Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16219 del 27/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16219 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 21533-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585 – Società con socio
unico in persona del Presidente del Consiglio di
Amministrazione e legale rappresentante pro-tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134,
presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –

‘4

2013
4669

contro

LOLLI NOVELLA, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA MARCONI 15, presso lo studio dell’avvocato
MASSIMO D’AMBROSIO, rappresentata e difesa
dall’avvocato D’ANTRASSI

ENRICO,

giusta procura

Data pubblicazione: 27/06/2013

speciale a margine del controricorso;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 6836/2010 della CORTE D’APPELLO
di ROMA del 20.9.2010, depositata il 28/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Dott. ANTONIO IANNIELLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. MAURIZIO VELARDI.

consiglio del 20/05/2013 dal Consigliere Relatore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 20
maggio 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:
“La prima questione posta col ricorso principale (primo motivo) delle
Poste Italiane, notificato in data 5-6 settembre 2011 (in ordine al quale

l’intimata si è difesa in questa sede con controricorso), avverso la sentenza definitiva del 28 settembre 2010 della Corte d’appello di Roma, è se il contratto
a tempo determinato stipulato dal 12 novembre 1998 al 30 gennaio 1999 con
Novella Lolli “per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso…” e dichiarato nullo dalla sentenza, con conseguente conversione a tempo indeterminato del
rapporto e condanna della società al risarcimento dei danni, sia da ritenere risolto per mutuo consenso, questione che sarebbe stata erroneamente ritenuta
infondata dalla Corte territoriale, in violazione dell’art. 1372 c.c..
In proposito, richiamati i principi ripetutamente ed esaustivamente affermati da questa Corte, secondo cui: a) in via di principio è ipotizzabile una
risoluzione del rapporto di lavoro per fatti concludenti (cfr., ad es., Cass. 6
luglio 2007 n. 15264, 7 maggio 2009 n. 10526); b) l’onere di provare circostanze significative al riguardo grava sul datore di lavoro che deduce la risoluzione per mutuo consenso (cfr. ad es. Cass. 2 dicembre 2002 n. 17070 e 2 dicembre 2000 n. 15403); c) la relativa valutazione da parte del giudice costituisce giudizio di merito; d) la mera inerzia del lavoratore nel contestare la clausola appositiva del termine, così come la ricerca medio tempore di una occupazione, non sono sufficienti a far ritenere intervenuta la risoluzione per mutuo consenso; deve ritenersi che la Corte di merito si sia attenuta a tali principi
nel valutare la situazione sottoposta al suo esame, con giudizio di merito ispirato a valutazioni di tipicità sociale.
Il motivo appare pertanto manifestamente infondato.
1

La seconda questione posta col ricorso (2° e 3°motivo) investe la valutazione di illegittimità e quindi la dichiarazione di nullità del termine apposto
al contratto di lavoro subordinato intercorso tra le parti: in proposito la ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe interpretato erroneamente e in
maniera immotivata gli accordi sindacali al riguardo stipulati, violando le
norme legali di ermeneutica contrattuale.

Anche tali censure sono manifestamente infondate.
Va infatti qui ribadita la consolidata giurisprudenza di questa Corte

(cfr., per tutte, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866 e 20 marzo 2009 n. 6913), formatasi in ordine all’esame di fattispecie analoghe alla presente, coinvolgenti
l’interpretazione delle norme contrattuali collettive indicate, la quale ha ripetutamente confermato le decisioni dei giudici di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto dopo il 30 aprile 1998 a contratti di lavoro stipulati, in base alla previsione delle “esigenze eccezionali” di cui all’accordo integrativo del 25 settembre 1997, ritenendo che i contraenti collettivi, esercitando
i poteri loro attribuiti dall’art. 23 della legge n. 56/1987, abbiano convenuto di
limitare il riconoscimento della sussistenza della situazione indicata per far
fronte alla quale l’impresa poteva legittimamente procedere ad assunzioni di
personale con contratto a tempo determinato unicamente fino al 30 aprile
1998, con la conseguente illegittimità dei contratti stipulati successivamente a
tale data.
Da tali conclusioni della giurisprudenza non vi è ora ragione di discostarsi, in quanto le opposte valutazioni sviluppate nel ricorso sono sorrette da
argomenti ripetutamente scrutinati da questa Corte nelle molteplici occasioni
ricordate e non appaiono comunque talmente evidenti e gravi da esonerare la
Corte dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, sul quale si fonda per larga
parte l’assolvimento della funzione ad essa affidata di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge.

2

Infine, la ricorrente col quarto motivo investe la pronuncia quanto alle
conseguenze economiche tratte dalla ritenuta conversione a tempo indeterminato del contratto tra le parti e, chiede comunque, l’applicazione dello ius superveniens con efficacia retroattiva rappresentato dall’art. 32, commi 5-7 della
legge n. 183 del 2010.

corso, assorbente il precedente, dovrà pronunciarsi il collegio.
Concludendo, si chiede pertanto che il Presidente della sezione voglia
fissare la data dell’adunanza in camera di consiglio.”

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione, in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte e rigetta pertanto i primo tre motivi di ricorso.
Anche il quarto motivo è infondato, non avendo la società investito in
alcun modo la Corte d’appello dell’argomento delle conseguenze economiche
tratte dalla conversione del contratto, come indicato nella motivazione della
sentenza qui impugnata, senza contestazione della ricorrente.
Il ricorso va pertanto respinto, con la conseguente condanna della ricorrente alle spese, liquidate in dispositivo.

Su quest’ultima deduzione, da qualificare come specifico motivo di ri-

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate
in € 50,00 per esborsi ed € 2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori, che distrae all’avv. Enrico D’Antrassi.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2013
DEPOSITATO IN CANCELLERIA

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