Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16228 del 29/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 29/07/2020), n.16228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21715-2018 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 48, presso lo studio dell’avvocato BORGOGNONI FABIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MORGANTE GASPARE;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

PATTERI ANTONELLA, PREDEN SERGIO, CALIULO LUIGI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 63/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello proposto da S.S. inteso ad ottenere l’accertamento dell’irripetibilità dell’indebito previdenziale di Euro 787,82 di cui l’INPS gli aveva chiesto la restituzione il 14.4.2011 in ragione del superamento dei limiti di reddito per la fruizione della maggiorazione sociale della sua pensione in relazione agli anni 2005-2007.

A fondamento della sentenza, per quanto di interesse, la Corte d’appello ha affermato che l’INPS nel costituirsi in giudizio avesse tempestivamente prodotto la comunicazione d’indebito del 13.4.2007, preclusiva del verificarsi della decadenza L. n. 412 del 2007, ex art. 13; e che non corrispondesse al vero, in base alla documentazione in atti, che la difesa del S. avesse contestato l’avvenuta ricezione di detta comunicazione, e che, in particolare, alcuna contestazione emergesse dai verbali di causa, nè, con ancora maggiore precisione, dal verbale dell’udienza successiva alla avvenuta produzione; diversamente da quanto allegato in appello, poi, in data 11.4.2013, non si era tenuta alcuna udienza del procedimento in questione.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione Severino S. con tre motivi cui ha resistito l’INPS con controricorso.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO

1. – Con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 2697 e 1335 c.c., L. n. 412 del 1991, art. 13 e art. 360 c.p.c., n. 3 per avere la Corte territoriale affermato che il ricorrente non avesse ottemperato all’onere della prova mentre era L’INPS a doverlo ottemperare con la prova dell’avvenuta comunicazione della richiesta del 13.4.2007; e nel caso di specie l’INPS non aveva prodotto nè la cartolina con l’avviso di ricevimento, nè l’avviso di spedizione.

Il motivo è inammissibile. La censura sull’onere della prova è irrilevante in quanto Corte d’appello, ha sì ricordato una massima della Cassazione sull’onere della prova a carico del percipiente, ma non ne ha tratto alcuna ratio decidendi avendo fondato la decisione sul fatto che l’INPS avesse comunicato tempestivamente il recupero dell’indebito non avendo la difesa del S. contestato l’avvenuta ricezione di detta raccomandata, nemmeno nel verbale dell’udienza successiva alla sua produzione. La tesi della Corte rispetta inoltre i principi di legge in materia di non contestazione dei fatti costitutivi; su cui va precisato che l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cass. n. 27490/2019).

2. – Con il secondo motivo viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti per avere la Corte d’appello affermato che non risponderebbe al vero che la difesa del S. avesse contestato l’avvenuta ricezione della comunicazione di indebito e che l’11.4.2013 non si fosse tenuta alcuna udienza, mentre il contrario risultava dagli atti prodotti.

3. – Col terzo motivo viene dedotta ulteriore violazione e falsa applicazione del disposto di cui agli artt. 2697 c.c., L. n. 412 del 1991, art. 13, art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto, in subordine, ove si fosse ritenuto che la spedizione della comunicazione fosse avvenuta, era comunque innegabile che S. ne avesse contestato la ricezione.

4. – Il secondo e il terzo motivo risultano inammissibili perchè denunciano un errore revocatorio proponibile nei modi e nei termini previsti dagli artt. 395 c.p.c. e ss. davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. La Corte territoriale ha invero affermato che l’INPS avesse tempestivamente prodotto in giudizio la comunicazione d’indebito del 13.4.2007; mentre non risultava che l’attuale ricorrente avesse contestato l’avvenuta ricezione di detta comunicazione, e che, in particolare, alcuna contestazione emergesse dai verbali di causa; e che, addirittura, in data 11.4.2013, non si fosse tenuta alcuna udienza del procedimento in questione.

5. – Il ricorrente, pertanto, era tenuto a denunciare l’eventuale errore di fatto del giudice – che si verifica secondo l’art. 395 c.p.c. “quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita – davanti allo stesso giudice d’appello (art. 398 c.p.c.)

6. – In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

7. – Avuto riguardo all’esito del giudizio sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, ove dovuto.

P.Q.M.

dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 1000 di cui 800 per compensi professionali, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2020

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