza rilasciata dal Comune di Pescina e al successivo trasferimento a Roma fosse irrilevante, dal momento che oggetto del giudizio era una infrazione per accesso alla ZTL di Roma in data 10 ottobre 2007, e quindi una infrazione avvenuta prima del trasferimento e della asserita, ma non dimostrata, comunicazione al Comune del trasferimento volontario dell’attività. In ogni caso, osservava il Tribunale, l’appellante era residente a Roma sia alla data di notifica della contravvenzione sia alla data del 10 agosto 2007 (data di emissione della carta di circolazione della vettura), sicchè risultava non rispondente al vero che il trasferimento sarebbe avvenuto nel (OMISSIS), essendo lo stesso appellante già residente a (OMISSIS).

Il Tribunale, quindi, premesso che l’appellante non aveva mai contestato la violazione oggetto della ordinanza-ingiunzione essendosi limitato a sostenere la legittimità della propria condotta in quanto titolare della licenza rilasciata dal Comune di Pescina, rilevava che il Giudice di pace aveva fondato la propria decisione ritenendo che il C. non avesse fornito la prova che l’ingresso in zona ZTL era conseguenza dello svolgimento del servizio, e cioè che egli stava effettivamente trasportando un cliente ovvero lo stava andando a prendere nel rispetto delle prescrizioni stabilite dall’autorizzazione in suo possesso (inizio della corsa a Pescina e rientro a Pescina, dove la vettura doveva rientrare tutte le sere, salvi i noleggi plurigiornalieri), non potendosi ritenere consentito lo svolgimento del servizio con incarichi concordati a Roma per attività da svolgersi nel Comune di Roma, risultando altrimenti vanificata la previsione legislativa del rilascio delle licenze ad opera dei singoli comuni.

Ad avviso del Tribunale, la valutazione del Giudice di pace risultava corretta, atteso che l’accesso nella zona ZTL deve ritenersi consentito al veicolo in quanto nell’esercizio di un servizio pubblico, non anche per il soddisfacimento delle esigenze del proprietario del veicolo stesso. Le censure dell’appellante, rilevava il Tribunale, consistevano nella riproposizione della questione della sussistenza del suo diritto di accedere alla ZTL senza restrizioni, in quanto titolare del servizio di autonoleggio con conducente; erano quindi inidonee a contrastare la ratio decidendi, con conseguente inammissibilità del motivo di appello.

Quanto alla dedotta mancanza di motivazione dell’ordinanza-ingiunzione, il Tribunale rigettava il motivo di gravame, facendo applicazione del principio stabilito da Casa., S.U., n. 1786 del 2010. Escludeva, poi, la illegittimità dell’ordinanza-ingiunzione per illegittimità del verbale conseguente alla mancata produzione in giudizio della delibera istitutiva della ZTL, rilevando che in nessuna sede l’appellante aveva evidenziato la necessità della detta produzione, sicchè poteva ritenersi operante la presunzione di legittimità del provvedimento amministrativo. Da ultimo, il Tribunale disattendeva anche i motivi di appello con i quali il C. aveva riproposto questioni formali in ordine alla validità dell’ordinanza-ingiunzione e alla partecipazione del Comune di Roma al giudizio di primo grado.

Per la cassazione della sentenza del Tribunale il C. ha proposto ricorso, sulla base di due motivi.

La Prefettura di Roma non ha svolto difese in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Deve preliminarmente rilevarsi che il ricorso è stato correttamente notificato al Prefetto di Roma presso la sua sede e non presso l’Avvocatura generale dello Stato. Trova, infatti, applicazione il principio per cui “in tema di sanzioni amministrative, in base a quanto prevede la L. n. 689 del 1981, art. 23 sia il ricorso in opposizione all’ordinanza-ingiunzione che il decreto di fissazione udienza, come pure la sentenza che conclude il giudizio e il successivo ricorso per cassazione, devono essere notificati all’autorità che ha emesso il provvedimento opposto, in deroga, ove si tratti di autorità dell’Amministrazione dello Stato (Prefetto) dotata di una specifica autonomia funzionale all’irrogazione della sanzione, a quanto previsto dal R.D. n. 1611 del 1933, commi 1 e 2 che prevedono la notifica degli atti giudiziari e delle sentenze in cui sia parte un’amministrazione dello Stato presso l’Avvocatura dello Stato. (Nella specie, la S.C. con ordinanza interlocutoria ha disposto la rinnovazione della notifica del ricorso per cassazione, notificato al prefetto presso l’Avvocatura generale dello Stato anzichè presso la Prefettura)” (Cass. n. 16950 del 2006; Cass. n. 16774 del 2010).

2. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 2967 (recte: 2697) c.c., dolendosi del fatto che il Tribunale abbia disatteso il primo motivo di gravame – concernente l’affermazione del diritto delle autovetture n.c.c. ad accedere alla zona ZTL ai sensi della L. n. 21 del 1992, art. 11 -, omettendo di considerare che nel giudizio di opposizione a ordinanza-ingiunzione l’amministrazione assume il ruolo sostanziale di attore ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova; e nella specie, in presenza di una disposizione – l’art. 11 citato, appunto – che al terzo coma consente alle vetture adibite a noleggio con conducente l’uso delle corsie preferenziali e della altre facilitazioni alla circolazione previste per i taxi che, ai sensi del primo comma del medesimo articolo, possono circolare liberamente, secondo quanto stabilito dai regolamenti comunali, il Comune di Roma, costituitosi in primo grado, nulla aveva dedotto al riguardo, in particolare omettendo di allegare i provvedimenti volti a regolamentare le facoltà di cui al richiamato art. 11; nè una simile carenza probatoria era stata sanata nel giudizio di gravame.

Il ricorrente richiama quindi le numerose sentenze del Giudice di pace di Roma a lui favorevoli, emesse nella grandissima parte dei giudizi di opposizione instaurati in relazione ai centotrentuno verbali di contestazione del medesimo illecito a lui notificati tra il (OMISSIS). Sostiene quindi che, a fronte della eccepita mancanza di prova dell’illecito, il giudice di pace, prima, e il Tribunale, poi, avrebbero dovuto accogliere l’opposizione e l’appello per mancanza di prova dell’illecito.

Il ricorrente rileva che la legge nazionale era stata recepita dalla regione Lazio con L. n. 58 del 1993 e che il Comune di Roma, con ordinanza sindacale del 1995, aveva annoverato espressamente i veicoli n.c.c. tra quelli autorizzati ad accedere alla ZTL, e che, con Delib. Giunta comunale 1 agosto 2000, si era precisato che non vi era alcuna limitazione con riguardo alle vetture n.c.c. con autorizzazione rilasciata da Comuni diversi da quello di Roma.

3. – Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ancora violazione o falsa applicazione dell’art. 2967 (rette: 2697) c.c., censurando la statuizione di inammissibilità del primo motivo di appello, adducendo in proposito due ragioni: a) perchè nessuna documentazione l’amministrazione aveva prodotto in ordine alla sussistenza della infrazione contestata, il che avrebbe dovuto indurre all’accoglimento dell’opposizione, come del resto fatto dal Giudice di pace di Roma in numerosi giudizi aventi ad oggetto la medesima violazione; b) perchè il Giudice di primo grado e il giudice di appello avevano omesso di valutare la documentazione versata in atti all’udienza di comparizione dinnanzi al Giudice di pace, e segnatamente la certificazione attestante che la vettura di sua proprietà, nell’ora e nel giorno indicato nel verbale di accertamento, era in servizio.

4. – Il ricorso è inammissibile.

Premesso che entrambi i motivi si riferiscono sostanzialmente alle questioni devolute al giudice del gravame con il primo motivo di appello, appare dirimente il rilievo che il Tribunale ha espressamente dichiarato inammissibile il motivo di appello in questione. Ciò in quanto il Giudice di pace aveva rigettato l’opposizione ritenendo non provato, da parte dell’opponente, che il veicolo adibito a noleggio con conducente, al momento dell’accertamento della violazione, fosse effettivamente in servizio. In proposito, il Tribunale ha ritenuto che le argomentazioni svolte dall’appellante riguardassero i profili giuridici della questione, e cioè della sussistenza del suo diritto ad accedere alla ZTL, ma non anche il profilo specifico in base al quale il giudice di primo grado aveva rigettato l’opposizione.

Orbene, le deduzioni svolte dal ricorrente nel primo motivo e nella prima parte del secondo motivo non colgono tale ratio decidendi, nel senso che si riferiscono ancora una volta alla ricostruzione della normativa applicabile, dalla quale dovrebbe desumersi la libertà di accesso del veicolo adibito a n.c.c. nelle zone a traffico limitato, al pari di quanto consentito ad un taxi Tali deduzioni, però, non aggrediscono la ricostruzione fatta dal Tribunale della sentenza di primo grado, nel senso che l’accesso della vettura n.c.c. nella ZTL in tanto avrebbe potuto essere consentito in quanto la vettura stessa fosse in servizio, secondo le prescrizioni previste dalla autorizzazione rilasciata dal Comune di Pescina. Tale rilevante, e decisivo, aspetto della sentenza impugnata non è stato preso in considerazione dal ricorrente nè nel primo motivo nè nel primo profilo del secondo motivo, i quali sono quindi inammissibili.

5. – Un riferimento alla ratio decidendi della sentenza impugnata è invece contenuto nel secondo profilo del secondo motivo di ricorso, nel quale il ricorrente riferisce di una certificazione che assume essere stata prodotta in sede di udienza di prima comparizione.

La circostanza sarebbe senz’altro rilevante se solo il motivo fosse rispettoso delle prescrizioni poste dal codice di rito. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, infatti, affermato il principio, condiviso dal Collegio, per cui “in tema di giudizio per cassazione, l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7 di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi” (Cass., S.U., n. 22726 del 2011). Invero, il ricorso per cassazione – per il principio di specificità dei motivi – “deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicchè l’onere ricorrente ha di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione” (Cass. n. 14784 del 2015).

All’evidenza, il ricorso non soddisfa i detti requisiti, atteso che in esso si fa generico riferimento ad una certificazione prodotta nel giudizio di primo grado, omettendosi però la riproduzione del contenuto e la indicazione dei dati necessari al suo reperimento nel fascicolo di parte, che pure il ricorrente afferma in ricorso essere stato depositato.

6. – Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio, non avendo l’amministrazione intimata svolto attività difensiva.

Poichè il ricorso è stato notificato dopo il 31 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte suprema di cassazione, il 15 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2016

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