Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16226 del 27/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 16226 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA
sul ricorso 18482-2010 proposto da:
PRATA S.R.L. 0122080665, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 6, presso lo studio
dell’avvocato SCRIVO PASQUALE, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

1303

LA SPINA ANN ARIA LSPNMR70P49C351C, elettivamente

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domiciliata in ROMA, VIA AMITERNO 3, presso lo studio
dell’avvocato NOTARMUZI STEFANO,

rappresentata e

Data pubblicazione: 27/06/2013

\b

difesa dall’avvocato CINQUE LUIGI, giusta delega in
atti;

controrícorrente

avverso la sentenza n. 674/2010 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 28/05/2010 r.g.n.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
I
udienza del 11/04/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

1003/2009;

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale de L’Aquila, Anna Maria La Spina conveniva
in giudizio la s.r.l. Prata, titolare di un panificio, con cui aveva
stipulato, in data 26 novembre 2004, un contratto di associazione
in partecipazione avente ad oggetto la collaborazione autonoma

un compenso commisurato al 3% dei ricavi. Lamentava che tale
contratto dissimulava un rapporto di lavoro subordinato, avendo la
ricorrente svolto le sue mansioni sotto le direttive della datrice di
lavoro e senza margini di autonomia, osservando un orario di
lavoro fisso e percependo mensilmente una retribuzione fissa.
Aggiungeva che nel giugno 2006 fu costretta a firmare una
quietanza per la somma di €.1.407,00, in realtà mai ricevuta, e che
nel luglio 2006 venne licenziata oralmente, peraltro per la dedotta
chiusura del punto vendita, circostanza in realtà mai intervenuta.
Chiedeva pertanto la declaratoria di inefficacia del contratto
simulato e l’efficacia del contratto dissimulato di rapporto di lavoro
subordinato, con inquadramento nel IV livello di cui al c.c.n.l. per
gli addetti al settore commercio, con condanna della convenuta al
pagamento della complessiva somma di €.18.629,70. Chiedeva
inoltre la declaratoria di nullità del licenziamento e la sua reintegra
nel posto di lavoro, con il risarcimento del danno ex art. 18 L. n.
300\70.
Si costituiva la società Prata deducendo che la circostanza che la La
Spina dovesse osservare un orario di lavoro, anche in base ai
regolamenti comunali, e l’assenza di poteri decisori in ordine alla
quantità, al tipo ed al prezzo dei prodotti venduti, così come il
percepimento di una retribuzione fissa, non costituivano elementi
sufficienti per poter ritenere esistente un rapporto di lavoro
subordinato.
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nella gestione di un punto vendita della società dietro pagamento di

Il Tribunale, ritenuta provata la simulazione del contratto di
associazione in partecipazione, accoglieva la domanda attorea.
Veniva proposto appello dalla società, cui resisteva la La Spina.
Con sentenza depositata il 28 maggio 2010, la Corte d’appello de
L’Aquila respingeva il gravame e condannava l’appellante al

Riteneva la Corte infondata la reiterata eccezione di nullità del
ricorso introduttivo della lite; nel merito confermava la simulazione
del contratto associativo in questione, e l’esistenza di un rapporto
di lavoro subordinato, la cui cessazione accertò essere stata
determinata dalla datrice di lavoro, sia pure oralmente.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società Prata,
affidato a quattro motivi.
Resiste la La Spina con controricorso.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia (ex art. 360, comma
1, n. 3 c.p.c.) violazione e falsa applicazione del c.c.n.l. per gli
addetti al settore commercio, oltre ad insufficiente e contraddittoria
motivazione (ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.) sul punto.
Lamenta che la lavoratrice non aveva allegato al ricorso introduttivo
il c.c.n.I., che in realtà non aveva neppure indicato, e che di esso
comunque non era precisato il settore merceologico di competenza,
né il connesso livello contrattuale di inquadramento, derivandone
così il rigetto della domanda.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità ed
autosufficienza; ed invero il c.c.n.l. risulta indicato in quanto
oggetto di esame da parte del c.t.u. nominato in primo grado,
circostanza su cui difetta una specifica censura; la società stessa,
inoltre, denuncia una violazione del medesimo c.c.n.I., che tuttavia
non deposita e di cui contesta solo genericamente la violazione,
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pagamento delle spese.

sicché deve rimarcarsi che il ricorrente che, in sede di legittimità,
denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento
o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare
specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del
documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di

all’interno dei fascicoli di causa (Cass. sez.un. 3 novembre 2011 n.
22726), al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della
decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per
il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C.
deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni
contenute nell’atto (Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915).
2. Con il secondo motivo la società denuncia (ex art. 360, comma
1, n. 3 c.p.c.) la violazione degli artt. 2552 e 2553 c.c., oltre ad
insufficiente e contraddittoria motivazione (ex art. 360, comma 1,
n. 5 c.p.c.) circa la presunta omessa partecipazione agli utili ed alle
perdite dell’impresa, e “la configurabilità dell’associazione in
partecipazione in caso di partecipazione ai ricavi”.
Lamenta che tale tipo di contratto ben era ravvisabile anche in
ipotesi di sola partecipazione ai ricavi, che non richiedeva rendiconti
essendo direttamente percepibili dall’associato, né era esclusa dalla
mancata previsione della partecipazione del lavoratore alle perdite
(Cass. n. 9264\07, n.24871\08, n. 3894\09; n. 1954\11), a tal
scopo, peraltro, invoca una diversa ricostruzione dei fatti e delle
emergenze istruttorie.
Il motivo risulta in parte inammissibile e per il resto infondato.
Inammissibile per sottoporre a questa S.C. censure in fatto, ed un
diverso apprezzamento dello stesso e delle emergenze istruttorie
nel giudizio di legittimità (Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25
maggio 2006 n. 12445; Cass. 8 settembre 2006 n. 19274; Cass. 19
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merito, indicandone inoltre, quanto meno, la sua esatta ubicazione

dicembre 2006 n. 27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500; Cass. 26
marzo 2010 n. 7394).
Occorre al riguardo evidenziare che non risulta adeguatamente
contestato l’accertamento della Corte territoriale circa la natura
dell’apporto della La Spina, consistito nel mero espletamento di una

censura).
Se è poi vero che la questione della partecipazione agli utili è stata
ritenuta necessaria ai fini della partecipazione dell’associato da un
orientamento di questa S.C. (Cass. n. 19475\03; Cass. n.
24781\06) ed esclusa dal altro (Cass. n. 9264\07; n. 24871\08; n.
3894\09), rileva il Collegio che in ogni caso la caratteristica
dell’associazione in partecipazione è la ricaduta o meno dell’alea
imprenditoriale in capo all’associato, ciò che nella specie non risulta
affatto emersa.
3. Con il terzo motivo la società denuncia (ex art. 360, comma 1, n.
3 c.p.c.) la violazione degli artt. 2549, 2552 e 2553 c.c., oltre ad
insufficiente e contraddittoria motivazione (ex art. 360, comma 1,
n. 5 c.p.c.) in relazione alle medesime norme ed all’art. 2697 c.c.,
circa la prova degli elementi costitutivi della subordinazione e le
caratteristiche dell’associazione in partecipazione.
Lamenta che la Corte di merito non considerò adeguatamente che
spettava comunque alla La Spina la prova della subordinazione,
prova che non risultava adegautamente offerta, al di là della
validità (o meno) del contratto associativo.
Anche tale motivo è inammissibile per contenere essenzialmente
censure in fatto, e cioè inerenti l’acccertamento dei fatti compiuti
dalla Corte di merito.
Quest’ultima ha invero congruamente accertato che la La Spina
svolgeva le attività tipiche dell’addetto alla vendita del pane, sotto
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prestazione lavorativa (su cui deve rinviarsi all’esame della terza

le direttive del datore di lavoro; aveva un orario fisso di lavoro,
mentre è pacifico che ricevesse, al contenpo, una retribuzione
fissa; che non aveva alcun potere decisionale (pag. 3 sentenza
impugnata). Accertamenti, questi, non specificatamente censurati.
4. Con il quarto motivo la società denuncia (ex art. 360, comma 1,

insufficiente e contraddittoria motivazione (ex art. 360, comma 1,
n. 5 c.p.c.) in relazione alle medesime norme ed all’art. 2697 c.c.,
circa il controllo dell’associato ed il valore della quietanza di
pagamento.
Lamenta che la Corte di merito non attribuì alcun valore a tale
documento, ritenendolo pretestuoso senza sufficienti
argomentazioni. Deduce al riguardo che essendo il rapporto con la
La Spina durato dal novembre 2004 al luglio 2006, ella partecipò
solo alla partecipazione dei ricavi per l’anno 2005 (essendo il
rendiconto effettuato per l’anno precedente), sicché asssumeva
valore confessorio la quietanza 2006, in atti, per l’anno 2005
(€.1400), che peraltro rappresentava il residuo del dovuto per
l’anno di riferimento, come risultava dalle testimonianze escusse.
La circostanza risulta in contrasto con quanto esposto nel secondo
motivo di ricorso, e risulta pertanto inammissibile e per il resto
infondato.
Inammissibile per sottoporre a questa S.C. un riesame ed una
diversa valutazione delle circostanze di fatto e delle risultanze
istruttorie, senza alcuna effettiva indicazione idonea ad inficiarne
l’esito.
La Corte distrettuale ha al riguardo adeguatamente accertato il
carattere fittizio del documento di rendicontazione in questione
(peraltro dedotto dalla ricorrrente in contrasto con le affermazioni
di cui al secondo motivo).
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n. 3 c.p.c.) la violazione degli artt. 2549, 2552 e 2553 c.c., oltre ad

5. Solo alla fine del ricorso, senza articolazione in autonoma
censura, la società ricorrente accenna che, trattandosi di
associazione in partecipazione, non poteva esservi alcun
licenziamento, essendo peraltro la cessazione del rapporto derivata
dall’abbandono del posto di lavoro da parte della La Spina.

sul punto, essa è comunque inammissibile, limitandosi a contestare
accertamenti di fatto, cui si limita a contrapporre una una propria
e diversa

lettura, in contrasto con l’accertata (e non

adeguatamente censurata) natura subordinata del rapporto.
5. Il ricorso deve pertanto rigettarsi.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la
socccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q. M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità, pari ad E.50,00 per
esborsi ed E. 3.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’Il aprile 2013

Pur volendo prescindere dall’assenza di specifica formale censura

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