Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16209 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 10/06/2021), n.16209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28392/2014 R.G. proposto da:

CO.IM. CONSULENZA IMMOBILIARE S.A.S., in persona del legale

rappresentante p.t., F.M., C.E., rappresentati e

difesi dall’Avv. Maurizio Villani, domiciliati presso la Cancelleria

della Corte;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania, n. 4380/15/2014 depositata il 5 maggio 2014, non

notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 12 novembre 2020

dal consigliere Pierpaolo Gori.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania veniva parzialmente accolto l’appello incidentale proposto dalla società Co.Im. Consulenza Immobiliare S.a.s. e dai soci F.M. e C.E. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Benevento n. 153/2/2013 la quale, a sua volta, aveva riunito e parzialmente accolto i ricorsi dei contribuenti avverso tre avvisi di accertamento per IRPEF, IRAP, Addizionali Regionali ed IVA 2006 emessi in dipendenza di operazioni ritenute inesistenti.

– La CTR riteneva così di confermare la legittimità dell’impianto delle riprese nei confronti della società e di maggior reddito di partecipazione nei confronti dei soci, per costi non riconoscibili in riferimento ai rapporti intercorsi tra la società contribuente e la ditta Elettronica Costa di B.M. per l’anno di imposta. Tuttavia, alla luce della documentazione offerta dai contribuenti circa i pagamenti, il giudice d’appello riduceva ulteriormente l’entità della ripresa, già ridotta in primo grado rispetto agli atti impositivi in Euro 310.000,00, ad Euro 155.000,00.

– Avverso la decisione propongono ricorso i contribuenti, affidato a due motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso; l’Agenzia delle Entrate propone inoltre ricorso successivo, da qualificarsi come incidentale, per due motivi, cui replicano i contribuenti con controricorso. Da ultimo i contribuenti depositano memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Preliminarmente va rilevata la tardività del controricorso a ricorso principale proposto dall’Agenzia e, per l’effetto, non se ne tiene conto essendo inammissibile.

– Sempre in via preliminare, va dato atto dell’eccezione di giudicato esterno sollevata dai contribuenti nella memoria autorizzata, in relazione a decisione definitiva della CTR (n. 1114/27/2019 pubblicata il 7 febbraio 2019 – e quindi successiva alla proposizione del ricorso per cassazione-), la quale nondimeno non può trovare accoglimento. E’ vero che quella sentenza, passata in giudicato, qualifica le operazioni tra la ditta Elettronica Costa di B.M. e la contribuente come soggettivamente inesistenti e riconosce l’assenza in capo a quest’ultima di consapevolezza della frode per l’anno 2007. Nondimeno, non si tratta solo di diverso anno di imposta, ma va considerato che le riprese riguardano tributi erariali e in particolare l’IVA, tributo armonizzato, i presupposti dei quali vanno accertati anno per anno. Inoltre, il tipo delle operazioni contestate, inesistenti, necessariamente richiede un accertamento sulle modalità concrete di compimento o meno delle stesse nel caso di operazioni oggettivamente inesistenti e, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti anche in merito all’elemento soggettivo, elementi di fatto che non possono ritenersi di per sè coperti dalla forza espansiva del giudicato invocato (cfr. Cass. Sez. U. n. 13916 del 2016). Infine, nel caso di specie le riprese traggono origine da un controllo a tavolino e, dunque, sulla base degli elementi evidenziati agli atti è anche da escludere che vi sia un p.v.c. unitario che ricostruisca i fatti summenzionati come potenzialmente comuni ai diversi periodi di imposta.

– Tanto premesso, i due ricorsi, qualificati rispettivamente come principale per i contribuenti ed incidentale per l’Agenzia sulla base della priorità di notifica, ma entrambi diretti a censurare in via autonoma la sentenza d’appello con doglianze in parte speculari, possono essere esaminati congiuntamente.

– Con il primo motivo di ricorso principale – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. -, i contribuenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la CTR erroneamente rigettato la doglianza di ultrapetizione da loro posta all’attenzione del giudice d’appello.

– Con il primo motivo di ricorso incidentale – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. -, l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 21, e dell’art. 2697 c.c., per erronea applicazione dei principi vigenti in materia di riparto dell’onere probatorio in tema di operazioni inesistenti.

– I motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi. In via preliminare i contribuenti nel controricorso eccepiscono l’inammissibilità del primo motivo di ricorso incidentale, in quanto facente genericamente riferimento all’inesistenza delle operazioni contestate citando giurisprudenza soprattutto relativa ad operazioni oggettivamente inesistenti, mentre le riprese riguarderebbero esclusivamente operazioni soggettivamente inesistenti.

– L’eccezione e il primo motivo di ricorso principale vanno disattese. La CTR, nell’identificare il motivo di appello dei contribuenti in cui la sentenza di primo grado sarebbe stata pronunciata ultra petita, precisa che – nella prospettazione della parte – ciò sarebbe avvenuto “in quanto lo stesso ufficio accertatore avrebbe ritenuto non una inesistenza oggettiva o una sovrafatturazione, ma semplicemente una inesistenza soggettiva” (cfr. p.4 sentenza) e la doglianza è espressamente rigettata dal giudice d’appello. La Corte osserva inoltre come il fatto che le riprese riguardino operazioni non solo soggettivamente ma anche oggettivamente inesistenti è riscontrato anche dal passaggio dell’atto impositivo emesso nei confronti della società riprodotto alle pagg.12 e 13 del controricorso dei contribuenti. In tale brano dell’avviso di accertamento si legge chiaramente che gli elementi offerti dalla parte in sede di contraddittorio anteriore alla notifica dell’avviso, secondo l’Agenzia, non avevano una rigorosa valenza esimente nè rispetto alle operazioni di inesistenza oggettiva, nè a quelle di sovrafatturazione, e lasciavano inequivocabilmente ritenere l’inesistenza soggettiva delle operazioni contestate. Dunque, le operazioni alla base delle riprese sono state contestate da entrambi gli angoli, come soggettivamente e come oggettivamente inesistenti.

– Il primo motivo di ricorso incidentale è inoltre fondato. In punto di onere della prova in caso di riprese per operazioni soggettivamente inesistenti, va rammentato che “In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 9851 del 20/04/2018 – Rv. 647837 – 01; conforme Sez. 5 -, Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018 – Rv. 651004 – 01).

– Diversamente, quando le riprese sono per operazioni oggettivamente inesistenti, va rammentato che “una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale. un’operazione fittizia.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 17619 del 05/07/2018, Rv. 649610 – 01).

– Orbene, nel caso in esame la sentenza nelle argomentazioni in diritto successive all’esposizione dei motivi di appello non distingue affatto tra operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, e il riparto dell’onere della prova che discende da tale confusione non è intelleggibile. In ogni caso, certamente non è rispettoso dei principi di diritto che precedono con riferimento alle operazioni contestate come soggettivamente inesistenti: sia in quanto la CTR omette ogni riferimento all’elemento soggettivo, il quale è soddisfatto anche in caso di mera conoscibilità dell’inesistenza dell’operazione, e deve essere provato dall’Agenzia; sia in quanto omette ogni riferimento alla prova liberatoria ai fini della diligenza massima esigibile ad un operatore accorto, rimessa alla parte.

– Con il secondo motivo di ricorso incidentale l’Agenzia lamenta – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 -, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 53, con conseguente nullità della sentenza e del procedimento, sotto un duplice profilo, per non essersi la CTR pronunciata: a) sul motivo di appello in cui l’Agenzia lamentava la mancata prova da parte della società contribuente della buona fede del cessionario in relazione all’inesistenza delle operazioni; b) sul difetto dei requisiti per l’ammissione dei costi a deduzione, circostanza contestata indipendentemente dall’inesistenza delle operazioni relative, oggetto di appello.

– In via preliminare, i contribuenti hanno eccepito l’inammissibilità del motivo, da un lato ritenendo non necessaria la pronuncia sulla buona fede in relazione alle operazioni contestate e, dall’altro, ritenendo comunque pretestuoso il motivo per l’infondatezza nel merito della prospettazione dell’Agenzia. Le eccezioni vanno scrutinate unitamente alla disamina del motivo che è fondato, per quanto di ragione.

– In relazione alla contestazione delle operazioni come soggettivamente inesistenti, sulla base dei principi giurisprudenziali sopra ampiamente richiamati, l’elemento soggettivo è parte del contenuto della prova che dev’essere soddisfatta dall’Agenzia. Inoltre, sul motivo di appello in cui l’Agenzia riteneva non vi fossero i requisiti sostanziali per l’ammissione dei costi a deduzione – indipendentemente dall’inesistenza delle operazioni relative – e riprodotto per autosufficienza alle pagg.17 e 18 del ricorso, il giudice d’appello non si è pronunciato. Infine, tale questione non è prima facie pretestuosa come ritengono i contribuenti in controricorso dal momento che, in fatto, la sua decisione richiede accertamenti riservati al giudice del merito sulla base della valutazione del quadro probatorio.

– L’accoglimento del ricorso incidentale e, in particolare, del secondo motivo di ricorso, determina la nullità della sentenza, e reca con sè l’assorbimento del secondo motivo di ricorso principale, con il quale a sua volta i contribuenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..

– In conclusione, accolto il ricorso incidentale, rigettato il primo motivo di ricorso principale ed assorbito il secondo motivo di ricorso principale, la sentenza va cassata con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.

PQM

La Corte accoglie il ricorso incidentale, rigettato il primo motivo di ricorso principale, assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.

Sussistono i presupposti processuali per l’applicazione, nei confronti della ricorrente principale, del raddoppio del contributo, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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