Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16232 del 03/08/2016
Cassazione civile sez. VI, 03/08/2016, (ud. 18/03/2016, dep. 03/08/2016), n.16232
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18006-2014 proposto da:
BANCA NAZIONALE DEI LAVORO SPA, in persona del Responsabile Direzione
Rischi Recupero Crediti – Closing e Pianificazione pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VAL GARDENA 3, presso lo
studio dell’avvocato LUCIO DE ANGELIS, rappresentata e difesa
dall’avvocato PIERMICHELE DE MATTEIS, giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA SOCIETA’ SPEA, in persona del Curatore
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PZZA SANTIAGO DEL
CILE 8, presso lo studio dell’avvocato MARCO BATTAGLIA,
rappresentato e difeso dagli avvocati DIVINANGELO D’ALESIO, LUCA DI
EUGENIO, giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 93/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del
14/01/2014 depositata il 25/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/03/2016 dal Consigliere Dott. CARLO DE CHIARA;
udito l’Avvocato Claudio Mendicino, delega allegata al verbale
dell’Avvocato Lucio De Angelis, in guainà di domiciliatario del
ricorrente che si riporta.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
Che è stata depositata relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. in cui si legge quanto segue:
“1. – La Corte d’appello di L’Aquila ha respinto il gravame della Banca Nazionale del Lavoro avverso la sentenza con cui il Tribunale di Teramo aveva accolto la domanda proposta dalla S.P.E.A. – Società Porcellane ed Affini s.p.a., e poi coltivata dal curatore del fallimento della stessa, di condanna della banca al pagamento della somma di Euro 183.592,10, oltre accessori, corrispondente al saldo creditore di un conto corrente della S.P.E.A. – costituito dall’accantonamento del 10% del netto ricavo di operazioni di sconto effetti presso la banca – indebitamente incamerato dalla banca stessa a titolo di realizzazione di pegno costituito a garanzia di propri crediti.
La Corte ha ritenuto insussistente la prelazione per difetto del requisito della sufficiente indicazione del credito garantito nella scrittura costitutiva del pegno, ai sensi dell’art. 2787 c.c., comma 3. Tale requisito, infatti, non poteva essere integrato dai riferimenti a future ed eventuali operazioni di sconto non meglio specificate ed anzi rimesse alla discrezionalità della banca; circostanza, questa, confermata dalla stessa appellante la quale, nell’individuare il credito garantito in quello di volta in volta messo a disposizione della parte su specifica linea di fido (della quale tuttavia mancava qualsiasi specifica indicazione nella scrittura), richiedeva, per determinarlo, l’espletamento di consulenza tecnica di ufficio, la cui stessa necessità smentiva la determinabilità ex ante del credito in questione. Tanto meno poteva fungere da specificazione il richiamo di “ogni altro debito” della società nei confronti della banca.
La Banca Nazionale del Lavoro ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura, cui la curatela resiste con controricorso.
2. – Il primo motivo di ricorso è inammissibile. Con esso, infatti, denunciando violazione di norme di diritto e “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo”, oltre a ribadire circostanze irrilevanti perchè estranee alla ratio della decisione impugnata (quali la sussistenza della data certa della scrittura di pegno e la determinabilità dell’oggetto di quest’ultimo), si afferma apoditticamente che il credito garantito “altro non poteva essere che il credito messo di volta in volta in volta a disposizione della parte (a valere su specifica linea di fido) in occasione della lavorazione degli effetti commerciali allo sconto e/o al s.b.f. il cui netto ricavo confluiva sul conto ordinario della cliente acceso presso le casse della filiale di (OMISSIS)”.
3. – Con il secondo motivo, denunciando violazione delle norme e principi sull’interpretazione dei contratti, nullità della sentenza o del procedimento e “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo”, si lamenta la violazione dei seguenti principi ermeneutici in claris non fin interpretatio;
necessità dell’esame complessivo delle clausole contrattuali; interpretazione del contratto o della sue clausole nel senso che abbiano un effetto anzichè non ne abbiano alcuno.
3.1. – Il motivo è inammissibile perchè non viene indicato quale sia la clausola o le clausole oggetto di interpretazione”;
che detta relazione è stata comunicata agli avvocati delle parti costituite;
che non sono state presentate memorie.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Che il Collegio condivide le considerazioni svolte nella relazione di cui sopra;
che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente alle spese processuali liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro, 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per compensi di avvocato, oltre spese forfetarie e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2016