Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16197 del 10/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2021, (ud. 15/09/2020, dep. 10/06/2021), n.16197

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18789/2014 R.G. proposto da:

ROMA CAPITALE, in persona del sindaco M.I. rappresentato e

difeso dagli Avv.ti Domenico ROSSI ed Antonio CIAVARELLA

dell’Avvocatura Capitolina, con domicilio eletto in Roma, via Tempio

di Giove, n. 21, presso i difensori, nei locali della Avvocatura

Capitolina;

– ricorrente –

contro

R.S. ed O.I., rappresentati e difesi dall’Avv.

Alessia Cascioli, con domicilio eletto in Roma, via Farnese, n. 7,

presso lo studio del difensore;

– controricorrente –

avverso la sentenza della C.T.R. Lazio sez. 28, n. 2714/28/14

depositata il 30 aprile 2014.

Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 15 settembre

2020, dal Consigliere RAFFAELE MARTORELLI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con sentenza n. 424/28/12 del 22.11.2012 la CTP di Roma respingeva, previa loro riunione, i ricorsi proposti da R.S. e O.I. avverso gli avvisi di accertamento e liquidazione ICI per gli anni 2005 (per complessivi Euro 5.932,28) e 2006 (complessivi Euro 6.458,82) emessi dai Comune di Roma in relazione al terreno edificabile sito in (OMISSIS) distinto in catasto al (OMISSIS), accertamenti con i quali era stato accertato il mancato pagamento della suddetta imposta per la suddetta area edificabile di cui i ricorrenti erano proprietari ognuno per il 50%. Secondo la CTP, dagli atti non emergeva la asserita natura di pertinenza dell’area in questione, mentre il frazionamento catastale e la rivalutazione richiesta nell’anno 2006 apparivano come funzionalizzate ad una futura possibile vendita.

La CRT di Roma accoglieva l’appello dei contribuenti. Rilevavano i giudici del gravame che, in tema di imposta comunale sugli immobili, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, fondava l’attribuzione della qualità di pertinenza sui criterio fattuale e cioè sulla destinazione effettiva e concreta della cosa ai servizio od ornamento di un’altra, secondo la relativa definizione contenuta nell’art. 817 c.c., senza che potesse rilevare l’eventuale intervenuto frazionamento dell’area posta al servizio di un edificio, avente esclusivo rilievo formale.

Ricorreva innanzi a questa Corte, il Comune di Roma che deduceva:

1) Violazione del D.lgs. n. 504 del 1992, art. 10, in combinato disposto con l’art. 14 bis Reg. del Comune di Roma (rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Secondo il ricorrente la sentenza impugnata era illegittima per violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, in combinato disposto con l’art. 14 bis Reg. del Comune di Roma, nella parte in cui aveva affermato che le.’ qualità di pertinenza si fondava su un criterio fattuale e cioè sulla destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio ed ornamento di un’altra cosa, secondo la relativa definizione contenuta nell’art. 817 c.c., in quanto i contribuenti non avevano mai provveduto a denunciare nella dichiarazione ICI il carattere pertinenziale del terreno. Infatti, solo con tale comunicazione, si instaurava il rapporto tra contribuenti ed Amministrazione sul piano del tributo comunale. Pertanto, l’omessa indicazione della natura pertinenziale dell’immobile comportava che quest’ultimo dovesse essere tassato in regime ordinario.

2) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per omesso esame della questione della mancata indicazione del carattere pertinenziale nella dichiarazione ICI.

I contribuenti si costituivano con controricorso e depositavano, successivamente, memoria per l’udienza. Il P.G. depositava memoria, concludendo per la inammissibilità o il rigetto del ricorso.

Diritto

RITENUTO

che:

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi.

Essi sono infondati poichè la CTR, con valutazione in fatto, ha accertato il vincolo di pertinenzialità. Come rilevato dai contribuenti, il terreno di cui di discute, prima del frazionamento avvenuto il 24.7.2006 non era catastalmente separato, ma costituiva un’unica particella (censito al (OMISSIS)) nella quale insistevano, come si evinceva dalla documentazione fotografica, sia l’immobile principale che i due box in ferro. La dichiarazione ICI iniziale, presentata nell’anno 1993, aveva riguardato l’intera particella n. (OMISSIS), risultando il terreno (privo di una autonoma identificazione catastale) descritto come “bene comune non censibile (corte)” e definito, anche catastalmente, come pertinenza. Peraltro, dal 1993 al 2003 non era stato mai notificato alcun avviso di accertamento ICI.

Inoltre, il fatto che il terreno, di cui si tratta, fosse stato scorporato catastalmente dall’originario unico mappale nel 2006, a mezzo di frazionamento, è irrilevante per gli anni in esame (2005-2006), sia perchè successivo, sia perchè, soprattutto, la classificazione catastale risulta, di per sè, irrilevante; infine perchè la denuncia originaria presentata nel 1993 prevedeva l’unicità del mappale e la conseguente pertinenzialità all’abitazione del terreno di cui si tratta.

Il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 4, che prevede l’obbligo di effettuare la dichiarazione Ici in caso di modificazione degli elementi dichiarati precedentemente, non risulta applicabile nel caso di specie, poichè l’unico elemento rilevante (la destinazione pertinenziale in fatto) non è mutato. Non può, infatti, ritenersi mutamento (suscettibile di creare l’obbligo di una nuova dichiarazione), la mera variazione catastale che lasci immutato lo stato di fatto, ovvero la stabile destinazione del terreno edificabile a pertinenza dell’abitazione.

In tal senso, questa Corte (Cass. n. 27573/2018), con orientamento del tutto condivisibile, ha ritenuto che ciò a cui deve farsi riferimento è il criterio oggettivo e fattuale, ossia la destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio ed ornamento di un’altra in applicazione dell’art. 817 c.c. (non essendo prevista una nozione tributaria di pertinenza) e quello soggettivo consistente nella volontà di dar vita ad un vincolo di accessorietà, senza che rilevi la “graffatura” catastale che ha esclusivo rilievo formale, sicchè anche in tale ipotesi rimane a carico del contribuente l’onere di provare la ricorrenza in concreto dei predetti presupposti. (Cass. 18470/16).

Da ultimo si veda, Cass. n. 13742 del 22/05/2019, secondo cui in tema di ICI, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, nell’escludere l’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, fonda l’attribuzione della qualità di pertinenza sul criterio fattuale correlato alla destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio o ornamento di un’altra, in conformità all’art. 817 c.c., con la conseguenza che, per qualificare come pertinenza di un fabbricato un’area edificabile, è necessario che intervenga un’oggettiva e funzionale modificazione dello stato dei luoghi che sterilizzi in concreto e stabilmente lo “ius aedificandi” e che non si risolva, quindi, in un mero collegamento materiale, rimovibile “ad libitum”.

Nel caso in esame, si ribadisce che il giudice di merito ha motivato sul merito, cioè sul fatto che, dai dati emersi, era risultato provato che il contribuente aveva, in concreto, assolto all’onere (mediante produzione di foto, piantine del terreno e perizia, unitamente a copiosa documentazione) di provare la persistente condizione pertinenziale del terreno rispetto all’immobile principale, pur a seguito dell’avvenuto frazionamento del terreno. In particolare dalla perizia e dalla complessiva documentazione versata in atti, risultava che l’area in questione non era catastalmente separata dal compendio catastale, comprensivo sia dell’immobile principale, che dei due box in ferro destinati a pertinenza dell’immobile principale.

Il ricorso va pertanto respinto. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2.200,00, oltre spese forfettarie ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2021

 

 

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