Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16223 del 27/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16223 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 26151-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli
avvocati TRIOLO VINCENZO, CORETTI ANTONIETTA, STUMPO
VINCENZO, DE ROSE EMANUELE, giusta procura in calce al
2013

ricorso;
– ricorrente –

4674
contro

PORCELLI ANNA MARIA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 5454/2010 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 27/06/2013

di BARI del 26.10.2010, depositata il 02/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 20/05/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. ANTONIO IANNIELLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti

E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. MAURIZIO VELARDI che si riporta alla relazione
scritta.

che si riporta agli scritti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 20
maggio 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:
“Con ricorso al Tribunale di Bari, Anna Maria Porcelli, operaia agricola
a tempo determinato, aveva convenuto in giudizio l’Inps, chiedendo venisse

accertato il suo diritto alla differenza dell’indennità di disoccupazione per
l’anno 1999; la ricorrente – premesso che il trattamento di disoccupazione le
era stato corrisposto dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale
congelato all’anno 1995 – sosteneva che il medesimo trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del D. Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, ivi compreso
l’elemento denominato t.f.r., con conseguente diritto alle differenze tra quanto
spettante e quanto percepito.
La domanda è stata dichiara inammissibile dal giudice di primo grado,
che ha ritenuto intervenuta la decadenza di cui all’art. 47, terzo comma D.P.R.
30 aprile 1970 n. 639 mentre la Corte d’appello di Bari, con sentenza depositata il 2 novembre 2010, l’ha accolta integralmente.
Avverso detta sentenza l’Inps propone ricorso per cassazione — notificato in data 20-25 ottobre 2011 -, con tre motivi.
La parte intimata non si è costituita in questa sede.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le modifiche
e integrazioni successive, in particolare quelle apportate dalla legge 18 giugno
2009 n. 69.
Col primo motivo, l’Istituto denuncia la violazione dell’art. 47 D.P.R.
30 aprile 1970 n. 639 e successive modificazioni.
Col secondo e col terzo motivo l’Istituto ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 18, comma 18° del D.L. n. 98/2011, convertito in L. n.
111/2011 e, in via subordinata, degli artt. 46, 51 e 55 del CCNL per gli operai
i

agricoli e florovivaisti del 2002 in relazione all’art. 6, comma 4 0 , lettera a) del
d.lgs. n. 314/97 nonché in relazione agli artt. 1362 e ss., 2120 cod. civ. ed all’
artt. 4 commi 10° e 11 0 legge 297/82, censura, in via logicamente subordinata,
la sentenza unicamente per avere incluso nella retribuzione da prendere a base
per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione anche la voce denominata
“quota di TFR”, la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere essa — contra-

riamente a quanto affermato la Corte territoriale — effettiva natura di retribuzione differita.
Il ricorso è manifestamente infondato nel primo motivo e manifestamente fondato nel secondo e nel terzo, qui trattati unitariamente.
Va premesso che l’originario testo dell’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970
n. 639 stabiliva quanto segue.
“Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l’azione
dinanzi all’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 459 e ss. cod. proc. civ.
L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di dieci anni
dalla data di comunicazione della decisione definitiva del ricorso pronunziata
dai competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della decisione medesima, se trattasi di controversie in
materia di trattamenti pensionistici.
L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di cinque anni
dalle date di cui al precedente comma se trattasi di controversie in materia di
prestazioni a carico dell’assicurazione contro la tubercolosi e
dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria”.
Col successivo art. 6 del D.L. 29 marzo 1991 n. 103, convertito con
modificazioni nella legge 10 giugno 1991 n. 166, ritenuto da Corte Cost., con
la sent. n. 246 del 1992, di interpretazione autentica dell’art. 47 D.P.R.
n.639/70, venne poi stabilito:
“1 — I termini previsti dall’art. 47, commi secondo e terzo del D.P.R. 30
aprile 1970 n. 639 sono posti a pena di decadenza per l’esercizio del diritto
2

alla prestazione previdenziale. la decadenza determina l’estinzione del diritto
ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e l’inammissibilità della relativa domanda giudiziale. In caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo, i termini decorrono dall’insorgenza del diritto ai singoli ratei.
2 — Le disposizioni di cui al comma precedente hanno efficacia retroattiva, ma non si applicano ai processi che sono in corso alla data di entrata in

vigore del presente decreto”.
Con l’art. 4 del D.L. 19 settembre 1992 n. 384, i commi secondo e terzo
del citato art. 47 sono stati successivamente sostituiti dai seguenti:
“Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici, l’azione
giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre
anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai
competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito
per la pronunzia della predetta decisione ovvero dalla data di scadenza dei
termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.
Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui
all’art. 24 della legge 9 marzo 1989 n. 88, l’azione giudiziaria può essere
proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al
precedente comma”.
L’ultimo comma dell’art. 4 ha poi stabilito che le disposizioni indicate
“non si applicano ai procedimenti istaurati anteriormente alla data di entrata
in vigore del presente decreto ancora in corso alla medesima data” .
Infine, recentemente, l’art. 38, primo comma, lett. d) del D.L. 6 luglio
2011 n. 98, convertito in legge n. 111 del medesimo anno, ha aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore: “Le decadenze previste dai
commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento
di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal rico3

noscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, precisando al quarto comma che “Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e d) si
applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Questo essendo il quadro di riferimento normativo, la giurisprudenza
consolidata, pur tra frequenti contrasti, di questa Corte (da ultimo, sulla base

di Cass. S.U. 29 maggio 2009 n. 12720 – che ribadisce le tesi della precedente
Cass. S.U. 18 luglio 1996 n. 6491-, cfr., ad es., Cass. 20 gennaio 2010 n. 948 e
26 gennaio 2010 n. 1580) era, per quanto qui interessa e fino alla citata recente
novella del 2011, nel senso della inapplicabilità della decadenza alle domande
di adeguamento di prestazioni previdenziali già riconosciute e liquidate solo
parzialmente dall’ente previdenziale.
Infatti le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 12720 del 29
maggio 2009, componendo un contrasto di giurisprudenza insorto nell’ambito
della sezione lavoro, avevano affermato che “La decadenza di cui al D.P.R. 30
aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n.
103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non
può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in
cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei
quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale”.
Recentemente, peraltro, la questione era stata nuovamente rimessa da un
collegio della sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria depositata il 18
gennaio 2011, n. 1071, alle sezioni unite di questa Corte, sulla base del rilievo
che l’interpretazione prevalente non apparirebbe giustificata dal tenore lettera4

le e dalla considerazione delle finalità della norma, la quale riguarderebbe viceversa ogni tipo di azione in materia di prestazioni previdenziali.
Intervenuta, tra l’ordinanza interlocutoria di rimessione alle sezioni unite della Corte e la data dell’udienza avanti a queste ultime, la citata novella di
cui all’art. 38, primo comma, lett. d) del recente D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge n. 111/’11, è stata quindi disposta la restituzione degli atti alla

sezione lavoro, sulla base della considerazione della necessità di valutare la
persistenza del proposito di investire della questione le sezioni unite, alla luce
della valutazione della eventuale incidenza delle norme di legge citate sulla interpretazione del l’art. 47, vigente prima di essa.
Ciò premesso, non può non rilevarsi che la nuova disciplina, esprimendo il proposito del legislatore di modificare in materia, con una limitata efficacia retroattiva, la regola preesistente, quale consolidatasi per effetto delle recente pronuncia delle sezioni unite del 2009, conferma indirettamente la corrispondenza di quest’ultima all’originario contenuto dell’art. 47, nel testo vigente fino alla novella del 2011.
L’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni unite della
Corte e l’indiretta conferma della sua correttezza proveniente dallo stesso legislatore convincono in definitiva il collegio della inapplicabilità dell’art. 47 del
D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, prima delle integrazioni apportate dell’art. 38
del D.L. n. 98 del 2011, al caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni
previdenziali solo parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale.
Essendosi la Corte territoriale attenuta a tale regola, il primo motivo di
ricorso dovrebbe essere respinto.
Sono invece manifestamente fondati il secondo e il terzo motivo.
In proposito, si ricorda che questa Corte ha ripetutamente enunciato, ad
es. con la sentenza n. 202/2011, con riferimento a fattispecie analoghe a quella
in esame, il seguente principio: “Confermandosi quanto già ritenuto dalla
5

precedente sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto
con il salario medio convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 non è comprensiva del trattamento di fine rapporto, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce denominata “quota di

TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della
volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della
disposizione di cui all’art. 3 D.L. 14 giugno 1996 n. 318 convertito in legge 29
luglio 1996 n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che
detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte
dell’autonomia collettiva.”
Si rileva altresì, in proposito, che recentemente il significato della norma di cui all’art. 4 del D. Lgs. n. 146 del 1997 individuato dalla giurisprudenza sopra citata è stato esplicitato anche dal legislatore, che all’art. 18, comma
18° del D.L. n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 dello stesso anno, ha
specificato che “L ‘art. 4 del D. Lgs. 16 aprile 1997 n. 146 e l’art. 1, comma 5°
del D.L. 10 gennaio 2006 n. 2, convertito con modificazioni dalla legge 11
marzo 2006 n. 81, si interpretano nel senso che la retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato non è comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.
Ove si condivida il testé formulato rilievo, il ricorso andrebbe accolto.
Concludendo, si chiede pertanto che il Presidente della sezione voglia
fissare la data dell’adunanza in camera di consiglio.”
6

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione, accogliendo pertanto

lo dell’indennità) e cassando conseguentemente la sentenza impugnata. Non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, col rigetto dell’originaria domanda quanto alla inclusione del t.f.r. nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione.
L’influenza esercitata sulla decisione della legge interpretativa citata
consiglia l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero processo.

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo
nel merito, rigetta la domanda, quanto alla inclusione del t.f.r. nella base di
calcolo dell’Oindennità di disoccupazione; compensa integralmente tra le parti
le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2013
Il Presidente

il ricorso (che investe esclusivamente l’inclusione del t.f.r. nella base di calco-

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