Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16199 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2021, (ud. 15/09/2020, dep. 10/06/2021), n.16199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28115/2016 R.G. proposto da:

ROMA CAPITALE, in persona del sindaco rappresentato e difeso dagli

Avv.ti Domenico ROSSI ed Antonio CIAVARELLA dell’Avvocatura

Capitolina, con domicilio eletto in Roma, via Tempio di Giove, n.

21, presso i difensori, nei locali della Avvocatura Capitolina;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO DELLE SUORE DI MARIA CONSOLATRICE, in persona del legale

rappresentante e Preside G.C., elettivamente domiciliata

in Roma presso lo studio legale Santacroce-Procida-Fruscione, via

Giambattista Vico 22, Roma, di fronte alla CTR Lazio;

– intimato –

avverso la sentenza della C.T.R. Lazio sez. 04, n. 2402/0/16

depositata il 27 aprile 2016.

Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 15 settembre

2020, dal Consigliere RAFFAELE MARTORELLI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

L’Istituto delle Suore di Maria Consolatrice ricorreva avverso l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Roma per omesso versamento dell’imposta ICI dell’anno 2009 relativamente agli immobili specificamente indicati negli avvisi.

Preliminarmente, l’Istituto religioso eccepiva la nullità dell’avviso per carenza di motivazione e per la mancata allegazione degli atti richiamati negli avvisi attributivi della rendita catastale; nel merito sosteneva di aver diritto all’esenzione D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 7, comma l lett. i), in quante l’immobile, sito in (OMISSIS), era la sede della Casa Generalizia dell’ordine delle Suore di Maria Consolatrice e Collegio Universitario Maria Consolatrice; l’immobile sito in (OMISSIS), era invece adibito ad asilo nido, scuola di infanzia e scuola primaria.

Si costituiva ritualmente Roma Capitale chiedendo il rigetto del ricorso e, in riferimento all’invocata esenzione D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 7, per l’unità immobiliare sita in (OMISSIS), censito in Catasto al (OMISSIS), faceva presente che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1 lett. i), statuiva che, per aver diritto all’esenzione, gli immobili dovevano essere destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali e sportive e all’attività di culto; in quest’ultimo caso, era necessario che l’attività svolta non avesse esclusivamente natura commerciale.

Nel caso di specie, non era in discussione la natura religiosa dell’Ente ma l’insussistenza dell’elemento oggettivo, in quanto anche se l’attività era annoverabile tra quelle potenzialmente esenti, veniva, comunque, esercitata in forma di attività commerciale. Infatti, per l’accoglienza degli ospiti nella struttura alberghiera esisteva una specifica organizzazione a ciò preposta e per l’alloggio era previsto il pagamento di corrispettivi che non potevano definirsi “rette sociali” (il costo di una camera singola era pari ad Euro 50,00, quello di una doppia pari ad Euro 70,00).

Con riferimento all’immobile sito in (OMISSIS), l’Ufficio evidenziava che era stato già considerato esente dall’imposta. Per quello di (OMISSIS), (adibito a scuola privata paritaria) riteneva che l’Istituto religioso non avesse fornito documentazione idonea a giustificare il riconoscimento dell’esenzione, in quanto il conto economico depositato da ricorrente istituto era da ritenersi completamente inattendibile.

La Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza n. 146/23/15, respingeva il ricorso proposto dall’Ente religioso rilevando che la documentazione allegata al ricorso non soddisfaceva i requisiti richiesti sia dal D.P.R. n. 504 del 1992, art. 7, sia dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87.

Infatti, l’immobile sito in (OMISSIS)Etruschi(OMISSIS) era adibito a casa per ferie e collegio universitario e l’offerta era rivolta a chiunque volesse soggiornare nella città di Roma, mentre, per rientrare nell’agevolazione in esame, l’accoglienza avrebbe dovuto essere mirata a garantire soluzioni abitative per bisogni speciali, quali pensioni per parenti malati ricoverati in ospedali distanti dalle proprie residenze, comunità di alloggio, centri di accoglienza ecc. Stesso discorso valeva anche per l’immobile sito in (OMISSIS)Govone(OMISSIS) adibito a scuola privata paritaria; la ricorrente non aveva dimostrato la sussistenza delle le condizioni che giustificavano il riconoscimento dell’esenzione.

La Commissione Tributaria Regionale con sentenza n. 2402/16, accoglieva parzialmente l’appello con esclusivo riferimento all’immobile di (OMISSIS)Govone(OMISSIS).

Secondo i giudici di appello, in via (OMISSIS) si trovava un nido d’infanzia e una scuola primaria, per cui andava riconosciuta l’esenzione in quanto edificio destinato esclusivamente allo svolgimento di attività didattiche non aventi “esclusivamente natura commerciale”. Anche perchè, diversamente da quanto indicato nell’impugnato avviso di accertamento, si trattava di scuola privata paritaria.

Ricorreva innanzi a questa Corte, ROMA Capitale che deduceva:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. (rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.).

Secondo il ricorrente era illegittima la sentenza impugnata che aveva ritenuto la sussistenza del requisito per l’esenzione, invertendo l’onere della prova e ponendo a carico dell’Amministrazione l’onere di provare la destinazione d’uso degli immobili in contestazione, mentre era onere del soggetto interessato dare dimostrazione della sussistenza dei presupposti per il godimento del beneficio di esenzione dell’imposta.

2) Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7 comma 1, in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., e delle norme connesse e/o correlate (rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.).

Sul punto, rilevava il ricorrente come la giurisprudenza di legittimità prima e il legislatore poi, avessero aderito ad un’interpretazione restrittiva dell’art. 7, lett. i), integrandone i contenuti e vincolando l’agevolazione a una condizione non contemplata nell’originario testo di legge. Occorreva, pertanto, l’utilizzazione dell’immobile con la destinazione esclusiva dello stesso allo svolgimento delle attività indicate dall’art. 7, in attività che non avessero esclusivamente natura commerciale. Più precisamente, la destinazione del bene doveva avere come oggetto una delle attività elencate e, nella pratica, doveva coincidere con la verifica dell’effettivo ed esclusivo utilizzo degli immobili per una di quelle attività, senza che questa presentasse profili di lucro o caratteri di commercialità. Il termine “esclusivamente” implicava, infatti, che l’esenzione non potesse applicarsi qualora, anche una parte dell’immobile posseduto, fosse stato destinata ad attività diverse da quelle previste dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) (come ad esempio, l’attività didattica gestita imprenditorialmente, che contrastava con le finalità previste dalla citata norma, nonchè quella amministrativa, organizzativa, affari generali etc. facenti capo all’Istituto religioso.

La contribuente non si costituiva.

Diritto

RITENUTO

che:

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi. Essi sono fondati.

Questa Corte (cfr. Cass. civ. sez V, n. 4066 del 12.2.2019) ha avuto modo di chiarire, con articolata e condivisibile decisione, che deve tenersi conto della decisione 2013/284/UE della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, che nel valutare se il D.Lgs. n. 504 del 1992 art. 7 comma 1, lett. i), in tema di esenzione ICI, nelle sue diverse formulazioni succedutesi nel tempo, concretizzasse una forma di aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione, ha precisato che anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato. La Commissione ha osservato che, anche laddove un’attività abbia una finalità sociale, questa non basta da sola a escluderne la classificazione di attività economica.

E’ necessario, quindi, al fine dell’esclusione del carattere economico dell’attività, che quest’ultima sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico. (Da ultimo Cass. Sez. 5 – n. 6795 del 11/03/2020).

Devono, pertanto, ritenersi irrilevanti – ed invero apodittiche ai fini tributari- le argomentazioni con le quali la CTR ha escluso la commercialità dell’attività esercitata nell’immobile di cui è causa, basandosi esclusivamente sulle indicazioni fornite dalla Circolare del Ministero delle Finanze n. 2/1) del 20/1/2009 e rilevando che, trattandosi di attività di “scuola privata paritaria”, andava applicata l’esenzione in quanto “destinato allo svolgimento di attività didattiche non aventi esclusivamente natura commerciale”; essendo, altresì, necessario verificare la gratuità di tali attività ovvero che gli eventuali importi versati fossero, per la loro entità, simbolici o comunque inidonei a costituire una retribuzione del servizio prestato in quanto notevolmente inferiori ai costi di gestione.

Tanto giustifica l’accoglimento del ricorso con cassazione della sentenza e con rinvio al giudice di merito per un nuovo esame del fatto, nei termini indicati.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

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