Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1618 del 24/01/2020

Cassazione civile sez. II, 24/01/2020, (ud. 04/04/2019, dep. 24/01/2020), n.1618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12423-2018 proposto da:

M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

STOPPANI 1, presso lo studio dell’avvocato MARIA BEATRICE MICELI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO CORSO;

– ricorrente –

contro

ORDINE MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI PROVINCIA AGRIGENTO, MINISTERO

DELLA SALUTE, PROCURA REPUBBLICA TRIBUNALE AGRIGENTO, PROCURA

GENERALE REPUBBLICA CORTE APPELLO PALERMO, PROCURA GENERALE

REPUBBLICA CORTE DI CASSAZIONE, FEDERAZIONE NAZIONALE ORDINE MEDICI

CHIRURGHI E ODONTOIATRI;

– intimati –

avverso la decisione n. 87/2017 della COMM.CENTR.ESERC.PROFESSIONI

SANITARIE di ROMA dep. il 19/1/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI CARMELO, che ha concluso per l’accoglimento 1 e 3 motivo,

rigetto 2^ motivo, assorbiti 4 e 5 motivi del ricorso; con rinvio;

uditi gli Avvocati MICELI Maria Beatrice, CORSO Guido, difensori del

ricorrente che si riportano agli atti depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il processo trae origine dalla Delib. 6 marzo 2013, adottata dall’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Agrigento, con la quale veniva irrogata al Dott. M.D. la sanzione disciplinare della radiazione dall’Albo, perchè condannato dalla Corte d’Appello di Palermo alla pena di anni sei e mesi sei per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

La decisione, confermata dalla Commissione Centrale, veniva impugnata con ricorso per cassazione ed annullata da questa Corte con sentenza N. 15852/2017 dell’11.5.2017. La composizione dell’organo supremo disciplinare è stata ritenuta illegittima – perchè di essa facevano parte due dirigenti del Ministero della Salute – alla luce della decisione della Corte Costituzionale che, con sentenza N. 215 del 21.9.2016, che aveva dichiarato l’illegittimità del D.Lgs. n. 233 del 1946, art. 17, comma 1 e comma 2, lett. a), b), c), d) ed e).

Con decisione del 28.9.2017-19.1.2018, la Commissione Centrale per gli esercenti le Professioni Sanitarie, in sede di rinvio a seguito di riassunzione da parte del M., rigettava il ricorso avverso la Delib. del Consiglio dell’Ordine, di cui condivideva le argomentazioni, fondate sulle risultanze del processo penale; riteneva congrua la sanzione della radiazione in considerazione del disvalore della condotta tenuta dal M. e del pregiudizio arrecato alla categoria professionale.

Per la cassazione della sentenza della Commissione Centrale, ha proposto ricorso il M. sulla base di cinque motivi, illustrati con memorie illustrative depositate in prossimità dell’udienza.

Il Ministero della Salute e gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 233 del 1946, art. 17 per illegittima costituzione della Commissione costituita da due dirigenti del Ministero della Salute, designati dal Consiglio Superiore di Sanità – perchè in contrato con la decisione della Corte Costituzionale N. 215 del 21.9.2016. La composizione della Commissione con due dirigenti del Ministero della Salute non garantirebbe, secondo il giudice delle leggi, l’indipendenza dell’organo giudicante, in considerazione dell’assoggettamento ai poteri dell’amministrazione di appartenenza, dal punto di vista dello status giuridico ed economico, nonchè dell’assoggettamento dei medesimi al potere disciplinare del Ministero designante. L’illegittimità della composizione della Commissione troverebbe fondamento anche nella decisione del Consiglio di Stato, che, con sentenza del 6.2.2018, ha annullato il D.P.C.M. 27 dicembre 2016, istitutivo di detta Commissione proprio per la presenza di due componenti che, seppur designati dal Consiglio Superiore di Sanità, sono dirigenti del Ministero della Salute.

Il motivo è fondato.

Il D.M. 6 agosto 2003, n. 342 ha istituito il Consiglio Superiore di Sanità, organo consultivo del Ministero della salute, costituito da componenti di diritto e da componenti non di diritto, tutti nominati con decreto del Ministro della Salute.

I componenti non di diritto del Consiglio Superiore di Sanità durano in carica tre anni e sono rinnovabili; decadono automaticamente dalla carica o a seguito di dimissioni o dopo tre assenze consecutive; in tali casi il Ministro, con proprio decreto, nomina i componenti che subentrano, i quali restano in carica fino alla scadenza del Consiglio.

La nomina di componenti del Consiglio Superiore di Sanità non soddisfa le garanzie di autonomia ed indipendenza della Commissione Centrale, secondo i principi univocamente dettati dalla Corte Costituzionale con sentenza N. 215 del 21.9.2016 e recentemente ribaditi dal Consiglio di Stato con sentenza N. 768/2018. L’organo di vertice della giustizia amministrativa ha annullato la Delib. di nomina dei componenti delle Commissione Centrale, nella parte in cui concorrono a formare la Commissione due componenti del Consiglio Superiore di Sanità, segnatamente il Dott. C. ed il Dott. L. in quanto dirigenti del Ministero della Salute e ad esso assoggettati quanto allo status giuridico ed al sistema disciplinare.

Ha osservato la Corte Costituzionale,nella sentenza N. 215/2016 che il sistema costituzionale non rifiuta, in linea di principio, commistioni potenziali favorite dalla designazione, di matrice governativa o politica, di soggetti chiamati a comporre organi di giurisdizione speciale ma al contempo, è necessario prevedere una pluralità di presidi – predeterminati ex lege nella regolamentazione dei criteri di composizione e costituzione degli organi speciali – che garantiscano, malgrado tali correlazioni, l’indipendenza del giudicante dall’amministrazione di riferimento comunque coinvolta nel relativo giudizio.

In siffatti casi, secondo il giudice delle leggi, cresce, di pari passo, l’esigenza di determinatezza dei momenti di garanzia attraverso i quali il legislatore ordinario finisce per assicurare l’indipendenza dell’organo di giurisdizione speciale. Devono essere, pertanto, garantiti effettivi “momenti di cesura” tra il componente designato e l’amministrazione di provenienza, una volta che si è provveduto alla designazione.

Sotto questo profilo, sono da ritenersi decisivi i riferimenti allo status giuridico, economico e disciplinare dei componenti designati una volta effettuata la nomina e, dunque, nel corso del mandato.

Alla luce di tali ragioni, la nomina dei componenti della Commissione Centrale di matrice ministeriale è contraria ai requisiti di indipendenza, richiesti dal giudice delle leggi, anche con riferimento ai componenti del Consiglio Superiore della Sanità.

Sono ostativi alla loro indipendenza la possibile conferma del mandato, lasciata alla mera discrezionalità dell’autorità designante, nonchè la circostanza in forza della quale i citati componenti rimangono incardinati, dopo la designazione, nella stessa amministrazione di riferimento: lo status economico e giuridico del dirigente scelto non muta, infatti, dopo la nomina, nonostante la quale l’attività dello stesso dirigente rimane soggetta anche al controllo disciplinare del Ministero designante e ciò nonostante il Consiglio Superiore di Sanità goda di ampia autonomia e sia privo di obblighi di dipendenza funzionale rispetto al Ministero.

La nomina di componenti di matrice ministeriale, in assenza dei presidi previsti dalla Corte Costituzionale, non assicura garanzie sull’autonomia decisoria, potendo essi essere anche assoggettati a revoca del loro mandato o, indubitabilmente, ad azione disciplinare da parte del Ministero della Salute per eventuali voti o giudizi espressi in seno alla Commissione.

Ne consegue la nullità della sentenza per illegittima costituzione della Commissione Centrale, di cui facevano parte due componenti del Consiglio Superiore di Sanità, segnatamente il Dott. C. ed il Dott. L., dirigenti del Ministero della Salute e ad esso assoggettati quanto allo status giuridico ed al sistema disciplinare.

Con il secondo motivo, si censura la sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 233 del 1946, art. 17 perchè della Commissione Medica farebbero parte il Dott. N.C. ed il Dott. G.V., riconfermati dopo la scadenza del precedente mandato nonostante la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 215 del 2016, abbia ravvisato nella conferma del mandato una ragione di indebolimento dell’indipendenza dei componenti; secondo il ricorrente, essi potrebbero compiacere l’autorità competente perchè proceda alla loro designazione, con il rischio che assumano, nel giudicare, posizioni che non avrebbero assunto se non avessero potuto confidare nel rinnovo del mandato.

Il motivo non è fondato.

Quanto alle nomine del Dott. G.V. e del Dott. N.C., va rilevato che la Corte costituzionale ha ritenuto che la possibilità di riconferma nel mandato sia ragione di “indebolimento” dell’indipendenza con riferimento alle nomine di matrice ministeriale, considerata la posizione di parte del Ministero della Salute, lo status giuridico dei medesimi quali dipendenti dell’ente ed il loro assoggettamento in ambito disciplinare.

Non sussistono, invece, ragioni che possano pregiudicare l’autonomia e l’indipendenza della Commissione, con riferimento alle nomine dei Dott. G.V. e N.C., che rappresentano, all’interno della Commissione, le federazioni mediche con le quali non sussiste alcun vincolo di dipendenza, nemmeno gerarchica.

Essi godono di una posizione di indipendenza, in quanto non sono assoggettabili all’esercizio del potere disciplinare da parte del Ministero della Salute, per eventuali giudizi espressi in seno alla Commissione.

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 51 c.p.c., nn. 4 e art. 52 c.p.c., richiamati dal D.P.R. n. 221 del 1950, art. 64 in quanto della Commissione Centrale giudicante avrebbero fatto parte il Dott. G.V. ed il Dott. N.C., componenti del collegio che aveva respinto il primo ricorso del M., annullato da questa Corte. Il ricorrente deduceva di aver ricusato i due componenti per incompatibilità, avendo conosciuto del processo in altro grado, ma la sua istanza sarebbe stata rigettata, con provvedimento privo di motivazione.

Il motivo è fondato.

La questione relativa alla composizione della Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione di una decisione resa dalla stessa, è stata esaminata dalla Corte Costituzionale con sentenza N. 193/2014.

Il giudice delle leggi ha stabilito, confermando il principio espresso dalle Sezioni unite con sentenza del 27/02/2008, n. 5087 che – se a seguito della decisione di annullamento emanata dalla Corte di cassazione, il giudizio di rinvio si svolge davanti allo stesso magistrato persona fisica (in caso di giudizio monocratico) o davanti ad un giudice collegiale del quale anche uno solo dei componenti abbia partecipato alla pronuncia del provvedimento cassato, essendo violata la statuizione sull’alterità – sussiste una nullità attinente alla costituzione del giudice, ai sensi dell’art. 158 c.p.c., senza che occorra fare ricorso alla ricusazione (art. 52 c.p.c.).

Sussisteva, pertanto, l’incompatibilità dei Dott. N. e G., i quali erano componenti del collegio che aveva rigettato il ricorso del M. con sentenza successivamente annullata da questa Corte.

Per tali ragioni, i medesimi non avrebbero potuto partecipare al giudizio di rinvio.

In conclusione, vanno accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso, va rigettato il secondo e vanno dichiarati assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese del giudizio di legittimità innanzi alla Commissione Centrale per gli esercenti le Professioni Sanitarie, in diversa composizione, che si atterrà ai seguenti principi di diritto:

“E’ nulla la sentenza emessa dalla Commissione Centrale per gli esercenti le Professioni Sanitarie per illegittima composizione del collegio giudicante laddove composto da dirigenti del Ministero della Salute, ancorchè nominati dal Consiglio Superiore di Sanità in quanto non assicurano le garanzie di autonomia ed indipendenza dell’organo giudicante, in relazione allo status giuridico ed economico ed al controllo disciplinare del Ministero designante”;

“A seguito della decisione di annullamento emanata dalla Corte di cassazione, della composizione della Commissione Centrale per gli esercenti le Professioni Sanitarie non può far parte il giudice persona fisica che abbia partecipato alla pronuncia del provvedimento cassato; in caso di violazione, sussiste una nullità attinente alla costituzione del giudice, ai sensi dell’art. 158 c.p.c., senza che occorra fare ricorso alla ricusazione (art. 52 c.p.c.)”.

Vanno dichiarati assorbiti il quarto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente censura l’illegittimità del provvedimento di radiazione di diritto, il quinto motivo, con il quale lamenta la violazione del D.P.R. n. 221 del 1950, artt. 40 e 41 per omessa indagine, da parte della Commissione Centrale dell’incidenza dei reati sull’esercizio della professione.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, rigetta il secondo, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità innanzi alla Commissione Centrale per gli esercenti le Professioni Sanitarie, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020

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