Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16184 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 28/06/2017, (ud. 24/05/2017, dep.28/06/2017),  n. 16184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13537/2012 proposto da:

M.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in Roma,

Via Po n. 25, presso l’avvocato Samengo Alfredo, rappresentato e

difeso dagli avvocati Alfano Salvatore, De Luca Giuseppe, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica (già

I.A.C.P.) della Provincia di Cosenza – A.t.e.r.p., in persona del

Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via dei Gracchi n. 278, presso l’avvocato Teofili Mario,

rappresentata e difesa dall’avvocato Greco Raffaella, giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

nonchè contro

C.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 400/2011 del TRIBUNALE di COSENZA, depositata

il 12/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/05/2017 dal cons. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale CARDINO ALBERTO che chiede che Codesta Suprema

Corte voglia rigettare il ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Catanzaro ha condannato l’IACP di Cosenza a pagare all’impresa T.L. somme varie in relazione ad un contratto di appalto per la costruzione di alloggi di edilizia economica e popolare, a titolo di saldo lavori e revisione dei prezzi; ha rigettato la domanda riconvenzionale dell’IACP per i danni derivanti dalla cattiva esecuzione dei lavori.

La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza 12 aprile 2011, in accoglimento della riconvenzionale dell’IACP, ha condannato M.M. e C.S. (eredi di Lauro Tullio) al risarcimento dei danni, determinati in Euro 107715,16 e, accertato il credito dell’impresa in complessivi Euro 119902,15, ha condannato l’IACP a pagare la differenza, pari a Euro 12.186,99, oltre interessi.

La Corte ha giudicato tempestiva la denuncia dei vizi e delle difformità dell’opera e ammissibile l’attivazione della garanzia da parte dell’Azienda Territoriale per l’Edilizia Pubblica (già IACP), decorrendo i termini di decadenza e prescrizione dall’accettazione dell’opera, coincidente non con la consegna dell’opera ma con il collaudo, avvenuto in data 30 marzo 1992 (primo lotto) e 26 giugno 1989 (secondo lotto) e non approvato; la Corte ha escluso la possibilità di fare riferimento al collaudo statico in cemento armato, eseguito il 21 maggio 1979, atteso che i vizi riguardavano la copertura dei fabbricati e non le strutture in cemento armato; all’esito della istruttoria compiuta mediante espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, ha ritenuto che la copertura dei fabbricati presentasse vizi e difformità ed ha stimato l’importo necessario per l’adeguamento dell’opera alle previsioni contrattuali e di progetto nonchè alla normativa antisismica.

Avverso questa sentenza M.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi; l’ATERP (Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica) della Provincia di Cosenza ha presentato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione del R.D. n. 350 del 1895, artt. 91 ss. e 102, per avere la sentenza impugnata affermato l’esistenza di vizi e difformità dell’opera sulla base delle indicazioni di una Commissione tecnica istituita dall’ente, i cui accertamenti erano nulli e inopponibili perchè eseguiti senza contraddittorio con l’appaltatore.

Il motivo è inammissibile, perchè introduce una questione non dedotta nel giudizio di merito e, soprattutto, irrilevante ai fini della decisione, fondata sulla base di un’autonoma attività istruttoria che ha indotto la Corte di merito a ritenere sussistenti i vizi lamentati dal committente.

Con il secondo motivo è denunciata la violazione dell’art. 1667 c.c., per avere individuato la decorrenza dei relativi termini senza tenere conto del termine in cui si sarebbe dovuto concludere il procedimento di collaudo (in data 20 agosto e 20 ottobre 1978), nonchè per avere ritenuto che le opere non fossero conformi alle previsioni progettuali e che il collaudo statico delle opere in cemento armato non comprendesse anche la copertura dei fabbricati.

Il motivo è inammissibile in entrambi i profili in cui è articolato: con il primo si introduce la questione della eccessiva durata del procedimento di collaudo che, da un lato, è eccentrica rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, con la quale la domanda di garanzia è stata giudicata tempestiva perchè proposta prima degli atti di collaudo contestati e comunque non approvati e, dall’altro, è nuova perchè non è stata trattata dal giudice di merito nè risulta se e quando gli sia stata sottoposta; con il secondo profilo si invoca una diversa interpretazione di alcuni atti di collaudo, peraltro dal contenuto imprecisato, e si deduce la insussistenza dei vizi dell’opera, invocandosi una revisione del giudizio di fatto riservato al giudice di merito e non sindacabile dal giudice di legittimità.

Con il terzo motivo è denunciata la violazione degli artt. 1374 e 1375 c.c., per avere mal valutato le vicende relative alla definizione del collaudo, dilatatesi in maniera sproporzionata e non per responsabilità dell’appaltatore.

Il motivo è inammissibile per le ragioni evidenziate nel motivo precedente e perchè formulato senza rispettare il canone della specificità del ricorso per cassazione (art. 366, n. 4 e 6, c.p.c.).

Con il quarto motivo è denunciato vizio di motivazione, per non avere i giudici di merito considerato che i fabbricati erano stati sottoposti a collaudo con esito positivo, seppure non approvato dall’ente, ingiustificatamente privilegiando le conclusioni del c.t.u..

Il motivo è inammissibile, risolvendosi anch’esso in una generica e impropria critica di un accertamento di fatto adeguatamente compiuto dai giudici di merito.

In conclusione il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 5600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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