Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16206 del 10/06/2021
Cassazione civile sez. trib., 10/06/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 10/06/2021), n.16206
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20463/2014 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con
domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente –
contro
C.B., rappresentato e difeso giusta delega in atti dall’avv.
Bernardo Cartoni con domicilio eletto in Roma, via Eleonora
d’Arborea n. 30, presso il ridetto difensore;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del
Veneto, sez. staccata di Mestre n. 94/08/14 depositata il
20/01/2014, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del
12/11/2020 del Consigliere Roberto Succio.
Fatto
RILEVATO
che:
– con la sentenza impugnata la CTR rigettava sia l’appello principale dell’Amministrazione Finanziaria sia l’appello incidentale del contribuente e quindi confermava la pronuncia di primo grado che aveva accolto parzialmente il ricorso dichiarando legittimo l’atto impugnato, avviso di accertamento per IRPEF, IRAP ed IVA 2005 nei limiti dell’imponibile di Euro 39.000 oltre al dichiarato;
– ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a un solo motivo; il contribuente resiste con controricorso ed ha altresì depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che:
– il solo motivo di ricorso censura la sentenza di secondo grado per violazione e/o falsa a applicazione dell’art. 2697 c.c. anche in relazione all’art. 2724 c.c. in combinato con la L. n. 212 del 2000, art. 10, per avere la CTR erroneamente ritenuto giustificata la condotta del contribuente in forza delle difficoltà da questi incontrate nel reperimento della documentazione, difficoltà portate dalla tempistica e dalle modalità di esecuzione della verifica e delle indagini finanziarie in assenza di una vera causa di forza maggiore;
– il motivo è inammissibile;
– invero, da pag. 19 a pag. 28 l’Agenzia delle Entrate riepiloga e trascrive il contenuto dell’atto di appello, con il quale svolgeva le sue difese sostenendo analiticamente per ciascuna operazione finanziaria la rilevanza ai fini impositivi;
– successivamente, a pag. 29, censura poi -la sentenza impugnata svolgendo le proprie critiche ‘alla stessa in quanto la CTR avrebbe erroneamente ritenuto giustificata la mancata prova da parte del contribuente in ordine alla irrilevanza o alla correttezza delle operazioni finanziarie in difetto di una situazione di forza maggiore e sulla base di un impegno alla collaborazione da parte dell’Ufficio;
– la ragione di inammissibilità deriva dal mancato collegamento della censura con la ratio decidendi; la CTR ha invero ritenuto che la documentazione posta a base della decisione e comprovante le ragioni del contribuente sia stata “in gran parte prodotta in sede processuale” (ultima pag. primo periodo della sentenza); pertanto, a fronte degli elementi probatori addotti dall’Ufficio, la CTR ha ritenuto che la prova contraria fornita dal contribuente abbia prevalso, il che è affermazione diversa e anzi opposta dal ritenere – come sostiene parte ricorrente che la CTR abbia scusato per causa di forza maggiore il mancato adempimenti dell’onere di dar prova contraria;
– si tratta evidentemente di un accertamento in fatto non più suscettibile di riesame in questa sede di Legittimità e comunque la sentenza non risulta scalfita dall’impugnazione operata con il motivo così articolato;
– va poi esaminato il controricorso del contribuente, il quale pone la questione all’applicazione alla presente controversia dello ius superveniens (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 34209 del 20/12/2019) in forza del mutamento normativo prodotto da una pronuncia d’illegittimità costituzionale;
– detta statuizione impone, anche nella fase di cassazione, la non applicazione della norma dichiarata illegittima dal giudice delle Leggi e l’applicazione della disciplina risultante dalla decisione anzidetta;
– ne deriva che, ove la nuova situazione di diritto obiettivo prodotta dalla sentenza d’incostituzionalità, nella specie la pronuncia Corte Cost. n. 228 del 2014 in tema di presunzione legale del maggior reddito desumibile dalle risultanze dei conti bancari D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32, comma 1, n. 2, riferite, quanto ai prelevamenti, ai soli titolari di reddito di impresa, e, quanto ai versamenti, a tutti i contribuenti, richieda come nel presente caso accertamenti di fatto non necessari alla stregua della precedente disciplina, questi debbono essere compiuti in sede di merito;
– a tal fine, ove il processo si trovi nella fase di cassazione deve disporsi il rinvio della causa al giudice di appello;
– sul punto, quindi, la causa va rimessa al giudice a quo perchè proceda a nuovo giudizio riesaminando la fattispecie nella fase di merito alla luce della pronuncia della Corte costituzionale sopra richiamata della quale dovrà fare applicazione con riguardo ai prelevamenti oggetto di contestazione unitamente ai conseguenti principi di diritto elaborati da questa Corte.
P.Q.M.
pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata nei limiti di cui in motivazione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, che provvederà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021