Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16242 del 09/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 09/07/2010, (ud. 19/02/2010, dep. 09/07/2010), n.16242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10205/2009 proposto da:

F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASILINA 1803,

presso lo studio dell’avvocato DANIELE DESIDERI, rappresentato e

difeso dall’avvocato BALBO Ciro, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro in carica,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4488/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

17/06/08, depositata il 12/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. FILIPPO CURCURUTO;

è presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che:

La Corte d’appello di Napoli con la sentenza ora impugnata, resa il 12 settembre 2008, ha rigettato, la domanda di F.P., medico chirurgo, contro il Ministero della Giustizia, diretta ad ottenere il ripristino del suo rapporto convenzionale, di durata biennale, con il Ministero, avente ad oggetto l’espletamento del servizio integrativo di assistenza sanitaria nell’istituto penitenziario di (OMISSIS), illegittimamente fatto cessare dall’Amministrazione prima della scadenza.

Il Ministero della giustizia resiste con controricorso, nel quale, fra l’altro, eccepisce l’inammissibilità del ricorso per non conformità alle previsioni dell’art. 366 bis c.p.c..

Il ricorso contiene due motivi.

Il primo motivo denunzia omessa ed insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1367 cod. civ..

In relazione alla data della sentenza impugnata l’ammissibilità del ricorso va verificata anche alla stregua dell’art. 366 bis c.p.c., il quale è stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, art. 47 (riforma rito civile) ma senza effetto retroattivo, motivo per cui è rimasto in vigore per i ricorsi per cassazione presentati avverso sentenze pubblicate, come nella specie, prima del 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della riforma” (Cass. 2010 n. 428).

La giurisprudenza di questa Corte si è orientata nel senso che nella norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ., nonostante la mancanza di riferimento alla conclusività (presente, invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al n. 5 del precedente art. 360 – cioè la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione” – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Sez. 3^, Ordinanza n. 16002 del 18/07/2007).

Nel medesimo ordine di idee è stato quindi affermato che in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incer-tezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

(Sez. U., Sentenza n. 20603 del 01/10/2007).

E’, inoltre, assolutamente pacifico che nel ricorso per cassazione sia necessaria, a pena di inammissibilità, la formulazione del quesito di diritto anche nei ricorsi per violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Non può, infatti, ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto può implicitamente desumersi dal motivo di ricorso, perchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., che ha introdotto, anche per l’ipotesi di ricorso in esame, il rispetto del requisito formale che deve esprimersi nella formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronunzia del giudice nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte. (v., per tutte, Cass. Sez. U, Sentenza n. 23732 del 16/11/2007).

Nessuno dei motivi del ricorso soddisfa i requisiti sopra indicati, visto che mancano tanto il quesito di diritto (nel secondo motivo) quanto il suo omologo sul piano motivazionale (nel primo motivo).

Conseguentemente, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente alle spese del giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alle spese in Euro 30,00 oltre ad Euro 2500,00 per onorari, nonchè IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2010

 

 

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