Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16238 del 29/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/07/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 29/07/2020), n.16238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36744-2018 proposto da:

G.B., in proprio e quale ex socio accomandatario e legale

rappresentante pro tempore della cessata G. TOUR di

B.G. & C. SAS, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

192, presso lo studio dell’avvocato MICHELANGELO SALVAGNI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SILVESTRO CARBONI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 2935/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata l’08/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/03/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RAGONESI

VITTORIO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Latina, con sentenza n. 160/15, sez. 3,accoglieva il ricorso proposto dalla G. Tour sas di G.B. avverso il diniego di rimborso Iva per l’anno 2007

Avverso detta decisione l’Agenzia delle Entrate proponeva appello, innanzi alla CTR Lazio.

Il giudice di seconde cure, con sentenza 2935/6/2018, accoglieva l’impugnazione ritenendo inammissibile la domanda proposta dall’amministratore della società stante l’intervenuta estinzione di quest’ultima già in data antecedente la presentazione del ricorso introduttivo

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente G.B. in proprio e quale ex socio accomandatario della società sulla base di due motivi.

L’Agenzia delle Entrate non ha resistito con controricorso.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere accolto il motivo inerente la carenza di legittimazione attiva sollevato per la prima volta in appello dall’Amministrazione.

Con il secondo motivo censura la sentenza impugnata per avere ritenuto la propria carenza di legittimazione attiva quale amministratore della società basandosi su giurisprudenza della Corte di cassazione riferibile alle società di capitali e non già alle società di persone come nel caso di specie.

Il primo motivo è manifestamente infondato.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che il difetto di “legitimatio ad causam”, a differenza della titolarità attiva o passivo del rapporto, attenendo alla verifica, sempre secondo la prospettazione offerta dall’attore, della regolarità processuale del contraddittorio, è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (Cass. 11321/07; Cass. 12832/09; Cass. 15759/14).

Il secondo motivo è anch’esso manifestamente infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno già chiarito che in tema di società, una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2495 c.c., comma 2, come modificato dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4, nella parte in cui ricollega alla cancellazione dal registro delle imprese l’estinzione immediata delle società di capitali, impone un ripensamento della disciplina relativa alle società commerciali di persone, in virtù del quale la cancellazione, pur avendo natura dichiarativa, consente di presumere il venir meno della loro capacità e soggettività limitata, negli stessi termini in cui analogo effetto si produce per le società di capitali, rendendo opponibile ai terzi tale evento, contestualmente alla pubblicità nell’ipotesi in cui essa sia stata effettuata successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 6 del 2003, e con decorrenza dal 1 gennaio 2004 nel caso in cui abbia avuto luogo in data anteriore. (Cass. sez. un 4060/10).

Sempre le Sezioni Unite hanno successivamente ribadito che, dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese,(Cass. sez. un. 6070/13).

Alla luce di siffatti principi questa Corte ha conseguentemente affermato che la cancellazione dal registro delle imprese, avvenuta in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4 (che ha attribuito a tale adempimento efficacia costitutiva), determina l’immediata estinzione della società di capitali, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo. Da ciò discende che deve ritenersi inammissibile – per carenza di capacità processuale ex art. 75 c.p.c., comma 3 – l’azione giudiziaria proposta dal liquidatore di una società che sia stata cancellata dal registro delle imprese in epoca posteriore alla data suddetta, difettando la stessa di legittimazione sostanziale e processuale, trasferitasi automaticamente ai soci ex art. 110 c.p.c. (Cass. 8596/13; Cass. 11100/17; Cass. 33278/18; Cass. 23365/19).

Nel caso di specie la sentenza impugnata ha accertato che il ricorso introduttivo del giudizio è stato proposto da G.B. quale amministratore della G. Tour di B.G. & C s.a.s e non già nella sua qualità di socio della società estinta, per cui la pronuncia di inammissibilità del ricorso deve ritenersi del tutto corretta.

E’ appena il caso di sottolineare che prive di rilevanza sono le argomentazioni dell’odierno ricorrente circa il fatto che atti precedenti al ricorso (istanza di rimborso Iva, diniego di rimborso, iscrizione del ricorso nella cancelleria) risultino a nome proprio poichè l’unico dato rilevante nel caso di specie è quello che si evince dal ricorso proposto in primo grado di cui si è dianzi detto.

Il ricorso va dunque respinto. Non avendo l’Amministrazione svolto attività difensiva non si procede a liquidazione di spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale. Compensa le spese della fase di merito.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2020

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