Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16221 del 09/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 09/07/2010, (ud. 25/05/2010, dep. 09/07/2010), n.16221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25394/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

KIDDE ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA LARGO SOMALIA 67 presso lo studio

dell’avvocato GRADARA RITA, rappresentato e difeso dagli avvocati

FALSITTA Gaspare, PANSIERI SILVIA, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 113/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 11/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/05/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il resistente l’Avvocato PANSIERI SILVIA, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con contratto di vendita di ramo di azienda registrato in data 16/11/2000, la Società Impianti Antincendio s.p.a. acquistava dalla società Chubb Lips s.p.a. un complesso organizzato per produzione e manutenzione di impianti antincendio.

Con atto ricognitivo registrato in data 23-1-2001, le parti fissavano il prezzo definitivo della cessione.

Successivamente, la Società Impianti Antincendio s.p.a. era incorporata dalla Società Kidde Italia s.p.a..

L’Agenzia delle Entrate disconosceva passività esposte nei due atti citati ritenute modalità di pagamento del valore di cessione ed emetteva avviso di rettifica e liquidazione della maggior imposta di registro dovuta, in capo alla società incorporata e ad essa notificato.

Avverso l’avviso proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano la società Kidde Italia s.p.a, sostenendo in via preliminare la nullità dell’atto per insistenza del soggetto nei cui confronti era stato emesso e notificato, e, nel merito, la infondatezza della pretesa impositiva negando che le passività fossero state attribuite al ramo di azienda compravenduto come modalità di pagamento.

La Commissione accoglieva il secondo rilievo ed annullava l’avviso.

Proponeva appello l’Ufficio, sostenendo la erroneità della statuizione, e la società resistente reiterava l’assunto di primo grado.

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in accoglimento della tesi della società incorporante dichiarava la nullità dell’avviso in quanto notificato nei confronti di un soggetto inesistente.

Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione il Ministero della Economia e delle Finanze e la Agenzia delle Entrate, con un motivo.

Resiste la società con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, va rilevata la inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero della Economia e della Finanze: nel caso di specie al giudizio innanzi la Commissione Regionale ha partecipato l’ufficio periferico di Milano della Agenzia delle Entrate, successore a titolo particolare del Ministero, ed il contraddittorio è stato accettato dalla contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione del Ministero, che così risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte, (ex plurimis v. Cass. n. 3557/2005) estromesso implicitamente dal giudizio, con la conseguenza che la legittimazione a proporre ricorso per cassazione sussisteva unicamente in capo alla Agenzia.

Le spese relative a detto ricorso devono essere compensate tra le parti, per la obbiettiva incertezza esistente all’epoca della successione tra i citati enti.

Con l’unico motivo di ricorso, la Agenzia deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, e dei principi generali in tema di fusione per incorporazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene in primo luogo che la emissione dell’avviso in capo alla società incorporata è ammissibile, in quanto relativo a rapporto antecedente alla fusione per incorporazione.

In secondo luogo, che la notificazione dell’avviso alla stessa società a tale data non più esistente determina una nullità suscettibile di essere sanata dalla costituzione in giudizio da parte della società incorporante, succeduta alla incorporata in tutti i rapporti che la concernono.

Ne consegue, ad avviso della Agenzia, che la instaurazione del giudizio di impugnazione dell’avviso di rettifica da parte della società incorporante effettuata con ricorso proposto in data 8/1/2003, ha effetto sanante con effetto “ex tunc” di una eventuale nullità della notifica dell’avviso.

La società intimata nel controricorso contesta la fondatezza dell’assunto dell’Ufficio, ed eccepisce che anche in caso di ritenuto effetto sanante del ricorso della incorporante, tale sanatoria avrebbe effetto dal momento della proposizione del ricorso, rimanendo ferme le decadenze nel frattempo maturate; per cui alla data di notifica del ricorso (10-1-2003) il termine di decadenza biennale per l’accertamento da parte dell’Ufficio, decorrente dalla data della registrazione del contratto (16-11-2000) ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 1 bis, era già spirato, con conseguente venir meno del potere impositivo dell’Ufficio e conseguente inefficacia della supposta sanatoria della nullità della notificazione dell’avviso.

Passando all’esame del motivo di ricorso, deve rilevarsi in primo luogo che non è in questione la validità dell’avviso sotto il profilo della intestazione a soggetto non più esistente, in quanto il giudice di appello ha ritenuto la nullità dell’avviso con esclusivo riferimento alla avvenuta notificazione dello stesso a soggetto inesistente con esclusione implicita del predetto profilo sostanziale, punto coperto da giudicato interno.

Sotto il secondo profilo, è principio consolidato che nel caso di citazione di soggetto non più esistente a seguito di incorporazione, la nullità, rilevabile di ufficio, resta tuttavia sanata a seguito della costituzione in giudizio della società incorporante (v., Cass. n. 5716 del 2003, Cass, n. 5273 del 2008).

Ad analoga conclusione è giunta la giurisprudenza della Corte in ordine alla ipotesi di nullità della notificazione dell’avviso di accertamento di una pretesa tributaria a soggetto non più esistente.

Si è infatti ritenuto – a composizione di un precedente contrasto – che la natura sostanziale e non processuale dell’avviso di accertamento tributario, che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale la Amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria, non osta alla applicazioni di principi tratti dal diritto processuale, quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, la applicazione per l’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta quale logica necessità l’applicazione del regime delle sanatorie e delle nullità per queste dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c.. In tal caso, tuttavia, la sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza previsto dalle singole leggi di imposta per l’esercizio del potere di accertamento. Ciò perchè il meccanismo della sanatoria deve essere combinato con quello, indefettibile, della decadenza dall’esercizio del potere, per cui dall’esercizio del diritto di difesa mediante la proposizione del ricorso non può mai derivare una convalida ex tunc di un atto imperfetto, di per sè inidoneo ad evitare la decadenza.

Nel caso tuttavia di notificazione a termine di decadenza scaduto, ricorre la applicazione del principio secondo cui la decadenza del potere della Amministrazione non produce la inesistenza degli atti impositivi successivamente emanati, per cui anche in tal caso il contribuente ha l’onere di dedurre la decadenza come specifico vizio nel ricorso introduttivo innanzi alla Commissioni Tributarie, escludendosi un potere di declaratoria ex officio del giudice. Per converso, la decadenza del contribuente dall’esercizio di un potere nei confronti della Amministrazione Finanziaria in quanto stabilita a favore di quest’ultima ed attinente a situazioni dalla stessa non disponibili, è rilevabile anche di ufficio (Cass., SS.UU. n. 19854 del 2004; Cass.n. 12453 del 2005; Cass. n. 1605 del 2008).

Applicando detti principi al caso di specie: 1) è indubbia la sussistenza di una ipotesi di nullità, e non di inesistenza della notificazione in quanto pervenuta a soggetto collegato con il destinatario previsto, in quanto ad esso succeduto per effetto della incorporazione; 2) si è quindi verificata la sanatoria della nullità in forza della proposizione del ricorso da parte della società incorporante, fatte salve le decadenze nel frattempo verificatesi; 3) la eccezione di decadenza della Amministrazione dal potere di accertamento sollevata dalla contribuente in controricorso in relazione al decorso del termine biennale di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, decorrente dalla data di registrazione del contratto (16-11-2000) alla data del 10-1-2003 (notifica del ricorso introduttivo) è tardiva e quindi inammissibile, con rilievo ex officio, non avendo la contribuente nè indicato nè provato di averla svolta nell’atto introduttivo e, in tal caso di averla reiterata in appello.

Ne consegue quindi che la sanatoria di cui sopra è valida ed efficace.

Il ricorso della Agenzia deve quindi essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio per l’esame del merito dell’appello a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che provvederà anche sulle spese di questa case di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero e compensa le relative spese; accoglie il ricorso della Agenzia, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2010

 

 

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