Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16183 del 03/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 03/08/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 03/08/2016), n.16183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9868-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 61/2009 della COMM.TRIB.REG. della Campania, ,

depositata il 25/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALASCIANO che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle entrate ricorre con unico motivo per la cassazione della sentenza della CTR della Campania, n. 61/46/09 dep. il 25 febbraio 2009, che confermando la decisione di primo grado ha rigettato l’appello dell’Ufficio in relazione a impugnazione di avviso di accertamento (per sanzioni derivanti dalla rettifica del maggior reddito d’impresa ai fini Iva, Irpeg, Irap, anno d’imposta 1998, emesso a seguito di processo verbale della Guardia di finanza), notificato a C.S., quale amministratore di fatto della società cooperativa Vittoria a r.l..

In particolare la CTR, pur ammettendo che le dichiarazioni rilasciate da terzi in sede di verifica possano avere valore probatorio senza che ciò contrasti col divieto di prova testimoniale nel processo tributario, ha ritenuto inidonea a provare la qualità di amministratore di fatto del C. l’unica dichiarazione resa dal legale rappresentante della società, Salvatore Pagano, ai verbalizzanti, e dagli stessi considerata “mera ipotesi di veridicità”, disancorata da precisi riscontri.

L’intimato non si è costituito

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate deduce insufficiente e illogica motivazione su un punto decisivo della controversia, costituito dalla mancata considerazione delle risultanze documentali e delle deduzioni dell’Ufficio dalle quali emerge che la qualifica di amministratore di fatto del C. deriverebbe non solo dalla dichiarazione del legale rappresentante della società S.P., cui si fa riferimento nella sentenza impugnata, ma anche dall’effettiva gestione diretta della società da parte del C., desumibile da ulteriori e non esaminate dichiarazioni del P.. La ricorrente, in particolare, riporta in ricorso l’atto di appello, ove erano state rilevate le ingerenze dell’intimato nella gestione della società e il passo del p.v.c. contenente una ulteriore dichiarazione del P..

2. Il motivo è fondato e va accolto.

Per costante orientamento di questa Corte, ai fini della corretta individuazione dell’amministratore di fatto di una società è sufficiente l’accertamento del suo inserimento nella gestione dell’impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società (cfr. Cass. 2586 del 2014, nonchè Cass. n. 28819/08; n. 6719/08; n. 9795/99). I responsabili della violazione delle norme poste a presidio della corretta gestione della società non vanno infatti individuati sulla base della loro qualificazione formale, quanto piuttosto per il contenuto delle funzioni dai medesimi concretamente esercitate. Pertanto, pur in mancanza di una investitura da parte della società, è possibile individuare in un determinato soggetto la figura dell’amministratore di fatto tutte le volte in cui vi sia la prova che le funzioni gestorie, svolte appunto in via di fatto, si concretino in atti che, per la loro natura e non occasionalità, siano sintomatici dell’assunzione di quelle funzioni (cfr. Cass. n. 4045/2016).

Nel caso in esame la Commissione Tributaria Regionale fa rilevare che, come peraltro riconosciuto anche nella sentenza impugnata, le dichiarazioni rilasciate da terzi in sede di verifica possono avere valore probatorio. Pertanto, nel motivare sul punto che “l’unico elemento a carico del contribuente è costituito dalla dichiarazione resa dal Sig. P.S. (amministratore) alla Guardia di finanza in sede extraprocessuale”, ha omesso di considerare l’esistenza di una ulteriore dichiarazione del P., dettagliata e specifica in ordine alle attività svolte dal C., senza in alcun modo motivare in proposito.

3. Il ricorso va pertanto accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche a pronunciarsi sulle spese processuali.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Campania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2016

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