Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16217 del 27/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16217 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: GIACALONE GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 10410-2012 proposto da:
FINELLI

PASQUALE

FNLPQL69E11E493D,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ROCCA SINIBALDA 10, presso lo
studio dell’avvocato CARDONE MARILENA, rappresentato e
difeso dall’avvocato LOMIO LUIGI, giusta procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
?013
1272

SARA ASSICURAZIONI SPA,
FINELLI DOMENICO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 271/2011 della CORTE D’APPELLO
di POTENZA del 19.10.2011, depositata il 15/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Data pubblicazione: 27/06/2013

consiglio dell’8/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
GIOVANNI GIACALONE.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del

Dott. AURELIO GOLIA.

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23) R.G. 10410/2012
IN FATTO E IN DIRITTO
Nella causa indicata in premessa. é stata depositata la seguente relazione:
“1. — La sentenza impugnata (App. Potenza, 15/11/2011), ha, per quanto qui
rileva, respinto l’appello incidentale promosso da Pasquale Finelli contro la

la domanda proposta dalla Sara Assicurazioni nei confronti del Finelli, volta
ad ottenere il pagamento della somma di 70.000.000 lire (36.151,98 euro), a
titolo di rivalsa, dalla stessa sborsati per indennizzare Vitantonio
Bencivenga, investito dal minore Mauro Finelli, conducente
dell’autoveicolo di proprietà del ricorrente Pasquale Finelli; aveva,
conseguentemente, condannato quest’ultimo alla refusione delle spese del
giudizio di primo grado; aveva dichiarato inammissibile la domanda
proposta dalla Sara, a titolo di rivalsa, nei confronti di Domenico Finelli,
genitore del minore conducente l’autoveicolo, condannando la Sara alla
refusione delle spese del giudizio in favore di Domenico Finelli. L’attuale
ricorrente deduceva, in appello, che la circolazione dell’autoveicolo era
avvenuta contro la sua volontà, in quanto provato che, all’epoca
dell’incidente, egli non era convivente con il fratello minore, Mauro Finelli,
poiché stava effettuando il servizio obbligatorio di leva e che il minore
aveva forzato il cassetto, ove le chiavi dell’auto erano custodite, per
appropriarsene.
2. — Ricorre per Cassazione Pasquale Finelli; l’intimato non ha svolto
attività difensiva. Le censure dedotte dal ricorrente sono:
2.1 — Violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., in relazione all’art.
360 n.3 c.p.c.; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, vizio di
motivazione in ordine alla valutazione circa la affermata insussistenza della
prova liberatoria di cui al terzo comma dell’art. 2054 c.c. Infatti la Corte
Territoriale non avrebbe ritenuto sussistente la prova liberatoria di cui
all’art. 2054 c.c., consistente nel fatto che la circolazione del mezzo era
avvenuta, non solo senza il suo consenso, ma contro la sua volontà, avendo
egli adottato la diligenza e cautela nel conservare le chiavi dell’auto in un

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sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Melfi, che: aveva accolto

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cassetto chiuso, così rendendole indisponibili per chiunque ed essendo egli
lontano dal suo domicilio al momento dell’utilizzo dell’autovettura.
3. — Il ricorso è manifestamente privo di pregio. Le censure, che possono
essere trattate congiuntamente data l’intima connessione, implicano
accertamenti di fatto e valutazioni di merito. Ripropongono, in particolare,
un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze probatorie, senza tenere
conto del consolidato orientamento di questa S.C. secondo cui, quanto alla

legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sè, che appartiene
all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, (Cass. n.
12690/10, in motivazione; n. 5797/05; 15693/04). Come sostenuto da questa
S.C., per integrare la prova liberatoria dalla presunzione di colpa stabilita
dall’art. 2054, terzo comma, c.c., non è sufficiente dimostrare che la
circolazione del veicolo sia avvenuta senza il consenso del proprietario, ma
è al contrario necessario che detta circolazione sia avvenuta contro la sua
volontà, la quale deve estrinsecarsi in un concreto ed idoneo comportamento
specificamente inteso a vietare ed impedire la circolazione del veicolo
mediante l’adozione di cautele tali che la volontà del proprietario non possa
risultare superata (Cass. n. 15478/2011; n. 15521/2006). Nel caso di specie,
la Corte Territoriale ha ritenuto non fornita la prova liberatoria in esame, per
non aver il Finelli specificato le modalità di custodia delle chiavi sottratte
dal fratello minore e per non aver indicato, in corso di causa, i testi con cui
dimostrare detta circostanza. I vizi motivazionali denunciabili in Cassazione
non possono, del resto, consistere nella difformità dell’apprezzamento dei
fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla
parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio
convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la
concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a
dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di
prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale
è assegnato alla prova (Cass. n. 6064/08; nonché Cass. n. 26886/08 e
21062/09, in motivazione). La scelta, tra le varie risultanze probatorie, di
quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono
apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a
fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di
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valutazione delle prove adottata dai giudici di merito, il sindacato di

l

altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio
convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a
confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente
disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati
specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata
(Cass. n. 5328/07, in motivazione; 12362/06)
La sentenza impugnata, invece, ha, come si è visto, congruamente spiegato

richiesta dalla legge.
4. — Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai
sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso.”
La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai
difensori delle parti costituite.
Non sono state presentate memorie, né conclusioni scritte.
Ritenuto che:
a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha
condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che il ricorso
deve perciò essere rigettato, essendo manifestamente infondato;
non v’è motivo di provvedere sulle spese del presente giudizio nei confronti
della parte intimata, non avendo questa svolto attività difensiva;
visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, 1’8 maggio 2013.

le ragioni della propria decisione, ritenendo non offerta la prova liberatoria

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