Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16193 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/06/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 09/06/2021), n.16193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3194-2020 proposto da:

PELAGIC FISHERIES CORPORATION, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI,

43, presso lo studio dell’Avvocato VINCENZO SCORSONE, che la

rappresenta e difende unitamente all’Avvocato CARLO CIGOLINI;

– ricorrente –

contro

PICC PROPERTY AND CASUALTY COMPANY LIMITED, INDIA INTERNATIONAL

INSURANCE PTE LTD, in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE G MAZZINI 88, presso lo

studio dell’Avvocato RAFFAELE SPERATI, che li rappresenta e difende

unitamente all’Avvocato CORRADO BREGANTE;

– controricorrenti –

per regolamento di competenza avverso il decreto n. R.G. 2590/2019

del TRIBUNALE di TREVISO, depositato il 17/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 19/01/2021 dal Consigliere Dott. GIAIME GUIZZI

STEFANO;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del

SOSTITUTO PROCURATORE DOTT. CARDINO ALBERTO che chiede che codesta

Suprema Corte voglia rigettare il proposto regolamento di

competenza, confermando il provvedimento di sospensione.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

– che la società Pelagic Fishering Corporation (d’ora in poi, “Pelagic”) ha proposto, sulla base di otto motivi, ricorso per regolamento di competenza avverso il decreto n. 25201/19, del 17 dicembre 2019, con cui il Tribunale di Treviso, nel procedimento RG 2590/19, ha disposto la sospensione, per litispendenza internazionale, del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo instaurato nei confronti dell’odierna ricorrente da India International Insurance Pte Ltd e a Picc Property and Causality Company Limeted (d’ora in poi, rispettivamente, “India” e “Picc”);

– che essa riferisce, in punto di fatto, di aver adito con due distinti ricorsi per ingiunzione il giudice trevigiano, sul presupposto di essere proprietaria ed armatrice della naufragata motonave “(OMISSIS)”, per conseguire dalle proprie assicuratrici, e tra esse India e Picc, l’indennizzo dovutogli in forza di un contratto di coassicurazione concluso tramite il broker genovese Auscomar S.r.l.;

– che emesso – dopo che un primo provvedimento monitorio, adottato nei confronti delle società Generali Italia S.p.a., SIAT Società Italiana Assicurazioni e Riassicurazione p.A., Starstone Insurance Services Limited e Swiss Re International Se, era stato dalle stesse opposto – decreto ingiuntivo anche a carico di India e Picc, proposta anche da costoro opposizione ex art. 645 c.p.c. (tardivamente, secondo l’odierna ricorrente, nel caso di Picc,), il giudice unico incaricato della trattazione dei giudizi, disattendendo il provvedimento con cui il Presidente del Tribunale di Treviso, ravvisate ragioni di connessione tra le cause e disposto che esse fossero trattate innanzi al medesimo giudicante per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza, provvedeva nei termini suindicati;

– che l’adito giudicante, omesso ogni altro provvedimento, disponeva la sospensione del processo di opposizione ai sensi dell’art. 31, comma 2, del Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2012, n. 1215/2012, avendo le compagnie assicuratrici separatamente instaurato, dinanzi alla Hight Court di Londra, una controversia avente a oggetto la legittimità della pretesa creditoria di Pelagic, fondata sul rilievo che nelle cd. cover notes dalle stesse sottoscritte si sarebbe prevista la giurisdizione esclusiva dell’autorità giudiziaria inglese;

– che tale provvedimento di sospensione è stato fatto oggetto di ricorso ex art. 42 c.p.c., sulla base – come detto – di otto motivi, i primi due proposti nei confronti di Picc, il terzo verso India, tutti gli altri verso entrambe (in subordine ai primi due motivi, per quanto riguarda Picc, ed in via alternativa al terzo motivo, per quanto riguarda India);

– che, con il primo motivo, la società ricorrente censura l’impugnato provvedimento per avere il Tribunale di Treviso erroneamente omesso di rilevare il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo nei confronti di Picc, ex art. 347 c.p.c. (avendo essa proposto opposizione oltre il termine di legge), sicchè, da un lato, non potrebbe porsi neppure astrattamente il problema di stabilire se sussista la litispendenza o se la competenza a provvedere spetti all’autorità giudiziaria italiana o a quella inglese, nonchè, dall’altro, che un’eventuale decisione dell’Hight Court londinese non sarebbe riconoscibile in Italia, ai sensi dell’art. 45, comma 1, lett. c), del già citato reg. UE 1215/2012, proprio perchè incompatibile con il giudicato costituito dal provvedimento monitorio “de quo”;

– che il secondo motivo – proposto subordinatamente al primo -denuncia l’errore di diritto in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato nell’affermare la necessità dell’instaurazione del giudizio di opposizione, da parte di Picc, per ottenere la caducazione del decreto ingiuntivo sul presupposto che lo stesso non gli fosse stato notificato (mentre essa avrebbe potuto, o meglio dovuto, chiedere solo l’emissione di un’ordinanza di inefficacia ex art. 188 disp. att. c.p.c.), escludendo che tale comportamento abbia implicato una proroga tacita della giurisdizione ai sensi dell’art. 26, comma 1, del reg. UE 1215/2012, con conseguente impossibilità di fare applicazione dell’art. 31, comma 2, dello stesso regolamento e di disporre la sospensione per litispendenza internazionale;

– che il terzo motivo denuncia l’errore di fatto in cui sarebbe incorso il Tribunale per la mancata considerazione della espressa previsione, nella cover note firmata da India, della giurisdizione italiana in concorso con quella inglese;

– che il quarto motivo censura il provvedimento impugnato per non aver nè rilevato l’inesistenza di alcun accordo, concluso tra le parti contraenti, in ordine all’indicazione del giudice inglese quale titolare esclusivo della giurisdizione sulla controversia in esame, nè constatato l’assoluto difetto di prova “prima facie” della sussistenza di un patto di giurisdizione valido, efficace e opponibile, volto a sottrarre la competenza giurisdizionale all’autorità giudiziaria italiana, e ciò in quanto le cd. cover notes, oltre a costituire atti unilaterali, emessi dai soli assicuratori e/o per loro conto dal broker, con funzione di semplice comprova documentale del contratto concluso, presentavano carattere “postumo”;

– che con il quinto motivo, proposto in via subordinata rispetto al quarto (e, dunque, per l’ipotesi in cui si riconoscesse l’esistenza di un effettivo accordo intervenuto sulla giurisdizione inglese), la ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione degli artt. 1341,1363 e 1367 c.c., per avere il Tribunale di Treviso interpretato lo stesso – ancorchè si trattasse una “clausola aggiunta” rispetto alle previsioni della “Polizza Camogli”, con la quale le parti avevano accettato la giurisdizione italiana – non come destinato a derogare solo all’esclusività di detta giurisdizione;

– che con il sesto motivo, proposto in via subordinata rispetto al quarto e al quinto, la società ricorrente censura il provvedimento impugnato per avere il Tribunale di Treviso erroneamente omesso di rilevare la nullità della (eventuale) convenzione delle parti sulla giurisdizione inglese, atteso il suo evidente conflitto con la concorrente previsione, contenuta nella già richiamata “Polizza Camogli”, indicante il giudice italiano quale autorità avente giurisdizione sul rapporto controverso;

– che con il settimo motivo, proposto in via subordinata rispetto al quarto, al quinto e al sesto, si contesta il provvedimento impugnato per avere erroneamente ritenuto che essa Pelagic rivestisse la qualità di parte del contratto di assicurazione oggetto di contestazione (concluso, invece, da Auscomar), anzichè di terza beneficiaria dell’indennità assicurativa, con la conseguente inopponibilità di un’eventuale clausola di giurisdizione esclusiva convenuta in favore dell’autorità giudiziaria inglese;

– che, infine, con l’ottavo motivo, la società ricorrente censura il provvedimento impugnato per avere il Tribunale di Treviso erroneamente omesso di rilevare la sopravvenuta inapplicabilità dell’art. 31, comma 1, del reg. UE 1215/2012 a seguito della cd. “Brexit”, ovvero dell’intervenuto recesso del Regno Unito dall’Unione Europea;

– che hanno resistito all’impugnazione – con la medesima memoria – Picc e India, eccependo anche, sotto vari profili, l’inammissibilità della stessa;

– che è intervenuto il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, in persona di un suo sostituto, concludendo, per iscritto, per il rigetto del proposto regolamento;

– che le parti private hanno depositato ulteriore memorie, allegando, in particolare, Picc e India, il provvedimento con cui, in data 18 maggio 2020, l’Hight Court di Londra ha dichiarato di avere competenza esclusiva a conoscere delle controversie relative al contratto di assicurazione corrente “inter partes”;

– che, dunque, le predette società hanno concluso affinchè questa Corte voglia dichiarare il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che in via preliminare deve rilevarsi che analogo regolamento di competenza è stato proposto dall’odierna ricorrente in relazione al provvedimento con cui il Tribunale trevigiano ha sospeso, con la medesima motivazione, il giudizio di opposizione a diverso decreto ingiuntivo emesso, sempre in favore di Pelagic, a carico degli altri (co)assicuratori, ovvero le società Generali Italia S.p.a., SIAT Società Italiana Assicurazioni e Riassicurazione p.A., Starstone Insurance Services Limited e Swiss Re International Se;

– che, tanto premesso, va anche in questa sede rimarcata la corretta scelta, da parte della società Pelagic, del regolamento di competenza quale strumento impugnatorio;

– che, infatti, essa è avvenuta in conformità all’orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di litispendenza internazionale, l’ordinanza con cui il giudice successivamente adito sospende il processo finchè quello adito per primo non abbia affermato la propria potestà di “ius dicere”, non involge alcuna questione di giurisdizione ma, invece, si risolve nella verifica dei presupposti di natura processuale inerenti l’identità delle cause e la pendenza del giudizio instaurato preventivamente, e dunque la legittimità della disposta sospensione, sicchè avverso tale provvedimento dev’essere esperito non già il regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41 c.p.c., bensì il regolamento necessario di competenza di cui al successivo art. 42 c.p.c. (Cass. Sez. Un, sent. 22 dicembre 2017, n. 30877, Rv. 646736-01, nonchè la citata Cass. Sez. 6-3, ord. 21 aprile 2021, n. 9863);

– che così delimitato il “thema decidendum”, il primo motivo di ricorso si presenta non fondato, dal momento che la verifica del passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo, nei confronti di Picc, deve ritenersi estranea, in quanto tale, all’oggetto dell’odierno esame della Corte di cassazione, che investe solo la legittimità del provvedimento di sospensione e, conseguentemente, la verifica dell’effettiva sussistenza dei presupposti per la sua emissione (così anche Cass. Sez. 6-3, ord. n. 9863 del 2021, cit.);

– che, peraltro, nel caso che occupa, il provvedimento monitorio ha formato oggetto di tempestiva opposizione – diversamente da quanto è allegato essere avvenuto per Picc – da parte di India, sicchè quantomeno in relazione ad essa il Tribunale trevigiano era tenuto a verificare la sussistenza dei presupposti della sospensione del giudizio per litispendenza internazionale;

– che pur essendo innegabile, come riconosciuto da tempo da questa Corte, anche nella sua più autorevole composizione (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 12 luglio 2005, n. 14546, Rv. 581986-01), “che il decreto ingiuntivo non opposto si configuri come provvedimento giurisdizionale idoneo, in difetto di opposizione”, ovvero, di tempestiva opposizione, “ad acquistare autorità ed efficacia di cosa giudicata sia sul punto della regolarità formale del titolo sia sull’altro dell’esistenza del credito”, resta inteso che tale efficacia va affermata (e, di riflesso, circoscritta) “tanto in ordine all’oggetto che ai soggetti del rapporto”, essendo il giudicato “ancorato alla identità soggettiva ed oggettiva” risultante dal provvedimento (così, in motivazione, Cass. Sez. 1, sent. 13 giugno 2000, n. 8026, Rv. 537542-01);

– che, pertanto, in conformità con il disposto dell’art. 2909 c.c., secondo cui l’efficacia soggettiva del giudicato è limitata alle parti (o ai loro eredi e aventi causa), il Tribunale non avrebbe potuto esimersi dal pronunciare la sospensione del giudizio, una volta ravvisate le condizioni per l’operatività della litispendenza ex art. 31, comma 2, del reg. UE 1215/2012, atteso che al dedotto giudicato risultava comunque estranea la posizione di India;

– che, d’altra parte, l’avvenuto passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo, quanto alla posizione di Picc, non sarebbe stato rilevabile “prima facie” dal Tribunale trevigiano, potendo un simile rilievo avvenire solo con la sentenza resa all’esito del giudizio;

– che, infatti, allorquando “venga proposta l’opposizione a decreto ingiuntivo intempestivamente e sia seguita da costituzione tempestiva” (tale è dedotta essere l’ipotesi che occupa), “oppure venga proposta tempestivamente, ma sia seguita da una costituzione tardiva dell’opponente, non sussiste la possibilità della formulazione da parte del creditore della richiesta ai sensi dell’art. 647 c.p.c., che si deve intendere limitata o alla mancanza di opposizione o alla mancanza di costituzione dopo l’opposizione”, sicchè “nelle suddette ipotesi, l’efficacia del decreto è la stessa dei casi di mancanza dell’opposizione o di mancata costituzione, ma, essendosi comunque incardinato il processo in contraddittorio, la definizione del giudizio deve avvenire con la sentenza (ferma la possibilità della concessione della provvisoria esecutività al decreto ai sensi dell’art. 648 c.p.c.), in quanto l’opposizione dev’essere dichiarata rispettivamente inammissibile o improcedibile d’ufficio nel presupposto che sul decreto ingiuntivo si è formato un giudicato interno, configurandosi il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo come ulteriore sviluppo della fase monitoria” (Cass. Sez. 3, sent. 6 giugno 2006, n. 13252, Rv. 590667-01);

– che per tale ragione, dunque, non fondata è anche l’altra censura in cui si articola il primo motivo di ricorso, ovvero quella secondo cui la pronuncia dell’High Court londinese – che nel ricorso si indicava come ancora “in fieri”, ma che è poi sopravvenuta nelle more del giudizio innanzi a questa Corte – non sarebbe riconoscibile in Italia, ai sensi dell’art. 45, comma 1, lett. c), del già citato reg. UE 1215/2012, perchè incompatibile con il giudicato costituito dal provvedimento monitorio “de quo”, dal momento che il rilievo del giudicato risulta, come detto, solo l’esito del giudizio ex art. 645 c.p.c.;

– che neppure il secondo motivo di ricorso – che censura il provvedimento impugnato per non aver ravvisato nella iniziativa assunta da Pricc (per ottenere la caducazione del decreto ingiuntivo, sul presupposto della sua mancata notifica) una proroga tacita della giurisdizione ai sensi dell’art. 26, comma 1, del reg. UE 1215/2012, con conseguente impossibilità di fare applicazione dell’art. 31, comma 2, dello stesso regolamento – risulta fondato;

– che come già osservato da questa Corte – cfr., di nuovo, Cass. Sez. 6-3, ord. n. 9863 del 2021, cit. – deve trovare applicazione il principio stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza 13 luglio 2017, in C-433/16, Bayerische Motoren Werke AG contro Acacia S.r.l., su sollecitazione proprio di questa Corte (cfr. Cass. Sez. Un., ord. interi. 27 luglio 2016, n. 15539, Rv. 640797-01), secondo cui “la contestazione della competenza del giudice adito impedisce la proroga qualora la parte ricorrente e il giudice adito siano messi in grado di comprendere, fin dal primo atto difensivo del convenuto, che esso mira a negare la competenza”, lo stesso principio valendo “nel caso in cui il primo atto difensivo contenga, oltre alla contestazione della competenza del giudice adito, domande riguardanti il merito della controversia”, sicchè “il fatto che il convenuto contesti senza ambiguità, nel suo primo atto difensivo, la competenza del giudice adito impedisce la proroga di competenza di cui all’art. 24, primo periodo, del regolamento n. 44/2001”, essendo “irrilevante che tale contestazione sia o meno l’unico oggetto del suddetto primo atto difensivo”;

– che, peraltro, in senso contrario, non potrebbe addursi la circostanza che la pronuncia della Corte di Lussemburgo è stata emessa in relazione al diverso art. 24, primo periodo, del Regolamento CE del Consiglio del 22 dicembre 2000, n. 44/2001, giacchè essa non incide sulla relativa “ratio decidendi” e alla sua attinenza con la questione oggetto del presente ricorso, tenuto conto dei rapporti di connessione tra il suddetto reg. CE n. 44/2001 e il reg. UE n. 1215/2012, espressamente riconosciuti dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. Sez. Un., ord. 30 settembre 2016, n. 19473, Rv. 641093-01), secondo cui “l’art. 24 del Regolamento CE del Consiglio n. 44/2001, del 22 dicembre 2000 (così come l’art. 26 del Regolamento UE del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1215/2012, del 12 dicembre 2012, che, dal 10 gennaio 2015, l’ha sostituito riproducendone il contenuto) va interpretato nel senso che il giudice adito deve dichiararsi competente qualora il convenuto si costituisca in giudizio e non sollevi un’esplicita eccezione di difetto di competenza giurisdizionale, poichè tale costituzione configura una fattispecie di proroga tacita della giurisdizione”;

– che nel caso di specie, non essendo neppure contestato tra le parti l’avvenuta espressa negazione della giurisdizione del giudice italiano da parte delle società opponenti (a prescindere dal rapporto di pregiudizialità istituito tra l’eccezione di difetto di giurisdizione e quella relativa al difetto di notificazione a Picc del decreto ingiuntivo), deve escludersi l’avvenuta tacita accettazione della giurisdizione italiana, da parte dell’attrice in opposizione, e con essa l’implicita rinuncia a far valere l’eventuale difetto di giurisdizione del giudice italiano;

– che tutti i restanti motivi di impugnazione – ad eccezione dell’ottavo, che non è comunque fondato (come si dirà) – sono, invece, inammissibili;

– che essi, lungi dal mettere in discussione la legittimità della disposta sospensione, si sostanziano in censure volte tout court a contestare la giurisdizione dell’autorità giudiziaria inglese, o quantomeno l’esclusività della stessa;

– che, invero, all’impugnazione dei provvedimenti di sospensione per litispendenza internazionale – come non mancano di ricordare pure le odierne resistenti – resta estranea “la funzione assegnata al regolamento di giurisdizione dall’art. 41 c.p.c.” (ovvero, “quella di “chiedere alle Sezioni unite della Corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione di cui all’art. 37″”), risultando, dunque, evidente come “le doglianze attinenti alla legittimità del provvedimento di sospensione in esame non possano ricondursi in tale ambito, trattandosi di un meccanismo del tutto avulso – salva una mera attinenza procedimentale – dalle tematiche inerenti al riparto fra giurisdizioni, comportando, al contrario, la mera verifica dei presupposti della sospensione, cioè della correttezza o meno dell’indagine circa la prevenzione temporale e sull’identità delle cause, che non si conclude con una pronuncia sulla giurisdizione, riservata, vale bene ribadirlo, esclusivamente al giudice preventivamente adito” (così Cass. Sez. Un, sent. n. 30877 del 2017, cit.);

– che, pertanto, su tali basi è stato ancora di recente rimarcato che il “carattere interinale e non definitivo” dell’eventuale “decisione sulla sospensione affidata al giudice del merito è inconciliabile con la utilizzazione del regolamento preventivo di giurisdizione che, come dice la sua stessa denominazione, è inteso invece a una decisione preventiva e definitiva sulla giurisdizione” (cfr., in motivazione, Cass. Sez. Un., ord. 13 maggio 2019, n. 12638, Rv. 653936-02);

– che l’ottavo motivo, infine, non è fondato;

– che, come già osservato da questa Corte (cfr., ancora una volta, Cass. Sez. 6-3, ord. n. 9863 del 2021, cit.), nel caso di specie trova applicazione la previsione di cui all’art. 67, comma 1, dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna dall’Unione Europea, in base alla quale, “Nel Regno Unito, nonchè negli Stati membri in situazioni che coinvolgano il Regno Unito, ai procedimenti avviati prima della fine del periodo di transizione e ai procedimenti o alle cause connesse ai sensi degli artt. 29,30 e 31 del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio (73), dell’art. 19 del regolamento (CE) n. 2201/2003 o degli artt. 12 e 13 del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio (74), si applicano gli atti o le disposizioni seguenti: 1) a) le disposizioni del regolamento (UE) n. 1215/2012 riguardanti la competenza giurisdizionale”;

– che le disposizioni di cui al suddetto reg. UE n. 1215/2012 sono, dunque, destinate a ricevere applicazione ai procedimenti, come quello presente, avviati prima del periodo di transizione fissato dall’art. 126 del medesimo accordo (“E’ previsto un periodo di transizione o esecuzione che decorre dalla data di entrata in vigore del presente accordo e termina il 31 dicembre 2020”);

– che il ricorso va, dunque, rigettato;

– che, d’altra parte, e per le stesse ragioni illustrate nello scrutinare i motivi di ricorso dal terzo al settimo, neppure è consentito a questa Corte – come richiestole, invece, dalle società resistenti, sul presupposto dell’intervenuta pronuncia, “medio tempore”, dell’autorità giudiziaria inglese, affermatasi competente a decidere – dichiarare il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana;

– che, difatti, l’adozione del provvedimento di cui all’art. 383 c.p.c., comma 3 – ovvero, quello con cui questa Corte cassa senza rinvio la decisione impugnata, quando “riconosce che il giudice del quale si impugna il provvedimento e ogni altro giudice difettano di giurisdizione” – presuppone che essa sia investita della decisione “delle questioni di competenza” (o di giurisdizione), e non di un regolamento di competenza diretto, come nel caso che occupa, ad altro scopo;

– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

– che in ragione del rigetto del ricorso va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, applicandosi il predetto comma 1-quater anche con riferimento al regolamento di competenza, stante la sua natura impugnatoria (Cass. Sez. 6-Lav., ord. 22 maggio 2014, n. 11331, Rv. 630910-01).

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condannando la Pelagic Fishering Corporation a rifondere a India International Insurance Pte Ltd e a Picc Property and Causality Company Limeted le spese del presente giudizio, che liquida, per ognuna, in Euro 10.000,00, più Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

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