Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16218 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 28/06/2017, (ud. 15/02/2017, dep.28/06/2017),  n. 16218

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5239-2012 proposto da:

C.P. (OMISSIS), M.G. (OMISSIS), elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA FILIPPO NICOLAI 70, presso lo studio

dell’avvocato BARBARA ROEFARO, che le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

L.G. C.F. (OMISSIS), C.G. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 32, presso lo

studio dell’avvocato TONINO PRESTA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANTONIO CINELLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 198/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/02/2017 dal Consigliere Dott. MANNA FELICE;

udito l’avv. R.B. difensore delle ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per l’inammissibilità dei

motivi primo, quarto e quinto e per il rigetto degli altri motivi

del ricorso e per la condanna alle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

All’esito del doppio grado di merito la Corte d’appello di Roma condannava C.P. e M.G., quest” ultima intervenuta quale successore ex art. 111 c.p.c., della prima, ad arretrare il manufatto edilizio realizzato in zona agricola su di un terreno sito in (OMISSIS) ad una distanza di 20 mt. dal fondo confinante di proprietà degli attori, L.G. e Ca.Gi.. Alla base della decisione, la ritenuta natura abitativa del fabbricato e la rilevata nullità della convenzione in data 29.9.1984 tra C.P., L.G. e il dante causa di lui, L.P., con la quale le parti avevano convenuto l’osservanza di una distanza di 10 mt. dal confine, inferiore a quella, inderogabile, prevista in 20 mt. dal P.R.G. per gli immobili abitativi in zona agricola.

La Cassazione di tale sentenza è chiesta da C.P. e M.G. con ricorso affidato a cinque motivi.

L.G. e Ca.Gi. resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè l’omessa motivazione circa un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per non aver i giudici di merito considerato il motivo d’appello incidentale relativo al fatto che le parti, con la convenzione del 29.9.1984, avevano espressamente rinunciato a qualunque diritto ed azione relativamente a quanto aveva formato oggetto dell’accordo.

2. – Il secondo motivo lamenta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la Corte escluso che la pronuncia di condanna all’arretramento potesse essere condizionata alla previa ultimazione del manufatto e per non aver considerato che quest’ultimo era di tipo agricolo (e non, se non eventualmente in prospettiva, una civile abitazione).

3. – Il terzo mezzo censura l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando l” illogicità della motivazione per aver la Corte inteso erroneamente le risultanze della c.t.u., la quale aveva in realtà concluso nel senso che allo stato il manufatto fosse un magazzino, e non un immobile adibito a civile abitazione.

4. – Col quarto motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1421 c.c., e degli artt. 99 e 112 c.p.c., sotto forma di vizio di ultrapetizione e nullità della sentenza d’appello, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5), per aver la Corte erroneamente rilevato d’ufficio la nullità della convenzione intervenuta tra le parti il 29.9.1984.

5. – Il quinto mezzo, infine, allega violazione di legge. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Erroneamente la Corte territoriale non avrebbe considerato lo ius superveniens rappresentato dall’adozione di un nuovo regolamento edilizio da parte del Comune di Terracina che, non disciplinando più la fattispecie in esame. Infatti, si sostiene, l’art. 132 di detto regolamento, lungi dal considerare distinzioni tipologiche tra gli immobili, si limita a stabilire che per tutti gli interventi edilizi ricadenti in zone diverse da quelle C) (quella in oggetto è zona E) va osservata la distanza minima di mt. 10 tra pareti finestrate di nuovi edifici, non contemplando alcunchè in tema di distanza dai confini interni, il che, conclude parte ricorrente, renderebbe applicabili le distanze previste dall’art. 873 c.c..

6. – Il primo e il quarto motivo, da esaminare congiuntamente per la loro complementarietà, sono infondati.

Premessa l’ormai la pacifica rilevazione d’ufficio della nullità negoziale nei limiti (non ecceduti nella specie) di cui a Cass. S.U. n. 26242/14, va osservato che questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, in tema di distanze legali nelle costruzioni, che le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi, essendo dettate – contrariamente a quelle del codice civile – a tutela dell’interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, non sono derogabili dai privati. Ne consegue l’invalidità – anche nei rapporti interni – delle convenzioni stipulate fra proprietari confinanti le quali si rivelino in contrasto con le norme urbanistiche in materia di distanze, salva peraltro rimanendo la possibilità – per questi ultimi – di accordarsi sulla ripartizione tra i rispettivi fondi del distacco da osservare. (Nell’affermare il principio sopra richiamato la Corte ha confermato la decisione del giudice di appello che, nel ritenere illegittima la costruzione realizzata dal convenuto a distanza illegale dal fondo degli attori, aveva considerato invalida la convenzione intercorsa fra le parti con cui era stata costituita a favore del medesimo convenuto la servitù di edificare a distanza dal confine inferiore a quella prevista dal vigente regolamento edilizio.) (Cass. n. 2117/04; conforme, Cass. nn. 9571/10, 12966/06, 6170/05, 237/00, 12984/99, 8260/90, 5711/87 e 287/80).

Tale indirizzo non collide con altra giurisprudenza di questa stessa S.C., apparentemente di segno diverso, secondo cui deve ritenersi ammissibile l’acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dalle norme del codice civile o da quelle dei regolamenti e degli strumenti urbanistici locali (Cass. nn. 4240/10 e 22824/12). Detto orientamento, infatti, nasce solo per la necessità di stabilizzare i rapporti interprivati, facendo salva l’invalidità delle convenzioni derogatorie in materia di distanze fissate dai regolamenti locali.

Chiarito che la Corte d’appello poteva e doveva rilevare d’ufficio l’invalidità della convenzione, non vi è nè omessa pronuncia sul motivo corrispondente nè vizio motivazionale, ma fin troppo ovvio rigetto implicito dell’appello incidentale contro la condanna di primo grado all’arretramento del fabbricato, non potendosene dare altra soluzione a fronte dell’affermata nullità dell’accordo.

Nè la doglianza d’omessa pronuncia avrebbe miglior sorte sotto il (peraltro solo) ventilato aspetto della natura transattiva dell’accordo del 1984. A tutto concedere, sarebbe ad ogni modo applicabile l’art. 1972 c.c., comma 1, (il secondo comma riguarda la diversa e, nella specie, neppure accennata ipotesi di transazione novativa), in base al quale la transazione relativa ad un contratto illecito è nulla, ancorchè le parti abbiano trattato della nullità di questo.

7. – Il secondo e il terzo motivo, da esaminare insieme, sono infondati.

La natura abitativa o non del manufatto edilizio della cui costruzione si discute integra un accertamento di merito, motivato dalla Corte territoriale in maniera sufficiente e immune da vizi di logica giuridica (applicandosi ratione temporis il testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, previgente al D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012).

Sulla base della relazione del c.t.u. e dei rilievi fotografi in atti, la Corte d’appello capitolina ha infatti ritenuto provata la natura civile della costruzione in corso, in quanto è stata rilevata la presenza di attacchi per adduzioni idriche e scarichi di un bagno e di una cucina, pavimenti in ceramica, infissi esterni in alluminio smaltato e retrocamera, termosifoni ed impianto elettrico, telefonico e televisivo sotto traccia. Il tutto giudicato incompatibile con la tesi che si trattasse di un magazzino.

8. – Anche il quinto motivo è infondato.

Premesso che l’art. 8 delle NTA del PRG del comune di Terracina continua a prevedere una distanza di 20 mt. dai confini interni per le costruzioni in zona agricola e non risulta nè abrogato nè sostituito espressamente. va osservato che l’art. 132, comma 3, del regolamento edilizio approvato il 13.4.2006 non si riferisce minimamente alle distanze delle costruzioni dal confine, ma solo a quella (10 mt.) tra pareti finestrate di edifici antistanti. Affatto diversi i rispettivi ambiti, è del tutto incongruo pretendere di ricavare da quest'”ultima disposizione un’abrogazione tacita della predetta NTA del PRG; non senza considerare che la suddetta prescrizione dell’art. 132 del regolamento non fa che riprodurre il (vincolante) disposto del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, n. 2.

9. – Il ricorso va dunque respinto.

10. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti in solido tra loro.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alle spese, che liquida in 2.700,00, di cui 200.00 per esborsi. oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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