Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16217 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 10/06/2021), n.16217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17723/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

M.L., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Mario

Cazzolla, con domicilio eletto in Roma, viale del Vignola 5, presso

l’avv. Livia Panuzzi;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Bari,

n. 1067/13/16, depositata il 27 aprile 2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 novembre

2020 dal relatore Dario Cavallari.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.L. ha impugnato due avvisi di liquidazione relativi a due atti, registrati il (OMISSIS), con i quali erano state revocate le agevolazioni di cui alla L. n. 604 del 1954 (concernente la piccola proprietà contadina) in ragione della mancata esibizione, entro il termine di tre anni dalla registrazione dell’atto, del certificato definitivo rilasciato dall’Assessorato regionale all’Agricoltura che attestava il possesso dei requisiti per usufruire dell’agevolazione.

La CTP di Bari, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 3234/03/14, ha accolto il ricorso.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto appello che la CTR di Bari, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1067/13/16, ha rigettato.

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

M.L. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni di rito sollevate dal controricorrente.

In ordine alla dedotta improcedibilità del ricorso perchè non sarebbero elencati dettagliatamente, con la precisazione della loro posizione, i documenti menzionati nel ricorso, si rileva che l’Agenzia delle Entrate ha basato il suo gravame sul contenuto della sentenza impugnata e su fatti ammessi dalle parti e accertati dalla CTR.

Per ciò che concerne il lamentato difetto di autosufficienza del ricorso in quanto non sarebbero stati trascritti gli atti difensivi della controparte, si osserva che detto ricorso è chiaro e completo e che il principio di autosufficienza non impone alla parte un onere così gravoso come quello suggerito dai controricorrenti.

In particolare, l’Agenzia delle Entrate ha indicato i punti della decisione gravata oggetto di contestazione.

Neppure è prospettabile una violazione dell’art. 360 bis c.p.c., atteso che l’Agenzia delle Entrate indica, al contrario, un orientamento giurisprudenziale ad essa favorevole e del quale chiede l’applicazione.

2. Con il primo motivo, l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 36, poichè la CTR avrebbe motivato in maniera apparente la sua decisione.

La doglianza è infondata.

In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, nè alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., Sez. L, n. 3819 del 14 febbraio 2020).

Nella specie, invece, la CTR ha comunque chiarito di avere rigettato l’appello perchè erano stati attestati i requisiti per fruire dei benefici fiscali in questione.

3. Con il secondo motivo, l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1954, artt. 3,4 e 5, visto che il contribuente non avrebbe avuto comunque diritto all’agevolazione in esame, atteso che egli aveva prodotto il certificato definitivo dell’Ispettorato provinciale agrario oltre il termine di tre anni, decorrente dalla registrazione dell’atto, fissato, a pena di decadenza dal beneficio fiscale, dalla L. n. 604 del 1954, art. 4.

La contestazione è fondata, considerato che, per la giurisprudenza di legittimità, in tema di agevolazioni tributarie, il contribuente che intenda fruire dei benefici per la piccola proprietà contadina e che, all’atto della registrazione, si sia limitato a produrre l’attestazione indicata alla L. n. 604 del 1954, art. 4, comma 1, in luogo del certificato previsto dall’art. 3, è tenuto, ai sensi dell’art. 4, comma 2, a presentare il certificato dell’ispettorato agrario attestante il possesso dei requisiti prescritti entro il termine, stabilito a pena di decadenza, di tre anni dalla registrazione dell’atto, dovendo, altrimenti, corrispondere le imposte di registro ed ipotecarie nella misura ordinaria (Cass., Sez. 6-5, n. 15489 del 26 luglio 2016; Cass., Sez. 6-5, n. 25438 del 17 dicembre 2015).

Non può trovare applicazione, invece, il diverso orientamento, menzionato dal controricorrente e da reputare minoritario, espresso da Cass., Sez. 6-5, n. 10248 del 2 maggio 2013, per cui, in tema di agevolazioni tributarie a favore della piccola proprietà contadina di cui alla L. n. 604 del 1954, il giudice tributario può autonomamente accertare l’esistenza dello status di coltivatore diretto, dovendo escludersi che l’esercizio del potere di certificazione relativo alla sussistenza o meno di tale status – potere attribuito dalla legge all’Ispettorato Provinciale Agrario – possa svolgere alcun effetto preclusivo o condizionante rispetto alla piena tutela del diritto soggettivo all’agevolazione fiscale.

Ne consegue che la predetta agevolazione va riconosciuta al contribuente che possieda e spenda la qualifica di coltivatore diretto già alla data dell’atto (per il quale abbia chiesto l’applicazione dell’imposta ridotta), restando irrilevante la mancata produzione del relativo certificato definitivo nel triennio (ipotesi che riguarda il diverso caso di contribuente che non risulti ancora possedere la qualifica).

Infatti, questa giurisprudenza minoritaria non tiene adeguatamente in conto che, presupposto per la concessione del beneficio fiscale in esame, è, in ogni caso, sia in ipotesi di presentazione immediata del menzionato certificato sia in quella di deposito ritardato, il possesso della qualifica menzionata al momento della stipulazione dell’atto, come si evince dal testo della L. n. 604 del 1954, art. 4, per il quale “In luogo del certificato dell’ispettorato agrario richiesto dall’art. 3 può essere prodotta un’attestazione provvisoria dell’ispettorato medesimo dalla quale risulti che sono in corso gli accertamenti per il rilascio.

In tal caso le agevolazioni tributarie sono concesse al momento della registrazione, ma entro un anno da tale formalità l’interessato deve presentare all’ufficio del registro il certificato definitivo, attestante che i requisiti richiesti sussistevano fin dal momento della stipula dell’atto; in difetto sono dovute le normali imposte, salvo quanto stabilito dall’articolo seguente…”.

Ne consegue l’accoglimento del motivo.

4. Il ricorso va, quindi, accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria opposizione del contribuente.

Le spese di lite dei gradi precedenti sono compensate, sussistendo giusti motivi, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., alla luce della particolarità della questione.

Le spese di legittimità seguono la soccombenza secondo il disposto dell’art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte,

– accoglie il II motivo di ricorso, respinto il I;

– cassa e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria opposizione del contribuente;

– condanna il contribuente a rifondere le spese di lite in favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in complessivi Euro 1.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5 Sezione Civile, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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