Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16218 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 10/06/2021), n.16218

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20320/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

S.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Giovanni Re,

con domicilio eletto in Roma, via Vittoria Colonna 40 presso l’avv.

Alberto Di Capua:

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Napoli

n. 1086/16, depositata il 10 febbraio 2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 novembre

2020 dal relatore Dario Cavallari.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.A. ha impugnato davanti alla CTP di Napoli il diniego di rimborso, da parte dell’Agenzia delle Entrate, delle maggiori imposte di registrazione corrisposte con riferimento ad un contratto concluso nel 2012, con il quale aveva dichiarato di acquistare un immobile sito in (OMISSIS).

In precedenza, essa aveva sottoscritto nel 1992 un ulteriore contratto per l’acquisto di terreni in (OMISSIS), per il quale aveva ottenuto la richiesta agevolazione fiscale prevista per la formazione della piccola proprietà contadina ai sensi della L. n. 604 del 1954.

La CTP di Napoli, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 25915/09/14, ha respinto il ricorso.

La contribuente ha proposto appello che la CTR di Napoli, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1086/28/16, ha accolto.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.

La contribuente ha resistito con controricorso.

La contribuente ha depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 934,1344,1414 e 1418 c.c., nonchè della L. n. 47 del 1985, art. 40, e della L. n. 604 del 1954, artt. 1 e 7.

Essa sostiene che la CTR non avrebbe tenuto conto che il fabbricato trasferito con la summenzionata vendita del 2012 era stato già ceduto con il precedente contratto del 1992, tanto che all’epoca era stato corrisposto il relativo prezzo.

Pertanto, il secondo negozio era da considerare nullo, avendo effetto ricognitivo di quello, precedente, del 1992, e l’agevolazione non poteva spettare perchè non era possibile ricondurre l’immobile acquistato al terreno o confermare l’esistenza di un legame pertinenziale fra i due beni o, comunque, fra l’abitazione e l’attività svolta con le agevolazioni richieste.

La doglianza è inammissibile per difetto di specificità.

In primo luogo, si rileva che l’Agenzia delle Entrate non ha riportato nel ricorso il testo dei contratti menzionati, nè ha indicato, come sarebbe stato suo onere, in quale fase e fascicolo del processo questi erano stati depositati, così impedendo a questo Collegio di valutarne il contenuto.

Infatti, per la giurisprudenza di legittimità, il requisito di specificità del ricorso ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, impone, in ogni caso, alla parte di precisare in quale fase l’atto richiamato sia stato ritualmente introdotto nel processo e dove lo stesso sia eventualmente reperibile (Cass., Sez. 2, n. 12415 del 17 maggio 2017).

Inoltre, si osserva che la CTR ha motivato in ordine alla natura di pertinenza del fondo del fabbricato in questione, precisando che questa si poteva desumere dalla circostanza che la sede dell’impresa individuale era sempre coincisa con lo stesso fabbricato.

L’Agenzia delle Entrate ha criticato in maniera estremamente generica tale motivazione, con la conseguenza che la sua contestazione è inammissibile.

2. Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.

Le spese di legittimità seguono la soccombenza, secondo il disposto dell’art. 91 c.p.c., e sono liquidate come in dispositivo.

Non sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

Infatti, nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare il summenzionato ulteriore importo non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, come l’Agenzia delle Entrate, che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (Cass., Sez. 6-L, n. 1778 del 29 gennaio 2016).

PQM

La Corte,

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite in favore della controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.600,00, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5 Sezione Civile, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

 

 

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