Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1618 del 26/01/2010

Cassazione civile sez. I, 26/01/2010, (ud. 03/06/2009, dep. 26/01/2010), n.1618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in Roma, via SS. Pietro e

Paolo 50, presso l’avv. Vincenzo Mauro, rappresentato e difeso

dall’avv. Palermo Domenico M., del Foro di Catanzaro, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Salerno in data 7 aprile

2006, nel procedimento n. 470/05 R.C.C.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3

giugno 2009 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;

lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del

sostituto procuratore generale, dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso

chiedendo il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto in data 7 aprile 2006 la Corte d’appello di Salerno respingeva il ricorso proposto da C.A. per chiedere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di un importo a titolo di indennizzo per il superamento del termine di ragionevole durata di un processo, dallo stesso C. instaurato davanti al Tribunale civile di Catanzaro in opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti il 28 novembre 1982 e protrattosi fino all’udienza del 19 gennaio 2005, quando la controversia era stata trattenuta in decisione.

A fondamento della decisione, la Corte di merito osservava che l’eccessiva durata del processo era dipesa dalla mera strategia processuale dilatoria delle parti e in particolare del C., come comprovato dalla lunga serie di rinvii disposti ad istanza di parte, non potendosi neppure far luogo, per la prevalenza dell’accertata strategia, a detrazioni di carattere temporale, che presupponevano comunque la presenza di più cause di ritardo, fermo restando che la violazione della ragionevole durata non poteva derivare soltanto da rinvii eccedenti il termine di cui all’art. 81 disp. att. c.p.c., dovendosi comunque aver riguardo ad una valutazione complessiva delle cause che avevano determinato il superamento del termine ragionevole.

Per la cassazione di tale decreto il C. ricorre sulla base di un motivo. Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente censura il decreto impugnato, deducendo di non aver richiesto neppure un rinvio a carattere dilatorio, in quanto tutti i rinvii richiesti e concessi si erano resi necessari a causa di circostanze contingenti assolutamente imprevedibili e di tentativi di bonario componimento, del tutto fisiologici nella pendenza del processo.

Il ricorso è inammissibile in quanto il ricorrente, censurando l’affermazione della Corte di appello che la violazione del termine ragionevole di durata del processo era dipesa soltanto dalla strategia dilatoria posta in essere dalle parti, e in particolare dal C., e deducendo che i rinvii non erano stati chiesti a scopo dilatorio, ma si erano resi necessari per cause contingenti e imprevedibili, o per favorire tentativi di bonario componimento, muove inammissibili critiche all’apprezzamento dei fatti di causa compiuto dalla Corte territoriale, senza dedurre specifici vizi di motivazione, nel tentativo di indurre la Corte di legittimità ad un non consentito riesame del merito della controversia.

Le considerazioni che precedono conducono alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso e le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro 1.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 3 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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