Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16225 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 28/06/2017, (ud. 29/03/2017, dep.28/06/2017),  n. 16225

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8242-2013 proposto da:

T.A. (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO COSTANTINO;

– ricorrente –

contro

G.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ROMANELLI,

rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO FELISARI, PERICLE

FELISARI;

– controricorrente –

e contro

TR.BR.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 387/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 02/02/2012;

preliminarmente il difensore della ricorrente ha chiesto un termine

per il rinnovo della notifica agli eredi di TR.BR., il

difensore del controricorrente ed il P.M. si rimettono alla

decisione della Corte;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato ALDO PINTO, con delega dell’Avvocato FRANCESCO

COSTANTINO difensore della ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento

del ricorso;

udito l’Avvocato LORENZO ROMANELLI, con delega orale dell’Avvocato

MAURO FELISARI difensore del controricorrente, che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La signora T.A., proprietaria di una unità immobiliare all’interno del complesso condominiale denominato “(OMISSIS)”, in (OMISSIS), ricorre avverso la sentenza della corte d’appello di Milano che ha rigettato il suo appello avverso la sentenza del tribunale della stessa città che, in parziale accoglimento delle domande contro di lei proposte dai condomini signori G.R. e Tr.Br., ha accertato il confine tra la sua proprietà individuale e la contigua area di proprietà condominiale, conseguentemente condannandola al rilascio di una porzione di quest’ultima area, da lei occupata con opere edili eseguite nel corso della ristrutturazione del proprio immobile.

La corte territoriale ha disatteso l’eccezione di difetto di legittimazione attiva dei signori G. e Tr. sulla scorta di una duplice argomentazione:

1) in primo luogo ha argomentato che detta eccezione era inammissibile perchè tardiva; trattandosi di eccezione attinente la titolarità del rapporto dedotto in giudizio – e quindi eccezione di merito – essa, secondo la corte milanese, non sarebbe stata proponibile per la prima volta in secondo grado;

2) in secondo luogo ha argomentato che tale eccezione era infondata, avendo gli attori dimostrato di essere proprietari di un immobile facente parte del medesimo condominio a cui apparteneva l’unità immobiliare della signora T.; al riguardo la corte ha peraltro negato che detta legittimazione potesse risultare esclusa dalle disposizioni del regolamento condominiale che individuavano le quote millesimali di partecipazione di ciascun condomino alle spese delle varie parti del comprensorio, affermando che tali quote millesimali, “lungi dall’individuare le porzioni di proprietà esclusiva, determina invece la ripartizione delle spese di manutenzione delle parti comuni a carico di ciascun condomino”

Il ricorso si fonda su un solo motivo nel quale confluiscono due distinte censure, una relativa alla violazione degli artt. 345 e 81 c.p.c. in cui la corte sarebbe incorsa ritenendo tardiva l’eccezione di carenza di legittimazione attiva dei signori G. e Tr. e l’altra relativa alla violazione dell’art. 950 c.c. in cui la corte sarebbe incorsa ritenendo questi ultimi legittimati ad esperire un’azione di regolamento di confini nonostante che essi non fossero comproprietari dell’area confinante con la proprietà esclusiva della ricorrente Solo il sig. G. si è costituito con controricorso.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 29.3.17, per la quale non sono state depositate memorie illustrative e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La prima doglianza sviluppata nell’unico, complesso, mezzo di gravame censura l’errore in cui la corte distrettuale sarebbe incorsa giudicando tardiva, perchè proposta per la prima volta in appello, l’eccezione con cui la sig.ra T. ha dedotto il difetto di legittimazione attiva dei signori G. e Tr. (intesa come legittimazione attiva sostanziale, ossia titolarità del rapporto controverso).

Tale doglianza va giudicata inammissibile per carenza di interesse in quanto, come accennato in narrativa, la sentenza gravata ha disatteso l’eccezione di difetto di legittimazione attiva sostanziale dei sigg.ri G. e Tr. sulla scorta di una duplice ratio decidendi, giudicando la stessa, da un lato, tardivamente proposta e, d’altro lato, infondata. La statuizione di infondatezza resiste, per le ragioni che saranno illustrate fra breve, all’impugnazione recata con la seconda censura prospettata dalla ricorrente (relativa al vizio di violazione di legge, con riferimento all’art. 950 c.c.), cosicchè la doglianza che attinge la statuizione di tardività, quand’anche fondata, risulterebbe comunque inidonea a condurre alla cassazione dell’impugnata sentenza; d’onde la sua inammissibilità, alla stregua del principio, più volte affermato da questa Corte (tra le tante, Cass. 2108/12) che, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa.

Passando quindi all’esame della seconda doglianza prospettata nel mezzo di ricorso, con la quale, come già accennato, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 950 c.c. in cui la corte ambrosiana sarebbe incorsa riconoscendo i signori G. e Tr. legittimati alla presente azione di regolamento di confini, nonostante che essi non potessero vantare alcun diritto dominicale sulle aree comuni investite dallo sconfinamento ascritto alla signora T., il Collegio osserva che tale censura si fonda sul presupposto che l’area oggetto del menzionato sconfinamento non appartenga, pro quota millesimale, a tutti i condomini del complesso immobiliare “(OMISSIS)”, ma, in base al regolamento condominiale, appartenga solo ai relativi frontisti (e, dunque, non appartenga ai signori G. e Tr.). Detta circostanza, tuttavia, non emerge dalla sentenza gravata, la quale, al contrario, ha espressamente escluso che la ripartizione millesimale indicata nel regolamento condominiale valesse ad individuare porzioni di proprietà esclusiva di alcuni condomini (cosicchè da tale ripartizione potesse desumersi che la proprietà dell’area oggetto dello sconfinamento della signora T. appartenesse solo ad alcuni, e non a tutti, i condomini) e questa statuizione si risolve in una interpretazione del regolamento condominiale che rientra nei poteri del giudice di merito e può essere censurata in sede di legittimità solo sotto i profili, non dedotti dalla ricorrente, del vizio motivazionale o della violazione delle regole di ermeneusi contrattuale.

In definitiva il ricorso va rigettato in relazione ad entrambi i profili di censura in cui esso si articola e le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

Deve inoltre darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, D.Lgs. n. 546 del 1992 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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