Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16227 del 28/06/2017

Cassazione civile, sez. II, 28/06/2017, (ud. 20/04/2017, dep.28/06/2017),  n. 16227

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27138-2012 proposto da:

FABBRI SRL (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA P.ZZA CAVOUR

presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

LUCA FABBRI;

– ricorrente –

contro

TERMOIDRAULICA VITALI SRL (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato IDA CANTARINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 743/2011 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 24/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza 24.9.2011 la Corte d’Appello di Ancona respingendo l’impugnazione proposta dalla Fabbri srl ha confermato la decisione del locale Tribunale – sez. dist. Fano che aveva a sua volta respinto l’opposizione avverso un decreto ingiuntivo dell’importo di vecchio Lire 6.910.000 emesso su istanza della Termoidraulica Vitali srl per mancato pagamento della fornitura di un refrigeratore.

Per giungere a tale soluzione, la Corte territoriale – per quanto ancora interessa – ha condiviso la tesi del primo giudice sull’esistenza di un secondo contratto riguardante l’installazione del refrigeratore, da tenere separato rispetto a quello sulla predisposizione dell’impianto ed ha ritenuto congruo il prezzo richiesto per il macchinario, evidenziando la genericità e intempestività delle contestazioni di vizi.

Contro tale decisione la Fabbri ricorre con cinque motivi illustrati da memoria a cui resiste la società creditrice con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Innanzitutto va esaminata l’eccezione della controricorrente con cui si deduce la decadenza dall’impugnazione perchè notificata in Mondavio via Cesare Beccaria 2, mentre il domicilio eletto in appello era in Ancona via Matteotti 99 presso lo studio Baldoni.

L’eccezione è priva di fondamento perchè il deposito del controricorso comporta sanatoria per raggiungimento dello scopo (v. S.U. 14917/2016).

1 bis Passando all’esame dei motivi di ricorso, col primo di essi la ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 633 c.p.c., comma 1, n. 1 e art. 634 c.p.c., comma 2 dolendosi del valore probatorio attribuito alla fattura in sede monitoria.

Il motivo è infondato: l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza delle pretese fatte valere dall’ingiungente opposto e delle eccezioni e difese dell’opponente e non già stabilire se l’ingiunzione sia stata o no legittimamente emessa, salvo che ai fini esecutivi o per le spese della fase monitoria; pertanto, la eventuale insussistenza delle condizioni per l’emissione del decreto ingiuntivo (tranne che per ragioni di competenza) non può essere d’ostacolo al giudizio di merito che s’instaura con l’opposizione (v. Sez. 1, Sentenza n. 3649 del 08/03/2012 Rv. 621973; Sez. 3, Sentenza n. 1184 del 19/01/2007 Rv. 595631; Sez. L, Sentenza n. 11762 del 24/06/2004 Rv. 573896). Nel caso in esame, non risultano sollevate questioni di spese della specifica fase monitoria e dunque non ha alcun senso continuare, nel giudizio di opposizione, a dolersi della mancanza delle condizioni per l’emissione del decreto (inidoneità della mera fattura a costituire prova scritta qualora non risulti l’estrazione in forma autentica dalle scritture contabili). In ogni caso, la Corte d’Appello aveva evidenziato, come prova scritta, non soltanto la fattura, ma anche il documento di trasporto.

2-3-4 Con ulteriori tre censure si denunziano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 vizi di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento alla affermata duplicità di accordi che sarebbero intervenuti tra le parti (secondo motivo), alla affermata accettazione dell’opera senza riserve da parte della Fabbri srl (terzo motivo. che viene articolato anche sotto il profilo della violazione di norme di diritto: artt. 1218, 1460 e 1657 c.c. e art. 1665 c.c., commi 4 e 5 e art. 1667 c.c.); ed ancora, circa l’accertamento della congruità della somma richiesta (quarto motivo).

Il comune riferimento al vizio motivazionale rende opportuna una trattazione unitaria di tali doglianze che si rivelano tutte prive di fondamento.

Questa Corte ha costantemente affermato che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (v. tra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 17477 del 09/08/2007 Rv. 598953; Sez. U, Sentenza n. 13045 del 27/12/1997 Rv. 511208; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 91 del 07/01/2014 Rv. 629382).

Ebbene, nel caso di specie, si è al di fuori di tali ipotesi estreme perchè la Corte d’Appello di Ancona (v. pagg. 10 e ss) ha dato conto in maniera adeguata delle ragioni che – secondo il proprio apprezzamento – giustificavano il rigetto del gravame, laddove ha considerato che la tesi della esistenza di due rapporti (il secondo dei quali riguardava l’installazione refrigeratore di cui si oggi si discute), trovava riscontro in una serie di elementi logici, quali il lasso temporale trascorso tra la conclusione dei precedenti lavori e l’installazione del refrigeratore nonchè il pagamento del prezzo avvenuto con due fatture nel marzo del marzo 1999; la Corte si è poi confrontata col rilievo dell’appellante sulla richiesta di ampliamento di fornitura elettrica a febbraio 1999 osservando che tale circostanza poteva dimostrare la previsione dell’installazione di un refrigeratore, ma non escludeva l’esistenza di un separato accordo tra le parti circa tale installazione; ancora, ha ritenuto comprovata l’accettazione dei vizi dal tempo trascorso tra la conclusione dei lavori e le contestazioni (otto mesi) e la presa in consegna dell’opera senza riserve. Ha poi ritenuto congrua la somma pretesa alla stregua dei criteri previsti dall’art. 1657 c.c..

Piuttosto va evidenziato che la critica contenuta nei tre motivi di ricorso in esame, lungi dall’evidenziare macroscopiche omissioni o contraddizioni nel percorso argomentativo della Corte marchigiana, tende unicamente a sollecitare una rivisitazione del materiale istruttorio in senso favorevole alla tesi difensiva della società ricorrente e pertanto non coglie nel segno.

5 Resta a questo punto da scrutinare il quinto ed ultimo motivo con cui si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 1657 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) rilevandosi che nella determinazione del corrispettivo il giudicante deve preliminarmente verificare l’assenza di tariffe esistenti o usi oppure il mancato inserimento del bene nel prezzario regionale e poi, ove non fosse in possesso di conoscenze tecniche necessarie alla valutazione, affidare la quantificazione ad un consulente tecnico.

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità (art. 366 c.p.c., n. 6) perchè prima di addebitare al giudice di merito l’omessa verifica dell’assenza di tariffe, di usi oppure del mancato inserimento del bene all’interno del prezzario regionale delle OOPP, avrebbe dovuto dimostrare che esistevano tariffe o gli usi, oppure che il bene risultava inserito nel prezzario: solo così, avrebbe potuto censurarsi la decisione di merito che invece, nel silenzio assoluto della parte ricorrente al riguardo, deve presumersi adottata a seguito di una verifica negativa, seppur formalmente non esplicitata, circa l’esistenza dei citati elementi di giudizio come si desume dall’espressa menzione fatta “ai criteri previsti dall’art. 1657 c.c.” (v. pag. 12).

In conclusione, il ricorso va respinto con addebito di ulteriori spese a carico della parte soccombente.

PQM

 

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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