Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16220 del 27/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16220 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 24757-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585 – Società con socio
unico in persona del Presidente del Consiglio di
Amministrazione e legale rappresentante pro-tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI
27, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE
TRIFIRO’ (dello Studio Trifirò & Partners Avvocati),
che la rappresenta e difende, giusta procura a margine
2013

del ricorso;
– ricorrente –

4671
contro

ZUOLO SABINA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
TACITO 50, presso lo studio dell’avvocato COSSU BRUNO,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Data pubblicazione: 27/06/2013

CESTER CARLO,

giusta

procura

a margine

del

controricorso;
– controricorrente nonchè contro

CACCIATORI FEDERICO;

avverso la sentenza n. 207/2010 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA del 23.3.2010, depositata il 18/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 20/05/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. ANTONIO IANNIELLO;
udito per la controricorrente l’Avvocato Bruno Cossu
che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. MAURIZIO VELARDI che si riporta alla relazione
scritta.

– intimato –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 20
maggio 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:
“La prima questione posta coi primi due motivi del ricorso delle Poste
Italiane (dal quale Sabina Zuolo — in ordine alla posizione della quale, la Corte
territoriale aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere in ordi-

ne alla domanda di ripristino del rapporto di lavoro, avendo la stessa rifiutato
di riprendere servizio – si è difesa con controricorso, mentre l’altro intimato
non si è costituito in questa sede), notificato 1’11-14 ottobre 2011, avverso la
sentenza del 18 ottobre 2010 della Corte d’appello di Venezia, investe la valutazione di illegittimità e quindi la dichiarazione di nullità del termine apposto
ai contratti di lavoro subordinato intercorsi con Federico Cacciatori dal 6 ottobre 1998 al 31 gennaio 1999 e con Sabina Zuolo dal 6 luglio al 4 settembre
1999, ambedue ai sensi dell’accordo 25 settembre 1997, integrativo del
C.C.N.L. 26 novembre 1994 “per esigenze eccezionali…”: in proposito la ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe, con la sua decisione, violato
gli artt. 1 e 2 della L. n. 230/1962, 23 della L. n. 56/’87, 8 CCNL 1994 nonché
degli accordi sindacali 25.9.97, 16.1.98, 27.4.98, 2.7.98, 24.5.99 e 18.1.2001,
in connessione con gli artt. 1362 e ss. c.c.
Le censure sono manifestamente infondate.
Va infatti qui ribadita la consolidata giurisprudenza di questa Corte
(cfr., per tutte, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866 e 20 marzo 2009 n. 6913), formatasi in ordine all’esame di fattispecie analoghe alla presente, coinvolgenti
l’interpretazione delle norme contrattuali collettive indicate, la quale ha ripetutamente confermato le decisioni dei giudici di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto dopo il 30 aprile 1998 a contratti di lavoro stipulati, in base alla previsione delle “esigenze eccezionali” di cui all’accordo integrativo del 25 settembre 1997, ritenendo che i contraenti collettivi, esercitando
1

i poteri loro attribuiti dall’art. 23 della legge n. 56/1987, abbiano convenuto di
limitare il riconoscimento della sussistenza della situazione indicata per far
fronte alla quale l’impresa poteva legittimamente procedere ad assunzioni di
personale con contratto a tempo determinato unicamente fino al 30 aprile
1998, con la conseguente illegittimità dei contratti stipulati successivamente a
tale data.

Da tali conclusioni della giurisprudenza non vi è ora ragione di discostarsi, in quanto le opposte valutazioni sviluppate nel ricorso sono sorrette da
argomenti ripetutamente scrutinati da questa Corte nelle molteplici occasioni
ricordate e non appaiono comunque talmente evidenti e gravi da esonerare la
Corte dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, sul quale si fonda per larga
parte l’assolvimento della funzione ad essa affidata di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge.
In via subordinata, la società denuncia col terzo motivo la violazione
degli artt. 1206, 1207, 1217, 1219, 2094 e 2099 c.c., quanto alla decorrenza
delle conseguenze economiche della conversione del contratto a tempo indeterminato tra le parti e col quarto invoca comunque l’applicazione dello ius
superveniens con efficacia retroattiva rappresentato dall’art. 32 commi 5-7
della legge n. 183 del 2010, in vigore dal 24 novembre 2010, del seguente tenore:
“Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice
condanna il datore di lavoro al risarcimento de/lavoratore stabilendo una indennità omnicomP rensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un
massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 della legge 15 luglio 1966 n. 604.
In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o
aziendali, stipulati con le 00.SS. comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di
lavoratori già occupati con contratto a termine nell ‘ambito di specifiche gra2

duatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla
metà.
Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i
giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini
della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle

parti un termine per l ‘eventuale integrazione della domanda e delle relative
eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell’ari’. 421 del codice di procedura civile”
Sul quest’ultimo motivo, che assorbe il precedente, dovrà pronunciarsi
il collegio, ove condivida le precedenti argomentazioni sugli altri motivi di ricorso.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.
Poste Italiane ha depositato una memoria.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione, in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte, rigettando conseguentemente i primi due
motivi di ricorso.
Quanto al terzo, è stata ripetutamente affermata l’applicabilità dello ius
superveniens con efficacia retroattiva, rappresentato dall’art. 32, commi 5-7
della legge n. 183 del 2010, anche nel giudizio di cassazione, ove peraltro non
può essere liquidato il danno, dipendente dalla valutazione di una serie di elementi di fatto, che non può essere operata in questa sede.
Va pertanto accolta la relativa parte del terzo motivo di ricorso, assorbita nel resto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altro giudice di merito per la determinazione del danno da risarcire.
P. Q. M.

3

La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso e accoglie il terzo nella
parte in cui invoca l’applicazione dello ius superveniens, assorbita la restante
parte; cassa conseguentemente la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di
Venezia in diversa composizione.

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2013

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