Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16230 del 27/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16230 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA
sul ricorso 27019-2008 proposto da:
ROCCHI ANNARELLA, GIACCHERINI MICHELE, MONTEFIORI
CARLA, CASALE LUCETTA, PENNUCCI RAFFAELLA, BAGNI
FRANCESCA, ROSA MARINA, MARIOTTI ANTONELLA, LUCCHINI
GIOVANNA, GINEPRO PATRIZIA, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio
2013
1726

dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentati e difesi
dall’avvocato NADIA STANZIOLA, giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

AZIENDA UNITA’

SANITARIA LOCALE N.5 “SPEZZINO”

Data pubblicazione: 27/06/2013

00962520110,

in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
PIEMONTE

26

(STUDIO BARZANO’ E ZANARDO), presso lo

studio dell’avvocato MONICA BUCARELLI, rappresentata e
difesa dall’avvocato DE FERRARI STEFANO, giusta delega

– controricorrente

avverso la sentenza n.

1184/2007 della CORTE D’APPELLO

di GENOVA, depositata il 16/11/2007 r.g.n. 270/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

15/05/2013

dal

Consigliere

Dott.

GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato DE FERRARI STEFANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

in atti;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 24.10 – 16.11.2007 la Corte d’Appello di Genova,

di pagamento di differenze retributive, per asserito svolgimento di
mansioni superiori nel periodo 1°.7.1998 – 30.6.2001, proposte dalle
assistenti sociali Ginepro Patrizia, Lucchini Giovanna, Casale
Lucetta, Mariotti Antonella, Bagni Francesca, Pennucci Raffaella,
Rocchi Annarella, Rosa Marina, Riaviti Silva e Montefiori Carla nei
confronti della AUSL n. 5 Spezzino.
Per quanto ancora qui rileva, a sostegno del decisum la Corte
territoriale, richiamato il contenuto dei profili professionali e delle
declaratorie contenuti nella contrattazione collettiva di riferimento,
osservò che, sulla base della documentazione prodotta, l’attività di
coordinamento di cui le lavoratrici avevano dedotto lo svolgimento
era in realtà qualificabile come mera collaborazione con altri
soggetti, anche appartenenti ad enti diversi, necessaria per il
proficuo svolgimento dei loro compiti di assistenza sociale, e che
comunque la declaratoria della categoria C (ossia quella di
inquadramento) prevedeva “l’eventuale coordinamento e controllo di

altri operatori”, ovvero un coordinamento effettuato in via non
continuativa, ma soltanto nei casi in cui esso fosse reso necessario
dall’attività richiesta, diversamente da quanto contemplato nel profilo
di collaboratore professionale assistente sociale, nel quale l’attività di
coordinamento non era prevista come meramente eventuale, ma

in parziale riforma della pronuncia di prime cure, rigettò le domande

continuativa; inoltre, quanto ai dedotti elementi dell’autonomia
tecnico professionale e dell’assunzione di responsabilità dei risultati,
il primo era risultato ricorrere nell’ambito di “metodologie definite e

stata evidenziata in causa alcuna discrezionalità operativa al di fuori
delle generali e prestabilite linee di intervento, mentre il secondo era
proprio della categoria C.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, Ginepro Patrizia,
Lucchini Giovanna, Casale Lucetta, Mariotti Antonella, Bagni
Francesca, Pennucci Raffaella, Rocchi Annarella, Rosa Marina,
Montefiori Carla e Giaccherini Michele, quest’ultimo quale erede di
Riaviti Silva, hanno proposto ricorso per cassazione fondato su due
motivi e illustrato con memoria.
L’intimata AUSL 5 Spezzino ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, denunciando violazione di plurime
disposizioni di legge, i ricorrenti si dolgono che la Corte territoriale
non abbia rilevato il vizio della procura rilasciata dalla AUSL n. 5
Spezzino, nel corso del giudizio d’appello, ad un nuovo difensore,
siccome conferita dal Direttore Sanitario senza che fosse stata
fornita la prova della delega a tal fine rilasciata dal Direttore
Generale e sembrando che la suddetta procura fosse stata conferita
non nella qualità di legale rappresentante in sostituzione, ma “come
una qualsiasi persona fisica”, ancorché fosse presente il timbro

precisi ambiti di intervento operativo proprio del profilo”, non essendo

”Direttore Sanitario”.
1.1 Il motivo è infondato alla luce della giurisprudenza di questa

– la mancanza di contestazione circa la qualità di rappresentante
di persona giuridica o di sostituto del legale rappresentante in chi,
non indicando tale qualità, ha sottoscritto la procura alle liti non
induce il difetto di regolare procura, stante la presunzione di
legittimità che assiste il mandato al difensore, quale atto
amministrativo operante nel processo, anche in ordine alla
provenienza da soggetto capace a compierlo in nome e per conto
dell’ente; né l’uso della qualità di sostituto del legale rappresentante
in ordine al rilascio della procura comporta che il ricorso sia proposto
in nome e per conto del sostituto, essendo l’esercizio del relativo
potere circoscritto alla durata dell’impedimento e non sussistendo
problemi di incertezza nell’identificazione dell’ente attivamente
legittimato (cfr, Cass., SU, n. 3165/1975; Cass., nn. 8220/2010;
24930/2007);

ai fini della validità della procura alle liti rilasciata da chi si

qualifichi legale rappresentante della persona giuridica è sufficiente
che nell’intestazione dell’atto al quale la procura si riferisce siano
indicati i poteri rappresentativi di colui che la sottoscrive, essendo
onere della parte che contesta tale qualità allegare tempestivamente
e fornire la prova dell’inesistenza del rapporto organico o della
carenza dei poteri dichiarati (cfr, Cass., nn. 23724/2007;

Corte, secondo cui:

10901/2002).
2. Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione, i

territoriale, dei documenti presi in considerazione.
2.1 II motivo è inammissibile per violazione del principio di
autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo stato ivi
riportato, nel suo esatto tenore (ma solo in termini meramente
riassuntivi), il contenuto degli atti della cui erronea valutazione ci si
duole.
2.2 Ulteriore e concorrente ragione di inammissibilità è data dal fatto
che i ricorrenti prospettano una diversa lettura di tali documenti,
richiedendo a questa Corte una valutazione propria esclusivamente
del Giudice del merito, laddove il vizio di motivazione denunciabile in
sede di legittimità è limitato al controllo sotto il profilo della coerenza
logico formale del percorso argomentativo svolto nella sentenza
impugnata (cfr, ex plurimis, Cass., SU, nn. 13045/1997; 5802/1998).
3. In definitiva il ricorso va rigettato.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla
rifusione delle spese, che liquida in euro 3.050,00 (tremilacinquanta),
di cui euro 3.000,00 (tremila) per compenso, oltre accessori come
per legge.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2013.

ricorrenti deducono l’erronea valutazione, da parte della Corte

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