Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16212 del 09/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 09/07/2010, (ud. 19/05/2010, dep. 09/07/2010), n.16212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26685/2006 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA MARIANNA

DIONIGI 43, presso lo studio dell’avvocato CANONACO LUCIANA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FERRARI Vincenzo, giusta delega

a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI COSENZA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 100/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANZARO, depositata il 1/ 28/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

19/05/2010 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.P. impugnò gli avvisi si accertamento ICI notificatigli dal Comune di Cosenza per gli anni 1995/1997 relativamente ad un terreno ricadente in area edificabile di PRG. Sostenne che gli avvisi non erano idoneamente motivati; che il terreno non era edificabile in concreto; che una parte di esso gli era stata espropriata nel 2002 per una valore unitario inferiore a quello posto a base dell’imposizione. Con successiva memoria illustrativa eccepì che il Comune era decaduto dalla pretesa tributaria D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 11. L’ente impositore resistette in giudizio. La CTP respinse il ricorso. Il contribuente propose appello. La CTR della Calabria ha accolto in parte l’impugnazione, annullando l’avviso relativo al 1995 e le sanzioni irrogate. Il M. impugna la sentenza d’appello con quattro motivi. Il Comune di Cosenza non si è difeso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, ex art. 360 c.p.c., n. 3. Si sostiene che la CTR non avrebbe potuto dichiarare inammissibile l’eccezione di decadenza proposta con la memoria illustrativa relativamente agli anni 1999 e 2000 sul rilievo che essa non era contenuta nel ricorso introduttivo, giacchè “La eccezione di prescrizione … non da luogo ad un ampliamento della materia … in quanto essa è insita nel fatto già rappresentato, sicchè essa non può essere inquadrata ed assoggettata al limite previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24”.

Il motivo è infondato. In materia di diritti disponibili, prescrizione e decadenza non possono rilevarsi d’ufficio (artt. 2938, 2969 c.c.). Perchè il fatto estintivo entri a far parte della materia processuale non basta pertanto che siano dedotti i presupposti temporali dell’eccezione, ma occorre che la parte manifesti in modo inequivoco la volontà di avvalersene.

Col secondo motivo è dedotta “Violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3”. Si osserva che “il giudice del gravame ha ritenuto infondato il lamentato vizio di motivazione dei provvedimenti impositivi sostenendo che … è necessario e sufficiente che l’avviso enunci il criterio astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore salvo, poi, restando, in sede contenziosa, l’onere dell’Amministrazione di provare gli elementi di fatto giustificativi del quantum accertato e la facoltà del contribuente di dimostrare l’infondatezza della pretesa anche in base a criteri non utilizzati per l’accertamento”. Il motivo di ricorso prosegue rilevando che la CTR – dopo aver osservato che il Comune aveva chiarito di aver applicato i parametri di valutazione approvati con la Delib. Consiglio Comunale n. 74 del 1998 – aveva concluso “che l’atto impositivo – contrariamente a quanto lamentato – conteneva quella sufficiente motivazione sugli elementi necessari della pretesa azionata”. Tale giudizio, a parere del ricorrente, sarebbe erroneo, perchè l’assolvimento dell’obbligo della motivazione avrebbe richiesto che i parametri di valutazione applicati fossero stati richiamati nell’atto impositivo.

Il motivo è inammissibile perchè non riproduce il tenore letterale dell’atto di accertamento di cui critica il giudizio di sufficienza, non consentendo a questa corte di verificare il fondamento della censura. La idoneità della motivazione dell’atto impositivo che richiami il criterio astratto applicato nella valutazione del bene, riservandone alla eventuale sede contenziosa la prova dei concreti presupposti di applicazione, e del resto affatto pacifico nella giurisprudenza di questa corte (4108/2002, 21151/2005, 24193/2006, 1150/2008).

Col terzo motivo si deduce “Insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5). Si lamenta che il Giudice del gravame abbia respinto la doglianza con la quale era stato lamentato che il Comune aveva attribuito al terreno del ricorrente, in sede impositiva, un valore superiore a quello attribuitogli qualche anno dopo in sede di espropriazione.

La doglianza è infondata perchè la denunciata incoerenza logico giuridica della motivazione non sussiste. La CTR ha osservato che il D.Lgs. n. 504 del 1992, formula per la valutazione dei terreni edificabili da porre a base della liquidazione dell’ICI dei criteri diversi da quelli stabiliti dalla legge sulle espropriazione. Su tale presupposto (che il ricorrente non critica sotto il profilo della violazione di legge) la sentenza ha coerentemente ritenuto che fosse “giuridicamente infondata la tesi dell’appellante secondo cui il terreno in questione – in base all’accertamento del Comune edificabile – debba essere valutato ai fini della base imponibile secondo il valore di esproprio”.

Col quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2 (art. 360 c.p.c., n. 3). Si insiste nella tesi che il terreno in questione, ancorchè compreso in area edificabile dal PRG, non avrebbe potuto, in concreto, utilizzarsi, negli anni in riferimento, a scopo edilizio perchè non era ancora stato approvato un piano di lottizzazione.

Il motivo è infondato. E’ stato ormai ripetutamente chiarito che, in base all’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), (fornita dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248), ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile ICI fondato sul valore venale, l’edificabilità di un’area deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. (Cass. S.U. 25506/2006, Sez. 5^, 25676/2008).

Va dunque respinto il ricorso, senza decisione in punto spese giacchè il Comune non si è difeso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2010

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