Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16187 del 25/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 25/07/2011, (ud. 19/04/2011, dep. 25/07/2011), n.16187

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 990/2008 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ITALO CARLO

FALBO 22, presso lo studio dell’avvocato COLUCCI ANGELO,

rappresentato e difeso dagli avvocati CAROLI Antonio, SEMERARO

LUCIANO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA TERRE D’APULIA DI BARI, in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CANEVA 51, presso lo studio dell’avvocato DE CESARE LUDOVICO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DE CESARE Corrado, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

e contro

REGIONE PUGLIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2248/2006 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 27/12/2006 r.g.n. 2252/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/2011 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato CAROLI ANTONIO e SEMERARO LUCIANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Bari, il lavoratore in epigrafe, esponeva di essere stato assunto, negli anni 80, come operaio irriguo presso la distinta ed autonoma struttura per i servizi irrigui della Regione Puglia creata, con Delib. Giunta Regionale n. 2351 del 1986, in attesa dell’affidamento di detti servizi ai Consorzi di Bonifica.

Precisava, poi, il ricorrente di essere stato, negli ultimi mesi dell’anno 1993, licenziato e di aver ripreso servizio nel maggio del 1994 fino al successivo mese di luglio, epoca nella quale era passato alle dipendenze del Consorzio di Bonifica Terre d’Apulia a cui erano stati affidati i predetti servizi irrigui.

Tanto premesso, il lavoratore chiedeva dichiararsi – sul presupposto della natura privatistica del rapporto di lavoro e del superamento del termine di 181 giornate lavorative per anno ex ccnl operai agricoli e; quindi, della natura tempo indeterminato del rapporto di lavoro – l’illegittimità del licenziamento intimatogli dalla Regione Puglia, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento del danno, con condanna emessa, in base all’art. 2112 c.c., anche nei confronti del predetto Consorzio.

L’adito giudice, affermata la giurisdizione dell’adita A.G.O. nonchè l’estraneità del Consorzio al rapporto dedotto in lite, accoglieva la domanda, ma la sentenza veniva riformata dalla Corte di Appello di Bari.

La Corte territoriale, confermando la pronunzia quanto alla giurisdizione, riteneva adeguandosi alla giurisprudenza di questa Corte, di accogliere il gravame della Regione e di riformare la pronunzia di primo grado, su rilievo fondante dell’inapplicabilità, ai contratti di lavoro a termine stipulati con la Regione Puglia, della disciplina di cui alla L. n. 230 del 1962 e L. n. 457 del 1972, dovendosi escludere la configurabilità di un’ipotesi di costituzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato in deroga alla regola generale, sancita dall’art. 97 Cost.: della necessità del pubblico concorso.

Avverso questa sentenza il lavoratore ricorre in cassazione sulla base di sette articolate censure.

Resiste con controricorso il Consorzio in epigrafe.

La Regione intimata non svolge attività difensiva. Il ricorrente ha, altresì, depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione degli artt. 75 e 83 c.p.c., in relazione alla L. 22 maggio 1971, n. 349, art. 41, eccepisce l’inammissibilità dell’appello proposto dalla Regione Puglia, prospettando, ex art. 366 bis c.p.c., che, ai sensi del denunciato art. 41 dello Statuto regionale, la costituzione in un giudizio di appello del presidente della Giunta Regionale deve a pena d’inammissibilità essere previamente autorizzata dalla giunta regionale e senza possibilità di successiva sanatoria come ritenuto dalla Corte di Appello.

La censura è infondata.

Infatti, come correttamente osservato dal giudice del gravame, l’autorizzazione a stare in giudizio, richiesta dalla legge per gli enti pubblici, se prodotta in corso di causa, rende regolare il contraddittorio e ratifica l’attività svolta dal difensore, a meno che il giudice di merito non abbia già rilevato la mancanza del presupposto processuale, traendone le debite conseguenze in ordine alla validità dell’atto compiuto in mancanza della delibera (cfr.

Cass. 4 settembre 2001 n. 11391, conforme a Cass. 100045/1993 e 9722/98 nonchè a Cass. 9838/2001). Peraltro, questa Corte ha anche affermato che l’autorizzazione a stare in giudizio da parte del competente organo collegiale, richiesta dalla legge per gli enti pubblici, costituendo requisito, non già di validità, ma di efficacia della costituzione in giudizio dell’ente, rende regolare il contraddittorio e ratifica l’attività svolta dal difensore se prodotta in corso di causa, anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione o per l’opposizione a decreto ingiuntivo, a meno che i giudice del merito non abbia già rilevato la mancanza del presupposto processuale, traendone le debite conseguenze in ordine alla validità dell’atto compiuto in mancanza della delibera (cfr., in tali termini, Cass. 5 ottobre 2006 n. 21413).

Con la seconda critica il ricorrente, allegando violazione degli artt. 112, 416 e 420 c.p.c., nonchè della L. n. 457 del 1972, art. 8 e dell’art. 17 del CCNL per gli operai agricoli ed errata applicazione dell’art. 97 Cost., pone vari quesiti di diritto, con i quali prospetta che: 1. avendo egli sostenuto, in primo grado, di essere stato assunto con contratto privatistico a tempo indeterminato non poteva la Corte ritenere che egli era stato assunto come operaio avventizio in difformità alla documentazione prodotta (libretto di lavoro) ed in mancanza di contestazione da parte della Regione Puglia in primo grado che ebbe a costituirsi tardivamente; 2. essendo egli stato assunto con contratto privatistico senza prefissione del termine da parte di struttura imprenditoriale autonoma distinta dalla Regione Puglia, non può nei suoi confronti operare il divieto di assunzioni a tempo indeterminato di pubblici impiegati regionali; 3.

non essendo il suo rapporto di lavoro occasionale ed essendo qualificato dalla L.R. n. 15 del 1994, come di natura privatistica va ritenuta l’esistenza di una deroga normativa ai principio della configurabilità del rapporto di pubblico impiego, in quanto si svincola dall’inserimento nella struttura istituzionale dell’ente come statuito dalle Sezioni Unite del 14 maggio 1998 n. 4876 e del 15 ottobre 2002 n, 14614, non determinandosi alcun contrasto con il principio di cui all’art. 97 Cost..

La censura non può essere condivisa, in quanto priva di fondamento giuridico.

Non può sottacersi che una chiara e ripetuta affermazione dell’assunzione a tempo indeterminato di un elevato numero di operai in un contesto procedurale finalizzato a ricoprire posti in organico ed a stabilizzare in via definitiva detto personale presso la Pubblica Amministrazione avrebbe potuto legittimare da parte di detta Amministrazione una prova, sia pure indiretta, di una violazione dell’art. 97 Cost..

Devesi poi, osservare che l’affermata natura avventizia del rapporto di lavoro dedotto in giudizio costituisce accertamento di fatto come tale non suscettibile di sindacato di legittimità, se non sotto il profilo del vizio di motivazione che, nella censura in esame, non è dedotto.

A tanto aggiungasi che il richiamo alla documentazione prodotta, a supporto della censurata non correttezza della ritenuta natura a tempo determinato del rapporto di lavoro in questione, sconta la mancata trascrizione nel ricorso, in violazione del detto principio di autosufficienza, del contenuto di tale documentazione.

Risultando intangibile la sentenza impugnata circa l’accertamento della natura temporanea dell’assunzione del ricorrente quale operaio stagionale, rimane travolta l’ulteriore critica, di cui ai precedenti n. 2 e 3, che si fonda sul diverso presupposto della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 414, 416 e 420 c.p.c., in relazione al CCNL 7 novembre 1991 per gli operai agricoli e florovivaisti e violazione della L.R. n. 21 del 1994 – art. 21 e formula conseguente quesito di diritto, domandando se nel rito del lavoro debba considerarsi inammissibile per tardività la pretesa applicabilità, formulata per la prima volta in appello dai convenuto, soccombente in primo grado, di un CCNL – nella specie per gli opera; forestali, in contrasto con quanto pacificamente risultante dagli atti, che attestano, invece, l’applicabilità di un CCNL – nella specie quello per gli “operai agricoli e florovivaisti” -, in contrasto con quanto sostenuto sin dal primo grado da lavoratore ricorrente, e poi stabilito dai Tribunale, che ha ritenuto applicabile un ccnl diverso.

Il motivo è infondato.

Mette conto, in primo luogo, rilevare che la prospettata tardività della costituzione in primo grado del convenuto e, quindi, della assunta conseguente decadenza dalla eccezione dell’inapplicabilità del CCNL invocato dall’attore, è solo asserita e non è suffragata, nel rispetto del richiamato principio di autosufficienza, da alcuna specifica allegazione concernente il mancato rispetto del termine di costituzione.

A tanto aggiungasi che, comunque, anche siffatta questione, non essendo stata trattata specificamente nella sentenza impugnata e non essendo specificato in che termini era stata contestata la avversa deduzione in sede di gravame, va reputata come sollevata per la prima volta solo in sede di legittimità ed è quindi inammissibile.

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 457 del 1972, art. 8, art. 17 del CCNL (1990-1993) per gli operai agricoli e florovivaisti, L.R. n. 26 del 1984, art. 19, L.R. n. 13 de 1988, art. 5, L.R. n. 22 del 1990, art. 47 ed L.R. Pugliese n. 21 del 1994, art. 21, nonchè vizio di motivazione in ordine ad elementi allegati e elementi istruttori acquisiti.

Pone il ricorrente, conseguentemente, vari quesiti con i quali, rispettivamente chiede: 1. se il CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti sia applicabile al caso di specie; 2. se conseguentemente spetti la corresponsione del trattamento salariale per tutti dodici mesi dell’anno; 3. se la Corte del merito, non tenendo conto dei documenti allegati, nonchè delle dichiarazioni testimoniali del teste T.F. – richiamati ai fini dell’applicabilità del CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti ed al fine della qualificazione del rapporto come a tempo indeterminato -, sia incorsa nel vizio di parziale difetto di motivazione; 4. se la Corte di Appello sia incorsa nel vizio di contraddittorietà della motivazione rispetto alle indicate emergenze istruttorie e rispetto ai principi sanciti da Cassa SS.UU., nn. 4876/98 e 14614/2002 “finendo per ritenere del tutto erroneamente di poter parificare la situazione del ricorrente (operaio assunto senza prefissione di termine e rimasto in servizio a tempo indeterminato) alla diversa situazione degli opera (meramente occasionali e saltuari, assunti espressamente per brevi periodi, di cui si erano occupate le sentenza di codesta Suprema corte nn. 4461/04; 5517/04 tutte richiamate e parafrasate).

Il motivo e infondato.

Occorre esaminare, preliminarmente, il dedotto vizio di motivazione in quanto questo investe l’accertamento di fatto concernente l’applicabilità di un diverso contratto – ossia quello per i forestali – e l’assunzione del ricorrente come avventizio.

Orbene, li ricorrente, pur richiamando una molteplicità di documenti vari (circolari, accordi sindacali, lettera di assunzione, note della Regione, ecc.), omette del tutto, in violazione del più volte citato principio di autosufficienza, di trascriverne nel ricorso il relativo testo nè, per alcuni di essi, precisa se siano stati ritualmente prodotti nel giudizio di merito Tanto impedisce qualsiasi sindacato in merito al dedotto vizio di motivazione.

Ne la dichiarazioni del teste T. possono essere, in relazione a quanto trascritto nel ricorso, considerate decisive ai fini di cui trattasi atteso che le stesse non sono riferibili in modo specifico alla posizione del ricorrente.

Tanto comporta che, anche sotto il profilo in esame, la sentenza rimane intangibile per quanto attiene l’accertata assunzione del ricorrente quale operaio avventizio e l’applicabilità del contratto collettivo degli operai forestali.

Ciò determina, altresì, l’infondatezza delle ulteriori critiche movendo i relativi quesiti dai diverso presupposto che, nella specie, trova applicazione il CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti e non si tratta di assunzione a tempo determinato.

Con la quinta censura il ricorrente, deducendo violazione dell’art. 112 c.p.c.: articola tre quesiti di diritto con i quali chiede se la Corte del merito sia incorsa nella violazione del denunciato art. 112, avendo omesso di valutare la prospettazione difensiva secondo la quale costituendo il servizio irriguo- di cui alla Delib. n. 23551 del 1986 – una organizzazione di carattere imprenditoriale, de tutto distinta dalla organizzazione pubblicistica della Regione Puglia, sia da palificare alle aziende autonome e se conseguentemente i rapporti di lavoro instaurati con tale organizzazione devono essere assoggettati, per tale sola ragione, alla disciplina comune prevista per i lavoratori agricoli di cui al CCNL 7 novembre 1991 per gli operai agricoli ed alla Legge Nazionale n 457 del 1972, art. 8.

La censura è infondata.

Non risulta, infatti, che la questione, concernente siffatta prospettazione – e nei termini in cui è stata dedotta con la censura in esame -, sia stata prospettata nel giudizio di secondo grado per replicare alle deduzioni dell’appello avversano, nè il ricorrente allega gli estremi esatti in cui detta argomentazione è stata sottoposta a tale giudice.

Ciò premesso, ragioni di nomofilachia giustificano l’assunto che – come affermato in una fattispecie analoga a quella ora scrutinata – in tema di assunzioni temporanee alle dipendenze della P.A. con inserimento nella organizzazione pubblicistica dell’ente, trovano applicazione le discipline specifiche che escludono la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato anche per i rapporti di lavoro privato, avendo riguardo all’art. 97 Cost., non alla natura giuridica del rapporto, ma a quella dei soggetti, salvo che una fonte normativa non disponga diversamente per casi particolari (così in motivazione Cass. 17 maggio 2006 n. 11533).

Con il sesto motivo, il ricorrente denuncia violazione della L. n. 457 del 1972, art. 8, comma 3, in relazione al CCNL 7 novembre 1991 per gli operai agricoli e florovivaisti. Sostiene, formulando il relativo quesito di diritto, che applicandosi il CCNL denunciato e trattandosi di rapporto di lavoro a tempo indeterminato il licenziamento intimato ad esso ricorrente nel 1993 è illegittimo perchè non sorretto da motivi e cause previsti dalla legge, cosi come stabilito da Cass. n. 11487 del 1992 secondo la quale il completamento dell’opera cui era addetto il lavoratore assunto a tempo indeterminato costituisce giustificato motivo oggettivo solo ove ne sia anche impossibile una diversa utilizzazione.

Il motivo non menta accoglimento.

infatti, la critica muove dal presupposto che si tratti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, mentre tanto è, in ragione delle considerazioni innanzi svolte, escluso dalla sentenza impugnata la quale, come rilevato, è rimasta intangibile in punto di accertata natura temporanea del rapporto di lavoro dedotto in giudizio e d’inapplicabilità del denunciato CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti.

Con la settima censura il ricorrente, allegando violazione dell’art. 2112 c.c., chiede, ex art. 366 bis c.p.c., se va riconosciuto il vincolo di solidarietà, ex art. 2112 c.c., tra Regione Puglia e Consorzio di Bonifica Terre d’Apulia – per avvenuto trapasso di azienda, con i medesimi beni organizzati e il medesimo personale, ed in attuazione della L.R. n. 15 del 1994, anche relativamente ai crediti da lui vantati nei confronti della Regione e riferiti ad epoca antecedente al predetto trapasso di gestione.

La censura deve ritenersi assorbita, risultando infondati i motivi di ricorso che precedono (Cfr. per analogo assorbimento di simili questioni sulla base delle ragioni fondanti la presente decisione:

Cass. 17 maggio 2006 n 11533 cit.).

In conclusione pertanto, il ricorso va rigettato Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nei confronti della parte resistente.

Nulla si deve disporre riguardo alla parte rimasta intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del Consorzio, liquidate in Euro 2.040,00 di cui Euro 2.000,00 per onorario, oltre spese generali, I.V.A., C.P.A.. Nulla per le spese del giudizio di legittimità nei confronti della Regione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2011

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