Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16232 del 27/06/2013
Civile Sent. Sez. L Num. 16232 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: MAISANO GIULIO
SENTENZA
sul ricorso 375-2011 proposto da:
RISPOLI
SERGIO
RSPSRG52A13G230W,
elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GROTTA DI GREGNA 121, presso
lo studio dell’avvocato MASSIMO BELLOMO, rappresentato
e difeso dall’avvocato APICELLA MARIA ROSARIA, giusta
delega in atti;
– ricorrente –
2013
1733
contro
NEXANS ITALIA S.P.A. 02937520654, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo
Data pubblicazione: 27/06/2013
studio
dell’avvocato
PETRACCA
NICOLA,
che
la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato STUCCHI
OLIMPIO CESARE, giusta delega in atti;
– con troricorrente –
avverso la sentenza n. 9000/2008 della CORTE D’APPELLO
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/05/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito l’Avvocato GIANNI’ GAETANO per delega PETRACCA
NICOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per
l’inammissibilità in subordilve rigetto.
di ROMA, depositata il 17/12/2009 r.g.n. 10642/06;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO°
Con sentenza dell’ 11 dicembre 2008 pubblicata il 17 dicembre 2009 la
Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di
Latina del 20 dicembre 2005 che ha rigettato il ricorso proposto da Rispoli
Sergio nei confronti della Nexans Italia s.p.a. ed inteso ad ottenere la
retributive conseguenti al riconoscimento del proprio diritto al superiore
inquadramento, al risarcimento del danno da dequalificazione
professionale e del danno biologico, al pagamento di differenze retributive
a titolo di superminimo individuale e l’assegno ad personam di cui
all’accordo del 26 febbraio 1993. La Corte territoriale ha motivato tale
pronuncia considerando che il Rispoli, già in servizio presso lo
stabilimento Alcatel Scavi s.p.a. di Scafati, era stato due volte licenziato
in forza di licenziamenti collettivi dichiarati in entrambi i casi illegittimi,
e definitivamente riassunto presso la diversa unità produttiva di Latina
dove il trattamento economico era superiore rispetto a quello goduto in
precedenza, ma il lavoratore illegittimamente licenziato ha diritto al
trattamento economico che avrebbe ottenuto se avesse continuato a
lavorare nel posto in cui prestava la propria attività al momento del
licenziamento illegittimo e non a quello, eventualmente superiore, goduto
presso la sede ove è stato successivamente effettivamente reintegrato. La
Corte romana ha pure ritenuto infondata la domanda intesa ad ottenere il
riconoscimento del diritto al superiore inquadramento considerando
l’attività istruttoria svolta, dalla quale è emerso che il Rispoli ha svolto
mansioni di riparatore di cavi telefonici di bassa tensione, mentre la
declaratoria del livello invocato, prevede, nell’esemplificazione, il
riparatore di cavi di alta tensione.
Il Rispoli propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza ,
affidato a due motivi.
condanna di tale società al pagamento in suo favore delle differenze
Resiste con controricorso la Nexans Italia s.p.a. eccependo
preliminarmente l’inammissibilità dell’impugnazione per inesistenza
insanabile della notificazione del ricorso per cassazione.
La Nexans Italia s.p.a. ha presentato memoria.
Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso
sollevata dalla Nexans Italia per la dedotta inesistenza della notifica
eseguita presso lo studio dell’avv. Massimo Mellaro del Foro di Roma,
ancorchè questi non avrebbe mai avuto alcun collegamento con il
giudizio, con la sentenza impugnata ovvero con la posizione processuale
della società rispetto al Rispoli. L’eccezione non è fondata in quanto la
notifica del ricorso è stata correttamente eseguita presso l’avv. Olimpio
Stucchi, difensore della Nexans Italia come risulta dalla relata di notifica,
a nulla rilevando che la notifica sia stata eseguita presso l’indirizzo di
Roma dell’avv. Stucchi corrispondente allo studio dell’avv. Mellaro.
D’altra parte la stessa costituzione della società dimostra che questa è
venuta a conoscenza del ricorso, e la sua costituzione comunque
sanerebbe ogni vizio della notifica che, tuttavia, come detto, non è
esistente.
Con il primo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione di norme
MOTIVI DELLA DECISIONE
di diritto e, in particolare, degli artt. 18 legge 300 del 1970, e 2099 cod. civ.
ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., e insufficiente e contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360, n. 5 cod.
proc. civ. Si deduce, in particolare, che la tutela reale prevista dall’art. 18
della legge 300 del 1970 implica la corresponsione di tutti compensi che
sarebbero spettati al lavoratore se avesse continuato a lavorare nel sito
produttivo nel quale è stato poi reintegrato, anche con riferimento alle
indennità che presuppongono l’effettivo svolgimento della prestazione.
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Con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme
di diritto e, in particolare, dell’art. 13 della legge 300 del 1970, 2103 cod.
civ., 2028 cod. civ., del CCNL “Gomma e plastica” del 2 luglio 1992 e
successivi rinnovi contrattuali, ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., e
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
lamenta che dall’istruttoria svolta sarebbe emerso lo svolgimento di
mansioni corrispondenti ai livelli G ed H del CCNL di categoria, non
essendo rilevante la differenza fra riparatore di cavi di alta tensione o bassa
tensioner come invece ritenuto dal giudice di merito.
Il primo motivo è infondato. Correttamente la Corte d’appello ha osservato
che ove venga soppressa l’unità produttiva, la reintegrazione non può che
essere riferita genericamente all’azienda del datore di lavoro, cui spetta il
potere di individuare la nuova sede di lavoro e che, conseguentemente,
stante l’insussitenza di posti ove riprendere lo svolgimento delle ultime
mansioni, o di altre equivalenti, presso lo stabilimento di Pagani, la società
Nexans Italia ha potuto operare legittimamente la reintegrazione altrove e
segnatamente, presso l’unità produttiva di Latina (Cass. n. 8364/2004;
Cass. 12123/2002). Ciò non esclude affatto, però, che fintanto che tale
scelta non sia stata effettivamente compiuta, al lavoratore reintegrando,
essendo la mancata prestazione dell’attività lavorativa imputabile a fatto
della datrice di lavoro, competa il diritto al risarcimento del danno che,
salvo prova contraria, deve presumersi di entità pari al coacervo delle
utilità che lo svolgimento della prestazione lavorativa avrebbe comportato.
Per risarcire il lavoratore da reintegrare deve aversi riguardo al trattamento
economico che avrebbe ottenuto se avesse continuato a svolgere le sue
consuete prestazioni e dunque, alla “retribuzione globale di fatto” che si
ricolleghi alle particolari modalità della prestazione in atto al momento del
decisivo per il giudizio ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si
licenziamento, giacché in tal modo si realizza la “fictio” in cui il ripristino
del rapporto si compendia.
Invece, l’esercizio dello “ius variandi” costituisce una mera eventualità,
come tale idonea a recidere il rapporto di consequenzialità necessaria tra
tutela ripristinatoria e parametrazione dell’obbligazione retributiva sulla
reintegrazione o contestualmente ad essa, tale eventualità non si
concretizzi, attraverso una specifica disposizione del datore di lavoro.
Sicché, essendo pacifico che il lavoratore è stato reintegrato presso lo
stabilimento di Latina il 19 gennaio 1998 dove trovava applicazione un
accordo aziendale che prevedeva benefici economici aggiuntivi, la pretesa
del Rispoli di ottenere, seppure in forma risarcitoria, il trattamento
economico in essere per il personale dipendente in servizio presso lo
stabilimento di Latina, anche per il periodo precedente all’effettivo
esercizio, da parte della società appellante, della facoltà di individuazione
della sua nuova sede di lavoro, è del tutto priva di fondamento. Egli, al pari
degli altri dipendenti in servizio presso lo stabilimento di Latina, aveva
diritto ai benefici economici previsti dal citato accordo aziendale soltanto
dal momento della sua assegnazione a tale stabilimento in luogo della
reintegrazione nell’originatio posto di lavoro, in concreto non più possibile.
Correttamente pertanto la Corte d’appello ha ritenuto che la società
ricorrente era tenuta al pagamento di tali benefici, in effetti corrisposti,
soltanto a partire dall’assegnazione del lavoratore allo stabilimento di
Latina. Fermo restando il risarcimento del danno per il periodo pregresso
calcolato secondo i criteri dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970 (per una
fattispecie identica vedi anche Cass. 3 aprile 2013 n. 8124).
Il secondo motivo è inammissibile perché investe, da un lato
l’interpretazione di clausole contrattuali riservate al giudice di merito, quale
accertamento di fatto censurabile in sede di legittimità soltanto sotto il
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posizione lavorativa ripristinata, almeno fino a quando, avvenuta la
profilo della violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale e dei
vizi di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, dall’altro il
giudizio sull’accertamento istruttorio parimente riservato al giudice del
merito. Nel caso in esame la Corte territoriale ha dato adeguato conto sia
dell’interpretazione del contratto collettivo relativo ai livelli in questione,
compiuta e logica che resiste ad ogni censura di legittimità.
Il ricorrente soccombente va condannato al pagamento delle spese
liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
Condanna jii ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in €
50,00 per esborsi ed € 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori
di legge.
Così deciso il 15 maggio 2013.
sia dell’accertamento delle mansioni svolte dal lavoratore, con motivazione