Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16234 del 03/08/2016

Cassazione civile sez. VI, 03/08/2016, (ud. 18/03/2016, dep. 03/08/2016), n.16234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23567/2015 proposto da:

K.S., elettivamente domiciliata in Roma Piazza Cavour presso

la Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato LUIGI

MIGLIACCIO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), COMMISSIONE TERRITORIALE

RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE MILANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 35/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

21/02/2014 depositata il 21/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

La sig.ra K.S., cittadina del (OMISSIS), ricorse al Tribunale di Milano avverso il diniego di protezione internazionale disposto dalla competente Commissione territoriale con provvedimento del 22 aprile 2008, notificato il 13 giugno successivo.

Il Tribunale respinse il ricorso con sentenza reclamata dalla ricorrente davanti alla Corte d’appello milanese, la quale ha accolto parzialmente il reclamo riconoscendo il diritto della reclamante al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Negato, in particolare, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria per insussistenza del rischio effettivo di subire un danno grave ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, la Corte ha bastato il riconoscimento della protezione umanitaria sulla stretta connessione tra la situazione personale della reclamante, di particolare vulnerabilità, e le condizioni del paese di origine, osservando che, sulla scorta delle informazioni disponibili, “il Kenya è un paese sempre più colpito da attacchi da parte di gruppi facenti capo all’islamismo più radicale, tra questi il gruppo (OMISSIS), responsabile nel (OMISSIS) dell’attentato al centro commerciale (OMISSIS), il più grave episodio terroristico nelle storia del (OMISSIS), che ha cagionato oltre 50 morti e quasi duecento feriti, e successivamente anche di altri attentati (tra questi, quello con almeno dieci feriti in un ristorante a (OMISSIS), centro turistico del (OMISSIS), il (OMISSIS))”, segnali di un “tentativo – non sufficientemente ostacolato, anche a causa di disoccupazione, povertà ed emarginazione politica – di trasformazione progressiva della società keniota nel senso di una islamizzazione radicale del paese”. Quadro, questo, di significativo rilievo, secondo i giudici d’appello, in relazione al rispetto dei diritti fondamentali della reclamante, giovane donna estremamente povera, priva di titolo di studio e di sostegni familiari, che aveva riferito di frequentare da bambina la chiesa pentecostale e di frequentare abitualmente la (OMISSIS).

La sig.ra K. ha proposto ricorso per cassazione con un solo motivo, cui non ha resistito l’amministrazione intimata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si lamenta che la Corte d’appello, pur avendo accertato una situazione riconducibile alla previsione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), cit., ossia di rischio per la vita derivante dalla violenza indiscriminata in una situazione di conflitto armato, abbia tuttavia omesso di riconoscere alla ricorrente il corrispondente status di protezione sussidiaria, limitando la protezione accordata a quella umanitaria.

Il motivo è inammissibile.

La Corte d’appello, negando la sussistenza del presupposto del pericolo di “danno grave” ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, cit., ha inteso infatti escludere che le criticità, pur registrate, della situazione del Kenya raggiungano tuttavia un livello di intensità tale da configurare un rischio siffatto, come del resto è confermato dalla sua descrizione degli eventi che hanno interessato quel paese, caratterizzata da episodi di terrorismo, non già da un vero e proprio conflitto armato. E questo è un accertamento di fatto che non può essere messo in discussione in sede di legittimità, se non denunciando, ove ne ricorrano i presupposti, il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5: denuncia che peraltro nella specie non viene formulata.

L’inammissibilità dell’unico motivo comporta l’inammissibilità del ricorso.

In mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali.

Poichè dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2016

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