Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16234 del 25/07/2011

Cassazione civile sez. II, 25/07/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 25/07/2011), n.16234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.F. (OMISSIS) rappresentata e difesa, in forza

di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.to Carmelo Monaco

del foro di Roma ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in

Roma, via Conca d’Oro, n. 378;

– ricorrente –

contro

B.E. ed A., rappresentati e difesi dall’Avv.to Aldo

Verini Supplizi del foro di Roma, in virtù di procura speciale

apposta a margine del controricorso e ricorso incidentale

condizionato, ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in

Roma, viale Pinturicchio n. 214;

– controricorrenti –

nonchè sul ricorso incidentale condizionato n. 32240/05 proposto dai

controricorrenti nei confronti della ricorrente;

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 1668/2005

depositata il 13 aprile 2005.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 14

aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito l’Avv.to Carmelo Monaco, per parte ricorrente;

udito i Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del

ricorso principale e di quello incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato l’8 maggio 1999 C.F. evocava, dinanzi al Tribunale di Roma, E. ed B.A. esponendo di essere proprietaria di appezzamento di terreno della superficie complessiva di 1000 mq sito in (OMISSIS) e confinante con via (OMISSIS), via (OMISSIS) e proprietà F., distinto al C.T. del Comune di Roma foglio 1063, pari 24/AF are 10, sul quale insisteva un fabbricato, avente ingresso da via (OMISSIS), angolo via (OMISSIS), che era occupato da B.E. almeno da 1977, senza alcun titolo negoziale o legale, per cui chiedeva la condanna di entrambi i convenuti al rilascio dell’immobile e al risarcimento dei danni per mancata utilizzazione dei locali in questione svolgendo la stessa attività di ristoratrice, nonchè il pagamento di indennità di occupazione dal 1977 ovvero dal 1980 sino al rilascio.

Instauratosi il contraddittoho, nella resistenza dei convenuti, eccepita da B.A. la sua estraneità ai fatti di causa e da B.E. la nullità della citazione ex art. 164 c.p.c., comma 4, chiedendo entrambi, nel merito, il rigetto della domanda, con condanna dell’attrice ai sensi dell’art. 96 c.p.c., il Tribunale adito, disponeva l’integrazione della domanda. L’incombente veniva assolto dalla C., la quale precisava di avere acquistato il bene per atto notaio Inzerilli del 15.12.1972, in comproprietà indivisa al 50% con F.M., madre deceduta dei convenuti, la quale con scrittura privata del 31.3.1977 (erroneamente indicato il giorno 31.7.1977) le aveva ceduto la propria quota di proprietà del terreno, ma proprio a causa del suo rifiuto di trascrivere in atto pubblico la predetta scrittura privata, al fine di consentirne la trascrizione, l’attrice aveva convenuto in giudizio la F., con atto notificato il 5.4.1980, per ottenere sentenza di accertamento del proprio titolo di proprietà esclusiva del terreno ovvero in subordine sentenza ex art. 2932 c.c., ma il Tribunale aveva rigettato la sua domanda, nonchè la querela di falso prop¢sta dai B., costituitisi a seguito del decesso della madre (i quali avevano chiesto venisse dichiarato l’abusivo riempimento di fogli in bianco, nonchè la nullità del contratto di compravendita). La Corte di Appello di Roma, con decisione confermata dalla Suprema Corte, riformava la sentenza accertando l’autenticità e validità della scrittura privata del 31,3.1977, con conseguente trasferimento del 50% della proprietà del terreno da parte della F., accertando, inoltre, che sullo stesso insisteva l’indicato fabbricato.

A seguito della integrazione, i convenuti contestavano la fondatezza delle pretese attoree, assumendo che la sentenza invocata aveva per oggetto esclusivamente il terreno e non anche il fabbricato, non essendo peraltro stata formulata domanda dall’attrice in tal sensori solo B.E. eccepiva, altresì, l’intervenuta usucapione, ed in via riconvenzionale e subordinata, chiedeva la condanna della C. al pagamento de prezzo dei materiali e della manodopera impiegati per la costruzione ovvero al pagamento dell’aumento di valore del fondo ai sensi dell’art. 936 c.c., comma 2, oppure al pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 2041 c.c. per l’ingiustificato arricchimento dell’attrice.

Il Tribunale, istruita la causa, rigettava le domande attoree, compensando integralmente le spese di lite.

In virtù di rituale appello interposto dalla C., con il quale lamentava la erroneità della motivazione riguardante l’intervenuta usucapione su tre specifici motivi (decorrenza del termine ventennale, possesso e inesistenza di un contratto di comodato, animus ed inerzia), la Corte di appello di Roma, nella resistenza degli appellati, proposto da B.E. appello incidentale per far riconoscere che egli era proprietario dell’immobile in contesa, rigettava l’appello principale e dichiarava inammissibile quello incidentale.

A sostegno dell’adottata sentenza, la corte territoriale riteneva – sulla preliminare osservazione della estraneità di B.A. alla controversia, per non avere nei suoi confronti l’appellante svolto alcuna domanda, accertato quindi il difetto assoluto di legittimazione passiva dello stesso – l’inammissibilità dell’appello incidentale in quanto rivolto ad ottenere il riconoscimento della proprietà dell’immobile con domanda formulata solo in sede di gravame, per cui era domanda nuova ex art. 345 c.p.c..

Con riferimento all’appello principale ne affermava la infondatezza in quanto la maturazione del periodo ventennale previsto dall’art. 1158 c.c. per l’usucapione non era stato interrotto dagli atti compiuti dall’appellante quale l’introduzione del giudizio volto all’accertamento della proprietà, sulla base di scrittura privata, limitata al solo terreno, pacifico che il possesso del B. fosse iniziato nel 1977.

Aggiungeva che correttamente il giudice di prime cure aveva escluso che il B. avesse conseguito la disponibilità dell’immobile per tolleranza dell’appellante, a prescindere dall’esistenza di un titolo, essendo stato il godimento del bene totale, per avere destinato il fabbricato ad abitazione sua e della sua famiglia, con esclusione dell’appellante dall’esercizio di ogni diritto sullo stesso, esulando dal possesso ogni elemento di saltuarietà e transitorietà. Riteneva, inoltre, la sussistenza del requisito dell’animus di proprietario in capo al B., la cui esistenza doveva presumersi ai sensi dell’art. 1141 c.c..

Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione la C., che risulta articolato su tre motivi, al quale hanno resistito con controricorso i B., proponendo il germano E. anche ricorso incidentale condizionato con un motivo di doglianza, formulata da A. B. domanda di risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno preliminarmente riuniti, a norma dell’art. 335 c.p.c., concernendo la stessa sentenza.

Venendo quindi all’esame del ricorso principale, si rileva che con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1165, 2943 e 1141 c.c., per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto maturato il termine ventennale di usucapione in favore di B.E. con decorrenza dal 1977 – senza considerare evento irrterruttivo la causa introdotta nel 1980 dalla stessa C. nei confronti della dante causa del B. avente ad oggetto l’accertamento del suo diritto di proprietà sull’intero appezzamento di terreno su cui insiste il fabbricato in contesa – e qualificato come effettivo possesso – e non mera detenzione – l’occupazione dell’immobile da parte dello stesso B. in detto periodo, assistito il comportamento dell’appellato dall’animus rem sibi habendi, cui sarebbe corrisposta l’inerzia della proprietaria, con conseguente stravolgimento dell’applicazione delle norme e dei principi che regolano la portata del possesso utile ai fini dell’usucapione. D’altro canto rileva la C. che non avrebbe potuto in detto periodo proporre azione giudiziale per il rilascio del fabbricato occupato giacchè perdurando il contenzioso sull’accertamento della proprietà del terreno fino al 1998, non disponeva di titoli specifici attestanti la proprietà di detto immobile e successivamente aveva tenuto un comportamento attivo ai fini dell’interruzione dei termini ex artt. 1165 e 2943 c.c., come la realizzazione dei lavori necessari alla costruzione ed alla manutenzione del fabbricato, di cui aveva sanato l’abusività a proprie cure e spese, dopo avere subito una condanna ex L. n. 1150 del 1942, artt. 31, 32 e 41. Aggiunge che sempre a partire dal 1977 la ricorrente aveva provveduto ad ultimare la costruzione, ad effettuare gli allacci alle utenze fognarie, idriche, elettriche e del gas, nonchè a dichiarare la proprietà dell’immobile ai fini fiscali, pagando le relative imposte, ICI ed IRPEF. La censura è fondata.

Le Corte territoriale ha attribuito rilievo decisivo alla circostanza che gli atti giudiziali posti in essere dalla ricorrente non potessero comportare per il possessore la perdita del corpus per “essersi limitata a proporre azioni di accertamento della proprietà basate esclusivamente sulla convalida dell’esistenza ed efficacia della scrittura privata sottoscritta con F.M. (madre poi deceduta del B.), scrittura peraltro limitata alla sola proprietà del terreno, per avere esteso le proprie pretese anche al fabbricato soltanto con l’atto introduttivo del presente giudizio.

tale convincimento non può essere condiviso.

Pur vero che costituisce orientamento consolidato di questa corte il principio secondo cui in tema di possesso ad usucapione, con il rinvio fatto dall’art. 1165 c.c. all’art 2943 c.c., la legge elenca tassativamente gli atti interattivi, cosicchè non è consentito attribuire detta efficacia ad atti diverbi da quelli stabiliti dalla norma da ultimo citata, per quanto con essi si sia inteso manifestare la volontà di conservare il diritto, giacchè la tipicità dei modi di interruzione della prescrizione non ammette equipollenti (v. Gass.

12.9.2000 n. 12024; Cass. 21.5.2001 n. 6910; Cass 1.4.2003 n. 4892;

Cass. il .6.2009 n. 13625), con la conseguenza che non può riconoscersi efficacia interattiva del possesso (oltre che ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa) se non ad atti giudiziali diretti ad ottenere “ope iudicis” la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapiente, ma deve concludersi nel senso che nella specie la sentenza impugnata non ha adeguatamente valorizzato l’atto introduttivo del giudizio conclusosi nel 1998, non avendo tenuto conto dell’elettivo contenuto della sentenza pronunciata in esito allo stesso.

Invero dal tenore letterale della decisione invocata dalla ricorrente emerge che il trasferimento della proprietà ha riguardato non soltanto il terreno, oggetto di diretta pattuizione fra la C. e la F., ma anche il fabbricato, realizzato nelle more del giudizio, esistente al momento della emissione della sentenza.

Infatti di detto immobile la sentenza della Corte di appello di Roma n. 1963/94, confermata dalla Suprema Corte (sent. n. 4179/98), che ha tenuto conto sia in motivazione sia nella parte dispositiva “trasferendo a C.F. il diritto di proprietà della quota parte (50%) dell’appezzamento di terreno in questione, sul quale insisteva il fabbricato con ingresso da via (OMISSIS) angolo via (OMISSIS), con ordine al Conservatore dei RR.II. di Roma di trascrizione della sentenza”. Nè detto punto risulta essere stato oggetto di impugnazione da parte del B., che in sede di legittimità si sono limitati a dedurre motivi circa la validità della scrittura privata.

La prescrizione acquisiva, dunque, può essere interrotta dagli atti previsti dall’art. 2943 c.c. primi tre commi (cause di interruzione cd. “giudiziali”) e sono tali quelli con i quali l’attore manifesti le volontà di ottenere il riconoscimento e la tutela del diritto di cui si eccepisce la prescrizione.

In concreto con l’atto di citazione indicato la C. voleva ottenere il riconoscimento e la tutela del suo diritto di proprietà sull’intero appezzamento di terreno, esteso anche al fabbricato, che nel frattempo le parti stavano erigendo, per cui si opponeva al possesso ad usucapione esercitino dalla controparte. In altri termini, voleva ottenere pronuncia che riconoscesse il suo buon diritto ad ottenere la proprietà esclusiva del tutto, nel quale la questione dell’immobile va compresa ed in tal senso si è pronunciato il giudice del gravame.

Queste considerazioni consentono di superare gli ulteriori rilievi prospettati dalla tesi della ricorrente.

Conseguentemente in sede di rinvio occorrerà procedere ad un nuovo esame di tale profilo della controversia alla luce del principio di diritto ora enunciato.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce l’insufficiente e contraddittoria motivazione in quanto la corte di merito non avrebbe chiarito la ragione per cui tutte le attività riguardanti l’immobile e poste in essere dalla ricorrente siano state considerate ininfluenti ed inidonee a fare ritenere l’insussistenza dell’animus rem sibi habendi da parte del B. e soprattutto non sarebbe stato chiarito come il comportamento attivo della ricorrente sin dal 1977 per ottenere il pieno riconoscimento de proprio diritto di proprietà e poi il conseguente rilascio dell’immobile in questione sia stato definito e valutato inerte.

Inoltre la Corte distrettuale avrebbe dichiarato inammissibile la contestazione dei resistenti di essere proprietari del terreno e del fabbricato ivi esistente in quanto eredi della F., ma poi avrebbe utilizzato detta contestazione in modo del tutto incongruente per giustificare il possesso uti dominus in favore di E. B..

Infine il Giudice del gravame avrebbe ritenuto non possibile la detenzione di un immobile frutto di un atto di mera tolleranza per ragioni di parentela, senza avere spiegato come sia giunto a questo convincimento.

Con un ultimo motivo la ricorrente denuncia la sua apodittica condanna alla rifusione delle spose di appello a favore di A. B..

Dall’impostazione che precede circa il primo motivo di ricorso discende che entrambe le altre doglianze di parte ricorrente, attinenti alla vantazione della condotta della C. e alla liquidaizione delle spese processuali, debbono ritenersi superate, trattandosi di censure necessariamente collegate alla questione pregiudiziale di cui al primo motivo del ricorso.

Passando al ricorso incidentale avanzato da B.E. in via condizionata – da esaminare in considerazione dell’esito del ricorso principale – con il quale denuncia la violazione degli artt. 112 e 346 c.p.c., nonchè degli artt. 817, 618, 934 e 1362 c.c., oltre alla omessa o insufficiente motivazione per non avere la corte distrettuale adottato alcuna pronuncia sulla questione relativa al trasferimento della proprietà in favore della C., con la scrittura privata del 31.3.1977, non solo del terreno ma anche del sovrastante fabbricato, si osserva che entrambi gli enunciati restato assorbiti all’esito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, in quanto sarà il giudice del rinvio a valutare la sussistenza di un diritto in tal senso del resistente e a valutarne la portata.

Quanto, infine, alla domanda di risarcimento dei danni formulata da B.A. ai sensi dell’art. 96 c.p.c., anche detta istanza dipende dall’esito complessivo del giudizio del rinvio, per cui il suo esame va rimesso in detta sede.

In definiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto del ricorso principale, dichiarati assorbiti gli altri motivi ed il ricorso incidentale condizionato, nonchè la domanda di risarcimento danni. La causa deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi del ricordo principale, nonchè il ricorso incidentale è la domanda di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. spiegata dal resistente B.A.;

cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2011

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