Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16188 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 28/06/2017, (ud. 31/05/2017, dep.28/06/2017),  n. 16188

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5029/2014 R.G. proposto da:

N.M., e F.P., rappresentati e difesi dall’Avv.

Augusto Gruzza, del Foro di Piacenza, giusta mandato steso a margine

del ricorso, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv.

Sabrina Battista, alla via Crescenzio n. 58 in Roma;

– ricorrenti –

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena Spa, successore per incorporazione di

Banca Agricola Mantovana Spa, in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco Piselli, in

virtù di mandato conferito in sostituzione di precedenti difensori

con procura notarile, avendo la Banca eletto domicilio presso lo

studio del nuovo difensore, al viale dei Parioli n. 74 in Roma;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 979 della Corte d’Appello di Brescia,

depositata il 23 agosto 2013;

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 maggio

2017 dal Consigliere Paolo Di Marzio.

Fatto

FATTI DI CAUSA

N.M. e F.P. proponevano innanzi al Tribunale di Mantova separate opposizioni, successivamente riunite, avverso decreto ingiuntivo conseguito nei loro confronti solidalmente, per l’importo di Lire 41.888.998, dalla Banca Agricola Mantovana Spa, in conseguenza di vantato saldo passivo di conto corrente bancario cointestato. Per quanto ancora di interesse, gli opponenti contestavano l’inadempimento della Banca nella gestione di rapporti di intermediazione finanziaria e nel compimento di operazioni di riporto non autorizzate, con la conseguenza che il saldo del conto corrente doveva ritenersi invece positivo. Chiedevano perciò in via riconvenzionale condannarsi la Banca al pagamento di somma in loro favore. Il Tribunale, con sentenza n. 1345 del 2005, riteneva parzialmente fondata l’opposizione, accertava il parziale inadempimento della Banca e ricalcolava i rapporti dare – avere tra le parti. Alfine condannava i ricorrenti al pagamento della (minor) somma di Euro 9.016,56 in favore della controparte. N.M. e F.P. ricorrevano in appello e la Corte territoriale, disposto supplemento di c.t.u., in parziale riforma della sentenza appellata, ritenuto accertato il diritto dei ricorrenti in ordine alle operazioni di riporto compiute dalla Banca, che non erano state autorizzate ed avevano provocato pregiudizio patrimoniale, riduceva l’importo a credito della Banca, in relazione al saldo di conto corrente in contestazione, all’importo di Euro 3.678,72.

N.M. e F.P. propongono il proprio ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello di Brescia, affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso la Banca Monte dei Paschi di Siena Spa, successore per incorporazione di Banca Agricola Mantovana Spa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione dell’art. 2697 c.c., i ricorrenti contestano, per vizio di legge ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, le determinazioni della Corte di Appello in materia di stima del pregiudizio sofferto dai ricorrenti a seguito della tardiva esecuzione, da parte della Banca, dell’ordine di vendita del patrimonio mobiliare, impartito dal N. in data 19.6.1990. Osservano i ricorrenti che l’ordine non indicava data di esecuzione e quindi, -secondo la prassi operativa della Banca”, avrebbe dovuto essere immediatamente eseguito. come accertato mediante la deposizione testimoniale resa da una dipendente dello stesso Istituto di credito. La Corte territoriale aveva invece ritenuto di valorizzare indebitamente una missiva del N. alla Banca, inviata l’8.1.1991, pertanto in data ampiamente successiva rispetto a quando l’ordine era stato impartito, che il giudice dell’appello aveva interpretato nel senso che egli avesse ammesso di avere fissato all’intermediario, quale termine per l’adempimento, il 31.7.1990. In conseguenza domandavano il riconoscimento del diritto a conseguire la maggior somma che dalla vendita dei titoli si sarebbe ricavata in data 19.6.1990, rispetto al minore importo che il Consulente tecnico di ufficio aveva stimato che sarebbe stata conseguita qualora l’ordine fosse stato eseguito il 31.7.1990.

1.2. – Con il secondo motivo di ricorso, proposto per violazione ed errata interpretazione di norme di diritto, pertanto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti contestano la decisione della Corte di merito per avere ritenuto inammissibili le loro richieste di tener conto, nel ricalcolare i rapporti dare-avere che avevano condotto alla determinazione del saldo del conto corrente, della necessità di escludere dal calcolo le somme indebitamente pretese dalla Banca per interessi ultralegali, in assenza di specifica pattuizione per iscritto, nonchè quelle ingiustificatamente addebitate dall’Istituto di credito in conseguenza dell’applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori. La Corte d’Appello, confermando le affermazioni del giudice di prime cure, aveva rilevato che in materia di interessi ed anatocismo i ricorrenti non avevano domandato nulla in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, pertanto le successive domande da loro proposte in merito dovevano considerarsi tardive, e perciò inammissibili. Diversamente, la deduzione delle evidenziate nullità da parte degli opponenti il decreto ingiuntivo, in cui assume veste di attore l’Istituto di credito, devono intendersi come eccezioni, e possono pertanto essere proposte anche nel corso del grado del giudizio. In ogni caso, argomentano ancora i ricorrenti, trattandosi di contestazione relativa all’esistenza del fatto costitutivo vantato da controparte, i vizi di nullità ricordati, in considerazione del disposto di cui all’art. 1283 c.c., e art. 1284 c.c., u.c., sono rilevabili anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 c.c..

2.1. – In ordine al primo motivo di ricorso occorre osservare che neppure i ricorrenti invocano una disposizione normativa che imponga all’intermediario finanziario di dare immediata esecuzione all’ordine di vendita di titoli mobiliari. Alla Corte territoriale, inoltre, non appare contestabile neppure il vizio di motivazione. Il giudice dell’appello, infatti, ha motivato ampiamente e con chiarezza sul punto. Ha ritenuto, con motivazione non illogica, di valorizzare alcuni dati di fatto. In primo luogo, non è stato neppure dedotto che all’ordine di vendita fosse stato apposto un termine per l’esecuzione. Con propria missiva dell’8.1.1991, versata in atti e riprodotta in copia nel testo del controricorso, il N. comunicava alla Banca di essersi accordato affinchè, superati i termini perchè la vendita avvenisse nel mese di giugno, la liquidazione dei titoli intervenisse entro la scadenza successiva, cioè il 31 luglio 1990. E’ stata questa la data presa quale punto di riferimento per il calcolo del danno sofferto dai ricorrenti, perchè la liquidazione è avvenuta in epoca ancora successiva al luglio del 1990, e la valutazione della Corte territoriale non merita censure. Del resto la contestazione che esistesse una prassi bancaria che prevedeva l’esecuzione immediata degli ordini di disinvestimento, peraltro fondata non su una norma positiva ma sulla testimonianza resa da una sola dipendente della Banca, si risolve nella richiesta di rinnovare un apprezzamento di fatto, in limiti non consentiti in sede di giudizio di legittimità.

Il motivo di ricorso deve essere pertanto respinto.

2.2. – In ordine al secondo motivo di ricorso, occorre esaminare la fondatezza delle contestazioni mosse dai ricorrenti per avere la Corte d’Appello ritenuto applicabili, nel ricalcolare il saldo del conto corrente, interessi ultralegali non pattuiti nelle forme di legge e con applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori. La Corte d’Appello ha ritenuto che le pretese avanzate dai ricorrenti in merito dovessero essere dichiarate inammissibili, per non essere state proposte nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo che la Banca aveva conseguito nei loro confronti. In proposito merita di essere ricordato che questa Corte ha già avuto modo di evidenziare, proponendo un orientamento condivisibile ed al quale si intende pertanto assicurare continuità, che “è rilevabile d’ufficio, anche in sede di gravame, la nullità, ai sensi dell’art. 1283 c.c., della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente sul saldo passivo di conto corrente bancario, quando il giudice debba utilizzare il titolo contrattuale posto a fondamento della pretesa, come nel giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo che la banca abbia ottenuto”, Cass. sez. 1^, sent. 25.11.2010, n. 23974; essendo stato pure precisato che la nullità è rilevabile d’ufficio, – ai sensi dell’art. 1421 c.c., sia nel giudizio di appello che in quello di legittimità, ove il suo accertamento non implichi l’acquisizione di ulteriori elementi di fatto”, Cass. sez. 1^, sent. 22.3.2011, n. 6518. In materia, la Suprema Corte ha avuto recentemente occasione di precisare pure che “in tema di controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, il giudice, dichiarata la nullità della predetta clausola, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c., deve calcolare gli interessi a debito del correntista senza operare alcuna capitalizzazione”, Cass. sez. 1^, sent. 17.8.2016, n. 17150, proponendo un principio applicabile per analogia di situazione nel presente giudizio. In materia di interessi ultralegali non concordati per iscritto, poi, la Suprema Corte ha rilevato che “l’art. 1284, comma 3,… espressamente prescrive, per la validità della pattuizione di interessi ultralegali, che essi siano determinati per iscritto -, aggiungendo che, in caso diverso, – essi sono dovuti nella misura legale”, Cass. sez. 1^, sent. 23.11.2010, n. 23971. La Suprema Corte ha pure avuto occasione di sancire, in ipotesi analoga a quella in esame, che – la deduzione sull’illiceità degli interessi ultralegali… non avrebbe dovuto essere considerata tardiva dal giudice d’appello, rientrando essa nell’ambito delle mere difese, quale semplice contestazione dei fatti costitutivi dedotti dall’attore”, Cass. sez. 1^, sent. 9.1.2013, n. 350. Devono, quindi, applicarsi – gli interessi al tasso legale sull’importo dovuto”, Cass. sez. 1^, sent. 8.5.2014, n. 9996. Occorre allora ricordare che l’intervenuta applicazione di tassi d’interessi ultralegali in assenza di specifica pattuizione per iscritto, e la calcolata capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, sono dati di fatto che sono stati oggetto di discussione tra le parti, e non si è registrata alcuna contestazione in merito, neppure in sede di controricorso nel presente grado del giudizio.

Poichè i vizi lamentati sono rilevabili d’ufficio, hanno errato i giudici di primo e secondo grado a ritenere inammissibili le deduzioni proposte in merito dai ricorrenti, e la sentenza ora impugnata deve essere, sul punto, cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione, perchè rinnovi il giudizio, attenendosi ai principi innanzi esposti, e provveda anche a regolare le spese del presente grado del giudizio.

PQM

 

La Corte, rigetta il primo ed accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione a quest’ultimo e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione, perchè proceda a nuovo giudizio, e provveda anche alla liquidazione delle spese processuali relative al presente grado.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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