Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16212 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 28/06/2017, (ud. 26/10/2016, dep.28/06/2017),  n. 16212

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15331-2012 proposto da:

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 799/2012 del TRIBUNALE di LECCE, depositata il

19/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1) Il giudice di pace di Lecce ha respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal Ministero dell’Economia avverso la l’ingiunzione emessa in favore di G.L., per l’importo di 413 Euro, a titolo di onorari per prestazioni professionali.

Ha disatteso l’eccezione di incompetenza in favore del giudice del lavoro. Altrettanto ha fatto il tribunale di Lecce con la sentenza 19 marzo 2012, avverso la quale il Ministero ricorre con quattro motivi.

L’ingiungente è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) Il tribunale ha rilevato che il Ministero ha invocato convenzioni intercorse con l’opposto, le quali avrebbero portato a configurare un rapporto di parasubordinazione.

Ha osservato che le convenzioni non erano state allegate nè prodotte, perchè la produzione era annotata nell’indice ai numeri 18 e 19, “laddove il foliario contempla la numerazione da 1) a 17)”.

Ha rilevato inoltre che la produzione era stata verbalizzata in udienza davanti al giudice di pace, senza però essere seguita dalla “necessaria attestazione da parte del Cancelliere e dalla materiale allegazione dei documenti”; che inoltre, nel proporre appello, il Ministero non si era lamentato per il mancato rinvenimento dei documenti “nella produzione di prime cure”, nè li aveva nuovamente prodotti.

Nell’impossibilità di valutare il fondamento dell’eccezione di incompetenza, ha respinto l’eccezione e ha confermato l’ingiunzione, anche in considerazione della “assoluta genericità del motivo di appello” che contestava la statuizione resa sul punto.

3) Il primo motivo di ricorso invoca, senza indicarne il numero (rilevabile tuttavia dalla sentenza del tribunale), un precedente di questa Corte (sentenza 10032/07) dal quale si dovrebbe desumere che in presenza di convenzioni analoghe la competenza era stata attribuita al giudice del lavoro.

La censura è infondata, giacchè presupposto di quel precedente, come si desume dalla sua lettura integrale, era l’esame delle convenzioni alla base della supposta parasubordinazione del lavoratore.

Questo esame non è possibile nel caso odierno, atteso che neanche in questo grado di giudizio l’amministrazione ha provveduto a depositare i documenti che afferma di aver prodotto – con le anomalie rilevate dal tribunale – davanti al giudice di pace.

4) I motivi da due a quattro ruotano intorno alla produzione documentale: secondo il motivo 2, la produzione delle convenzioni sarebbe attestata dal processo verbale dell’udienza del 5/6/2007 e dalla circostanza che il giudice di pace avrebbe deciso previo esame di esse.

Le medesime argomentazioni sono ripetute nel motivo 3, proponendo la censura non quale vizio in procedendo ex art. 360, n. 4, ma quale vizio in iudicando ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Il motivo 4, ripropone la medesima censura quale vizio motivazionale, esponendo in premessa i principi secondo il quali la Corte di Cassazione ha comunque un potere di controllo della motivazione.

I tre motivi non meritano accoglimento: in primo luogo perchè il ricorso non supera i rilievi del tribunale circa le anomalie della produzione in primo grado e il colpevole mancato rideposito in appello. In secondo luogo perchè la parte ricorrente non ha in alcun modo illustrato, al fine di dimostrarne la decisività, il contenuto dei documenti asseritamente mancanti senza sua colpa in sede di appello.

Giova in proposito ricordare che: “Se al momento della decisione della causa risulti la mancanza di taluni atti da un fascicolo di parte, il giudice è tenuto a disporne la ricerca o, eventualmente, la ricostruzione solo se sussistano elementi per ritenere che tale mancanza sia involontaria, ovvero dipenda da smarrimento o sottrazione. Ove, pur in presenza di tali elementi, il giudice ometta di disporre la ricerca o la ricostruzione degli atti mancanti, tale omissione può tradursi in un vizio della motivazione, ma la parte che intenda censurare tale vizio in sede di legittimità ha l’onere di richiamare nel ricorso il contenuto dei documenti dispersi e dimostrarne la rilevanza ai fini di una decisione diversa.”(Sez. 3, n. 18237 del 03/07/2008).

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso.

Ratione temporis non è applicabile il disposto di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile tenuta il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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