Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16197 del 26/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16197 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 3972-2012 proposto da:
RICCI

ANTONIO

RCCNTN44H22F655A,

elettivamente
(

domiciliato in ROMA, LARGO STRINDBERG 39, presso lo
studio dell’avvocato MAMMONE BRUNO, che lo rappresenta
e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

AZIENDA USL ROMA C,

in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA SILVIO PELLICO, 42, presso lo studio
dell’avvocato MONTARSOLO ARMANDO, che lo rappresenta e
difende giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controri corrente –

LL

Data pubblicazione: 26/06/2013

avverso la sentenza n. 2382/2011 della CORTE D’APPELLO
di ROMA del 29/03/2011, depositata il 04/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 20/05/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. ANTONIO IANNIELLO;
l’Avvocato

Mammone

Bruno

difensore

del

ricorrente che insiste per l’accoglimento del ricorso
e chiede il rinvio alla P.U.;
udito l’Avvocato Montarsolo Armando difensore della
controricorrente che si riporta agli scritti ed
insiste per la infodatezza del ricorso;
è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO
VELARDI che nulla osserva.

udito

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 20
maggio 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:
“Dopo aver ottenuto dal Tribunale di Roma, con sentenza in data 9 novembre 2000, passata in giudicato, la reintegrazione nelle mansioni precedenti

al 23 luglio 1999, quando la datrice di lavoro ASL Roma C lo aveva dequalificato, senza peraltro ottenere l’effettiva assegnazione di compiti adeguati sicché si era risolto a chiedere ed ottenere il trasferimento alla ASL Roma D
dall’I novembre 2001, Antonio Ricci, deducendo di aver subito, a causa delle
descritta situazione, un danno economico, quanto al trattamento retributivo tra
il settembre 1999 e il giugno 2002 nonché un danno biologico e un danno morale, ne aveva chiesto con ricorso del 22 aprile 2002 il risarcimento.
Con sentenza del 2005, l’adito Tribunale di Roma aveva dichiarato nulla la domanda relativa al danno economico (e accolto le domande di risarcimento dei danni morale e biologico).
Antonio Ricci non aveva impugnato la sentenza nel capo dichiarativo
della nullità della domanda di danno economico, che aveva riproposto con altro ricorso ex art. 414 c.p.c. avanti al Tribunale di Roma, che l’aveva accolta
unicamente con riguardo al periodo dal settembre 1999 al 31 ottobre 2001
(successivamente il ricorrente era stato trasferito alle dipendenze di altra ASL)
e con esclusione delle voci relative al compenso per lavoro straordinario e
all’indennità per i turni di reperibilità.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 5 maggio 2011,
ha confermato tale sentenza, seppure con motivazione diversa quanto alle richieste relative al lavoro straordinario e ai turni di reperibilità.
In particolare, per quanto riguarda la domanda per il periodo successivo
al 31 ottobre 2001, la Corte territoriale ha escluso ogni responsabilità della appellata e rilevato che l’originario ricorrente non aveva tempestivamente allega1

to e dimostrato che le conseguenze negative sul piano retributivo scaturenti dal
demansionamento si fossero riverberate anche sul trattamento economico successivo al trasferimento.
Anche con riguardo alle due voci retributive indicate, la Corte d’appello
ha rilevato l’assenza di prova della continuità di tali corresponsioni prima della dequalificazione e quindi ha ritenuto non configurabile apprezzabile perdita

economica per effetto di essa.
Avverso tale sentenza Antonio Ricci propone ricorso per cassazione,
notificato il 30 gennaio 2012 e affidato a cinque motivi.
La AUSL Roma C resiste alle domande con rituale controricorso.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le modifiche
e integrazioni successive, in particolare, quelle apportate dalla legge 18 giugno
2009 n. 69.
Il relatore formula le seguenti osservazioni.
Il primo motivo di ricorso lamenta il fatto che la Corte abbia valutato
come risarcitoria e non retributiva la sua domanda.
Il motivo è inconcludente in senso proprio, in quanto non conduce in
concreto ad alcuna conseguenza favorevole per il ricorrente sul piano del giudizio.
Il secondo motivo lamenta la mancata valutazione da parte della Corte
di alcune considerazioni svolte dal Ricci nell’atto di appello, peraltro costituenti, a ben vedere, divagazioni sul diritto alla retribuzione in caso di reintegrazione nelle precedenti mansioni, diritto che la Corte non ha mai negato al
ricorrente, riconoscendone la integrale debenza, per la parte ritenuta provata,
in sede di accoglimento della domanda risarcitoria (e che fosse onere del ricorrente di provare quale fosse la sua retribuzione precedente è certo, contrattuale
o extra contrattuale che sia la responsabilità della ASL attivata nel presente
giudizio).

2

Col terzo motivo viene invocato il principio di non contestazione in ordine non a fatti, principali o secondari, affermati dall’attore e non contestati
dalla convenuta, ma a mere difese svolte dalla società in primo grado o, al
massimo, a deduzioni in fatto tratte dal ricorrente in maniera piuttosto audace
da mere difese della società e pertanto con deduzione non pertinente.
Il fatto da dedurre e provare, secondo la Corte d’appello, era del resto la

continuità nella erogazione delle due voci indicate prima della dequalificazione e un tal fatto non appare desumibile neppure alla stregua delle argomentazioni e rilevi del ricorso per cassazione.
Col quarto e col quinto motivo, il ricorrente ricorda che in primo grado
la ASL si era costituita tardivamente sicché andava dichiarata decaduta e comunque essa aveva unicamente eccepito la mancata prestazione dello straordinario dopo il luglio 1999. Pertanto il giudice non avrebbe dovuto introdurre
d’ufficio la necessità per il ricorrente di provare il regime retributivo anteriore
alla dequalificazione.
Premesso che l’eventuale contumacia della parte convenuta non esonera
l’attore dall’onere probatorio che su di lui grava (nel caso in esame relativamente alla inclusione, in maniera consistentemente continuativa, nello stipendio antecedente alla dequalificazione del compenso per lavoro straorinario e
dell’indennità di reperibilità), la Corte territoriale ha già rilevato che in primo
grado la convenuta, come consentitole anche se costituita tardivamente, aveva
svolto mere difese, non incidenti sulla decisione, né il ricorrente appare in
grado di sostenere vittoriosamente il contrario.
In base alle considerazioni svolte, il relatore formula una proposta di valutazione di manifesta infondatezza del ricorso, chiedendo che il Presidente
della sezione voglia fissare la data dell’adunanza in camera di consiglio, per
un giudizio su tale proposta.”

3

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.
Il ricorrente ha depositato una memoria e con una ulteriore nota del 6
maggio 2013 ha segnalato che i propri fascicoli di parte si riferiscono ad un
cassazione.
La Corte ne prende atto, anche ai fini di cui all’art. 369, secondo comma
n. 4) c.p.c.
Il Collegio condivide il contenuto della relazione, sul quale la memoria
depositata dal ricorrente non incide in maniera decisiva.
In particolare, quanto alla deduzione del ricorrente di definita acquisizione dei fatti di percezione del compenso per il lavoro straordinario e
dell’indennità di reperibilità nel periodo antecedente al 23 luglio 1999, per effetto della pretesa mancata contestazione della ASL, va ribadito che non sono
questi i fatti che secondo la Corte territoriale fonderebbero il diritto azionato,
quanto piuttosto la continuità della relativa percezione non dedotta e provata
dal ricorrente.
Concludendo, il ricorso va pertanto respinto con le normali conseguenze
in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio, effettuato, unitamente
alla relativa liquidazione, in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla resistente le spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in € 50,00 per esborsi
ed € 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2013
Il Presidente

giudizio e ad una sentenza diversa da quella oggetto del presente ricorso per

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