Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16224 del 03/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 03/08/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 03/08/2016), n.16224

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14335-2014 proposto da:

C.M.L., ((OMISSIS)), elettivamente domiciliata in ROMA,

C/O CAF VIA DELLE ACACIE 13, presso lo studio dell’avvocato

GIANCARLO DI GENIO, rappresentata e difesa dall’avvocato FELICE

AMATO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO

TRIOLO, ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO STUMPO, giusta procura speciale

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza o. 430/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del

10/4/2013, depositata il 4/6/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

6/7/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

udito l’Avvocato VINCENZO STUMPO difensore del resistente che si

riporta agli scritti e chiede il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1 – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c., ritualmente comunicata alle parti:

” C.M.L., premesso di aver lavorato alle dipendenze dell’azienda agricola “La Speranza Società Agricola a r.l.” nell’anno 2006 per 102 gg., conveniva l’I.N.P.S. dinanzi al Giudice del lavoro di Salerno e chiedeva la reiscrizione del proprio nominativo negli elenchi dei braccianti agricoli del Comune di residenza per tale anno. Il Tribunale accoglieva la domanda, compensava per metà le spese processuali e poneva la residua quota a carico dell’I.N.P.S. (spese liquidate, per intero, in Euro 1.063,13 di cui Euro 365,00 per onorario, Euro 580,00 per diritti ed Euro 118,13 per spese forfetarie). Avverso tale decisione proponevano impugnazione principale la C. (solo in punto di governo delle spese) e incidentale l’I.N.P.S. (egualmente solo in punto di governo delle spese). La Corte di appello di Salerno respingeva l’appello principale e, in accoglimento dell’appello incidentale ed in parziale riforma dalla sentenza del Tribunale, compensava per intero le spese del doppio grado di giudizio. Riteneva che l’accertamento ispettivo fosse stato reso parzialmente inefficace dalle espletate testimonianze e, per quanto interessa in questa sede, che le doglianze mosse dalla C. alla regolamentazione delle spese come operata dal Tribunale, basate sulla circostanza che l’Ente non era responsabile dell’avvenuto disconoscimento (al quale, peraltro, sarebbe stato obbligato) perchè conseguenza di accertamento ispettivo e di segnalazioni alla Procura della Repubblica di Salerno, fossero infondate; al contrario valutava condivisibile il rilievo dell’I.N.P.S. relativo alla sussistenza di un comportamento necessitato dell’Istituto a fronte, tra l’altro, di una condotta datoriale violativa di obblighi giuridici, come tale giustificativo di una totale compensazione delle spese del doppio grado.

Propone ricorso per cassazione C.M.L. affidato ad un motivo.

L’I.N.P.S. resiste con controricorso.

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nel testo vecchio e nuovo, l’erronea valutazione e travisamento degli atti e documenti di causa, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5. Lamenta il malgoverno del regime delle spese processuali del doppio grado, compensate per intero dal giudice del gravame sulla base di una motivazione illogica e contraddittoria e del tutto scollegata rispetto all’andamento complessivo del giudizio Evidenzia che gli accertamenti ispettivi avevano conclusivamente acclarato che solo una parte dei rapporti di lavoro denunziati fossero fittizi (e che tra questi non vi era espressamente quello della ricorrente) e sottolinea che il bracciante agricolo, in ipotesi di disconoscimento del suo rapporto di lavoro, è costretto a ricorrere all’autorità giudiziaria per far valere il proprio diritto all’iscrizione. Osserva che, nella specie, l’I.N.P.S. aveva ritenuto di disconoscere un rapporto di lavoro vero, facente capo ad un soggetto che giammai era stato attinto da indagini penali per comportamenti fraudolenti o truffaldini.

Il motivo è manifestamente fondato.

Va rilevato che al procedimento si applica l’art. 92 c.p.c. nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009. Il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è stato infatti depositato il 20 febbraio 2008 mentre la formulazione dell’art. 92 c.p.c. come modificata dalla citata L. n. 69 del 2009 trova applicazione alle controversie introdotte in primo grado dopo l’entrata in vigore della novella e dunque dal 4 luglio 2009. L’art. 92, comma 2 nel testo introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), dispone che “Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”.

Nel caso in esame, in assenza di una reciproca soccombenza, si discute della sussistenza di “altri giusti motivi” di compensazione.

La Corte salernitana ha individuato tali “altri giusti motivi” (come si evince dalle ragioni esplicitate a sostegno del rigetto dell’appello principale della lavoratrice e comunque dalla complessiva motivazione): – nelle incongruenze del numero delle giornate effettivamente occorrenti come risultante dalla stima tecnica, tenendo conto dei terreni effettivamente lavorati, delle praticate colture e del numero delle giornate denunziate; – nell’inchiesta penale conseguita a carico di M.C., legale rappresentante della “La Speranza Società Agricola a r.l.”; – nella piaga della proliferazione, nella zona del Salernitano, di rapporti di lavoro inesistenti con derivanti esborsi per l’I.N.P.S.; – nella necessità per l’Istituto di effettuare controlli.

Come è di tutta evidenza, fatta eccezione per la prima e la seconda delle suddette rationes, si tratta di considerazioni che poggiano su circostanze che rilevano in un contesto extraprocessuale, non riguardando concreti aspetti della controversia decisa.

Quanto alla evidenziata incongruenza del numero delle giornate effettivamente occorrenti (dato che, afferendo in ipotesi ad una emergenza processuale, potrebbe aver rilievo ai fini della disposta compensazione), lo stesso non trova alcun riscontro negli atti di causa, puntualmente riprodotti dalla ricorrente. Ed infatti, contrariamente all’assunto della Corte territoriale, non si rileva dal verbale ispettivo alcuna incongruenza avuto riguardo ai terreni nella disponibilità dell’azienda in rapporto alle colture praticate e neppure che vi sia stata una stima tecnica. Inoltre nel medesimo verbale è dato atto del fatto che l’azienda aveva trasmesso un primo elenco completo di tutti i lavoratori registrati sul libro matricola e, quindi, un “nuovo elenco da cui si rileva la reale forza lavoro utilizzata dall’azienda nel periodo dal marzo 2006 al 20/11/2006”. Anche sotto tale profilo è del tutto incongruo il riferimento alla omessa presentazione all’I.N.P.S. del documento sulla effettiva forza lavoro.

Quanto all’indagine penale (gli atti della quale, per gli eventuali riflessi sul giudizio civile anche in termini di problematicità e complessità della ricostruzione fattuale della vicenda, avrebbero potuto teoricamente influire sulla regolamentazione delle spese processuali), risulta dalla documentazione ritualmente riprodotta nel ricorso per cassazione, che la stessa: – non aveva riguardato l’odierna ricorrente e neppure l’azienda “La Speranza Società Agricola a r.l.” ma solo M.C., nella qualità di legale rappresentante (non della “La Speranza Società Agricola a r.l.” ma) della “La Fragola a r.l.”; – in ogni caso tale indagine si era conclusa con provvedimento di archiviazione. Nè si evince, a fronte di dati chiaramente evincibili dagli atti penali, in che termini, anche di approfondimento istruttorio, la suddetta indagine possa aver inciso sul processo civile.

Il potere discrezionale del Giudice nel ravvisare elementi per la compensazione delle spese dei gradi di giudizio non risulta, così, nella specie, adeguatamente e logicamente motivato e non si sottrae, pertanto, alle censure svolte dalla ricorrente incentrate, inoltre, sull’esito del giudizio del gravame, nel senso della fondatezza del diritto alla reiscrizione nell’elenco nominativo dei lavoratori agricoli, negato dall’I.N.P.S. con il disconoscimento del rapporto di lavoro agricolo risultato, per converso, sussistente (si veda, in termini, la recente Cass. 11 febbraio 2016, n. 2700).

Per tutto quanto sopra considerato, si propone l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata; il tutto con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5. Valuterà il Collegio se la causa possa essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c.”.

2 – Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

3 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5 per la definizione camerale del processo.

4 – In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va, in parte qua, cassata con rinvio alla Corte di appello di Napoli che procederà ad un nuovo esame e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa, in parte qua, la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli.

Così deciso in Roma, i16 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2016

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