Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16187 del 28/06/2017

Cassazione civile, sez. I, 28/06/2017, (ud. 31/05/2017, dep.28/06/2017),  n. 16187

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. FRAULI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16515/2015 R.G. proposto da:

KOINONIA s.r.L., rappresentata e difesa dall’avv. Rosanna Filomena

Masuri, con domicilio eletto in Roma, via G. Caccini n. 1, presso lo

studio dell’avv. Domenico Dodaro, come da procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DEL COMPRENSORIO DI PORTISCO, rappresentato e difeso

dall’avv. Maurizio de Tilla, con domicilio eletto presso il suo

studio in Roma, via Gramsci n. 36, come da procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari, sezione

distaccata di Sassari, n. 163/14 depositata in data 15 aprile 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 maggio

2017 dal Consigliere Fraulini Paolo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha rigettato l’appello proposto dall’odierna ricorrente avverso la sentenza n. 10/2008 con cui il Tribunale di Tempio Pausania, sezione distaccata di Olbia, aveva respinto la sua opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 235/05 emesso dal Presidente del Tribunale di Tempio Pausania il 14 giugno 2005 su istanza CONSORZIO DEL COMPRENSORIO DI PORTISCO.

2. Il giudice di appello ha rilevato che:

2.1 La circostanza che gli immobili di proprietà dell’odierna ricorrente fossero stati realizzati su parte dei mappali che lo statuto del Consorzio di Portisco ricomprendeva nel comprensorio consortile era circostanza sufficiente a far ritenere sussistente l’obbligazione della ricorrente di corrispondere il relativo contributo consortile, in assenza di allegazione alcuna inerente errori nelle risultanze catastali.

2.2 L’omessa indicazione dell’esistenza di un consorzio nei singoli atti di acquisto degli immobili di proprietà della odierna ricorrente non era essenziale ai fini della partecipazione al consorzio, stante l’incontroversa indicazione della sua esistenza negli atti di acquisto originari, di talchè l’omessa riproduzione nei trasferimenti successivi poteva al più comportare la responsabilità degli ufficiali roganti, ma non certo l’estinzione del vincolo.

3. Avverso tale sentenza KOINONIA s.r.l. ricorre sulla base di quattro motivi, resistiti dal CONSORZIO DEL COMPRENSORIO DI PORTISCO con controricorso. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso lamenta: “art. 360 c.p.c., n. 3: VIOLAZIONE GIUDICATO ESTERNO dato da sent. 323/2011 Corte Appello Cagliari Sez. Dist. Sassari confermata da Sentenza Cass. Sez. 2 n. 19914/2014”. La censura deduce che la sopravvenuta declaratoria di nullità della delibera consortile del 1990 determinativa degli oneri consortili travolgerebbe per illegittimità derivata anche la deliberazione consortile posta a fondamento del decreto ingiuntivo originante la presente controversia.

2. Il secondo motivo di ricorso lamenta: “art. 360 c.p.c., n. 4: NULLITA’ DELLA SENTENZA PER VIOLAZIONE ART. 132 c.p.c.”. La censura si duole della nullità della sentenza impugnata per avere affermato che l’esistenza del consorzio risultava dagli originari atti di acquisto degli immobili di proprietà dell’odierna ricorrente, senza minimamente replicare alle difese contenute nei propri atti, dalle quali emergeva con chiarezza che nessun atto pubblico certificasse l’esistenza del consorzio relativamente agli immobili di sua proprietà. Peraltro la Corte distrettuale avrebbe anche travisato le risultanze probatorie allegate in atti e segnatamente i documenti da 1 a 5 allegati alla memoria ex art. 184 c.p.c. in primo grado, specificamente la scrittura privata datata 1/7/1983, primo atto originario, che non conteneva alcun riferimento al consorzio. Il giudice di appello avrebbe poi invertito l’onere della prova, poichè nella fase di opposizione spettava al Consorzio provare l’appartenenza dei beni della ricorrente al sodalizio, mentre la Corte avrebbe addossato alla ricorrente medesima le conseguenza e dell’omessa prova della non appartenenza al sodalizio.

3. Il terzo motivo di ricorso lamenta: “Art. 360 c.p.c., n. 4: NULLITA’ DELLA SENTENZA PER VIOLAZIONE ART. 132 c.p.c.”. La censura si duole della nullità della sentenza impugnata per avere affermato che il vincolo consortile avesse natura reale e non negoziale, omettendo di valutare le difese svolte dall’odierna ricorrente nel suo atto di appello e nella comparsa conclusionale di appello, con specifico riferimento al riferimento al consorzio contenuto nell’atto del 29 aprile 2003 e in ogni caso omettendo di valutare sia l’ammissibilità della propria produzione documentale in appello sia soprattutto il merito del relativo contenuto, dal quale emergeva la prova dell’estraneità dei propri beni dal perimetro consortile.

4. Il quarto motivo di ricorso lamenta: “Art. 360 c.p.c., n. 4:

NULLITA’ DELLA SENTENZA PER VIOLAZIONE ART. 132 c.p.c.”. La censura si duole della nullità della sentenza impugnata per avere affermato che l’odierna ricorrente non avesse mai contestato che il Consorzio non avesse fornito i servizi oggetto della pretesa monitoria, laddove sia nella memoria depositata in primo grado ai sensi dell’art. 180 c.p.c., sia nelle successive memorie ex art. 183 c.p.c., tale contestazione era stata espressamente formulata.

5. Vanno pregiudizialmente respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal controricorrente.

5.1. Infondata è l’eccezione di tardività del ricorso per scadenza del termine per impugnare.

La sentenza impugnata è stata depositata in data 15 aprile e non 14 aprile 2014, come opina il controricorrente a pag. 6 del controricorso, peraltro contraddicendo quanto indicato nell’epigrafe dello stesso atto, ove indica correttamente la data del 15 aprile.

La sentenza di appello non è stata notificata.

La notificazione del ricorso per cassazione è stata effettuata per mezzo del servizio postale con richiesta depositata in data 1 giugno 2015, come si evince dalla data del timbro apposto sul referto di notifica ex L. n. 53 del 1994, a pag. 15 del ricorso.

Il termine per proporre ricorso per cassazione ha cominciato a decorrere alla mezzanotte del 15 aprile 2014; il termine previsto dall’art. 327 c.p.c., nella fattispecie è di un anno, essendo il presente giudizio iniziato in data 14 giugno 2005, dunque prima del 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della riforma del citato articolo che ha ridotto a sei mesi il termine in questione.

Il termine si computa ex nominatione dierum: quindi scadeva alla mezzanotte del 15 aprile 2015.

A tale termine vanno aggiunti, questa volta ex numeratione dierum, i 46 giorni di sospensione feriale dei termini, intervenuti dal 31 luglio al 15 settembre 2014.

Ne consegue che il termine per la notifica scadeva alla mezzanotte del 31 maggio 2015. Tuttavia, essendo il 31 maggio 2015 una domenica, trova applicazione l’art. 155 c.p.c., comma 4, sicchè il termine scadeva definitivamente alla mezzanotte dl 1 giugno 2015, quando il notificante aveva già richiesto la notificazione del ricorso, così interrrompendo il decorso del termine, a nulla valendo ovviamente la data di ricezione dell’atto da parte del destinatario, posta la scissione temporale dell’efficacia della notificazione tra richiedente e destinatario e la necessità nella specie di tenere conto del solo termine riferibile all’attività del notificante (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9535 del 19/04/2013).

5.2. Infondata è l’eccezione di inammissibilità fondata sulla circostanza che i motivi di ricorso non individuerebbero la norma di diritto che si pretenderebbe violata. Questa Corte ha affermato che per l’ammissibilità del ricorso per cassazione per violazione o falsa applicazione di norma di diritto non è necessaria l’indicazione formalistica delle norme di legge violate, ma è invece necessario che il ricorrente indichi per quale ragione giuridica la decisione impugnata sia in contrasto con la legge e che perciò svolga argomenti dal cui insieme sia consentito alla Corte desumere quali norme o principi di diritto siano violati (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12127 del 02/07/2004; Sez. 3, Sentenza n. 12929 del 04/06/2007; Sez. 3, Sentenza n. 25044 del 07/11/2013). Nella specie la lettura dei singoli motivi di ricorso consente agevolmente di rinvenire i parametri normativi cui si fa riferimento, posto che il primo motivo fa chiaro riferimento al giudicato previsto dall’art. 2909 c.c., laddove gli altri tre motivi deducono specificamente a quali circostanze di fatto collegano la lamentata nullità della sentenza impugnata.

6. Nel merito, il primo motivo è fondato, nei limiti delle considerazioni che seguono.

6.1. Va pregiudizialmente rilevata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del motivo sollevata dal controricorrente sul presupposto che non sarebbe possibile rilevare in Cassazione l’esistenza di un giudicato perchè ciò comporterebbe un accertamento di fatto, precluso dalla natura di legittimità della fase. In realtà questa Corte ha precisato che nel giudizio di cassazione l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato – come nel caso di specie – successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Si tratta infatti di un elemento che non può essere incluso nel fatto in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006). Le stesse Sezioni Unite (Sentenza n. 24664 del 28/11/2007) hanno precisato che il giudicato va assimilato agli elementi normativi, cosicchè la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi; ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (cfr. anche Cass. Sez. U n. n. 11501 del 9/5/2008; analogamente Cass., sez. 1, n. 21200 del 5/10/2009; id. Sez. L. n. 10537 del 30/4/2010).

6.2. Nel merito va rilevato che la sentenza di questa Corte n. 19914 del 2014 ha dato espressamente atto (cfr. pag 4) dell’esistenza di un giudicato tra il Consorzio odierno controricorrente e i consorziati, formatosi in esito alla sentenza n. 62 del 1997 con cui il Tribunale di Tempio Pausania aveva dichiarato la nullità della delibera consortile del 9 agosto 1990 determinativa dei quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea consortile del controricorrente, “con la conseguenza che risultavano invalide tutte le delibere adottate in base alle modifiche statutarie approvate con la delibera dichiarata nulla, compresa quella, tempestivamente impugnata, adottata il 1° agosto 2001.”. Poco oltre (pag. 6) la citata sentenza prosegue argomentando l’irrilevanza della partecipazione di tutti i consorziati a quel giudizio, posto l’effetto espansivo della sentenza di annullamento della delibera consortile anche in favore di tutti i consorziati che non avevano partecipato al giudizio, non vertendosi in ipotesi di litisconsorzio necessario, atteso che oggetto del giudizio era l’annullamento di una deliberazione assembleare e non l’esistenza stessa del consorzio. Ne deriva che appare necessario cassare la sentenza impugnata e rinviare le parti dinanzi al giudice di appello, affinchè si accerti se e in che misura il giudicato eccepito si estende anche alla presente controversia. In particolare occorrerà valutare la fondatezza della deduzione della ricorrente, secondo cui la pretesa fatta valere con il ricorso per decreto ingiuntivo nei suoi confronti, fondata sulla deliberazione consortile del 7 luglio 2004, abbia o meno utilizzato gli stessi quorum adottati dalla deliberazione consortile del 1 agosto 2001, oggetto della pronuncia n. 19914/124 di questa Corte, al fine di stabilire se gli effetti del giudicato si estendano o meno anche al presente giudizio.

7. Gli altri motivi di ricorso sono assorbiti dall’accoglimento del primo, attesa la natura pregiudicante dell’accertamento dell’eventuale applicazione del giudicato esterno al presente processo, rispetto alle ragioni di merito della decisione adottata.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi alla Corte di appello di Cagliari, sez. distaccata di Sassari, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 31 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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