Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16173 del 26/06/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 16173 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA
sul ricorso 29664-2011 proposto da:
ENEL SERVIZIO ELETTRICO SPA 09633951000 – Società
con unico socio soggetta a direzione e
coordinamento di Enel SpA nella duplice qualità di
procuratrice di Enel Distribuzione SpA – Società
2013
4219

con unico socio soggetta a direzione e
coordinamento di Enel SpA ed in proprio, quale
beneficiaria del ramo d’azienda trasferitogli da
Enel Distribuzione SpA in persona del procuratore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA 42,

Data pubblicazione: 26/06/2013

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LAGOTETA,
che la rappresenta e difende, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro

– intimato –

avverso la sentenza n. 346/2011 del TRIBUNALE di
CROTONE, depositata il 19/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza dell’08/05/2013 dal Consigliere
Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato Giuseppe Lagoteta difensore della
ricorrente che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. AURELIO
GOLIA che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.

BILOTTA SANTO;

Il Tribunale di Crotone, con sentenza del 19 aprile 2011, ha rigettato
l’appello proposto dall’Enel Distribuzione s.p.a. avverso la sentenza
del Giudice di Pace di Santa Severina, che aveva accolto la domanda di
Santo Bilotta, intesa ad ottenere il risarcimento del danno derivato
dall’avere dovuto sborsare le tasse postali per il pagamento delle
bollette di energia elettrica, in conseguenza dell’ inadempimento da
parte dell’Enel all’art. 6, comma, 4, della Deliberazione 28 dicembre
1999 n. 200, con cui l’Autorità per L’Energia Elettrica ed il Gas
(A.E.E.G) aveva imposto agli esercenti il servizio di distribuzione e
vendita dell’energia elettrica e, quindi, all’Enel, di “offrire al cliente
almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta”.
L’appello dell’Enel si era articolato, per quanto interessa riferire ai fini
della presente decisione, con l’assunto che nella specie l’art. 6, comma
4, non aveva avuto efficacia integrativa del contratto ed il Tribunale ha
disatteso tale motivo, reputando il contrario e precisamente che tale
efficacia si era dispiegata ai sensi dell’art. 1339 c.c..
Avverso la decisione del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione
l’Enel servizio Elettrico s.p.a. (nella duplice qualità, giusta i riferimenti
ai relativi atti notarili, di procuratrice speciale dell’Enel Distribuzione
s.p.a. e di beneficiaria del ramo di azienda di quest’ultima costituito dal
complesso di beni e rapporti, attività e passività relativi all’attività di
vendita di energia elettrica a clienti finali).
Al ricorso, che propone tre motivi, la parte intimata non ha resistito.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa
applicazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 481 del 1995, nonché degli
artt. dell’arti. 1182, 1196, 1321, 1322, 1339, 1346, 1372 e 1374 cod.
civ., in relazione all’art. 6.4. della delibera dell’AEEG n. 200 del 1999
(art. 360 n. 3 c.p.c.), nonché vizio di motivazione.
Si sostiene che l’art. 1339 c.c. non consentirebbe l’inserimento
automatico dell’art. 6.4. della detta delibera nel contratto di utenza, sia
perché il potere attribuito all’AEEG di modificare i contratti sarebbe
limitato all’ambito della produzione e della erogazione del servizio, con
particolare riferimento alla qualità dello stesso, e non potrebbe
estendersi alle modalità di pagamento della fattura; sia perché,
diversamente opinando, si avrebbe una deroga all’art. 1196 cod. civ. ad
opera della delibera dell’Autorità, adottata in totale assenza di potere,
che perciò dovrebbe essere disapplicata dal giudice; sia perché la
delibera avrebbe avuto comunque carattere programmatico e non
precettivo e, dunque, non avrebbe potuto integrare il contratto di

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ric. 2011 n. 29664 sez. M3 – ud. 08/05/2013
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utenza; e ciò anche in ragione della sua genericità. A sostegno del
motivo vengono richiamati i precedenti di questa Corte n. 16141 del
2011 e numerosi altri successivi, tra cui Cass. n. 17786 del 2011.
Secondo parte ricorrente, inoltre, la sentenza non sarebbe sorretta da
adeguata e logica motivazione relativamente ai punti appena detti.
Con il secondo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione degli
artt. 1218 e seg. e 1321 e seg. cod. civ., in rapporto all’art. 6.4 della
delibera AEEG n. 200 del 1999, nonché vizio di motivazione riguardo
al fatto che, tenuto conto degli strumenti di pagamento attivati dal
distributore prima e nelle more della delibera, si sarebbe dovuto
ritenere che non vi fosse alcuna inosservanza da parte dell’ENEL delle
prescrizioni dell’Autorità e, comunque, che il criterio legato
all’elemento territoriale (garantire modalità gratuite di pagamento
sull’intero territorio nazionale) fosse stato introdotto soltanto con la
successiva delibera n. 72/04.
Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli
artt. 100 cod. proc. civ., 1218 e 1223 cod. civ., nonché degli arti. 1175
e 1374 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. e vizio di
motivazione in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., onde
sostenere, in primo luogo, il difetto di interesse ad agire della parte
attrice, in quanto questa, per avvalersi della modalità di pagamento
presso un istituto bancario convenzionato esistente nel capoluogo di
provincia, avrebbe dovuto affrontare oneri economici maggiori di
quelli (pari ad un solo euro) sostenuti per il pagamento presso l’ufficio
postale del luogo di residenza. Parte ricorrente aggiunge che sarebbe
stato così riconosciuto il risarcimento di un danno meramente
ipotetico e che, comunque, la domanda della parte attrice sarebbe stata
contraria a buona fede, integrando un atto di abuso del diritto.
Le censure proposte con il primo motivo, relative alla questione della
idoneità dell’art. 6, comma 4, della nota deliberazione a svolgere
efficacia integrativa del contratto, appaiono fondate per quanto di
ragione al lume del precedente di cui alla decisione di questa Corte resa
con la sentenza n. 17786 del 2011 su un ricorso dell’Enel propositivo
della stessa questione in una controversia di identico tenore, nonché di
numerosissime decisioni rese in altre controversie.
Nella suddetta decisione (come nelle altre), alle cui ampie motivazioni
il Collegio rinvia, si è anzitutto affermato il seguente principio di
diritto: “Il potere normativo secondario (o, secondo una possibile qualificazione
alternativa, di emanazione di atti amministrativi precettivi collettivi) dell’Autorità
per l’Energia Elettrica ed il Gas ai sensi dell’art. 2, comma 2, lettera h), si può
concretare anche nella previsione di prescrizioni che, attraverso l’integrazione del
regolamento di servizio, di cui al comma 37 dello stesso art. 2, possono in via
riflessa integrare, ai sensi dell’art. 1339 c. c., il contenuto dei rapporti di utenza

Ric. 2011 n. 29664 sez. M3 – ud. 08/05/2013
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individuali pendenti anche in senso derogatorio di norme di legge, ma alla duplice
condizione che queste ultime siano meramente dispositive e, dunque, derogabili dalle
stesse parti, e che la deroga venga comunque fatta dall’Autorità a tutela
dell’interesse dell’utente o consumatore, restando, invece, esclusa – salvo che una
previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria ad efficacia diretta non la
consenta – la deroga a norme di legge di contenuto imperativo e la deroga a norme di
legge dispositive a sfavore dell’utente e consumatore”.
Dopo di che, sempre con ampia motivazione alla quale nuovamente si
rinvia, si è concluso che deve “escludersi che la prescrizione dell’art. 6, comma
4, della deliberazione dell’A.E.E.G. n. 200 del 1999 abbia comportato la
modifica o integrazione del regolamento di servizio del settore esistente all’epoca
della sua adqione e, di riflesso, l’integrazione dei contratti di utenza ai sensi
dell’art. 1339 c.c., di modo che l’azione di responsabilità per inadempimento
contrattuale esercitata dalla parte attrice risulta priva di fondamento, perché basata
su una clausola contrattuale inesistente, perché non risultava introdotta nel contratto
di utenzd’.
La stessa decisione (lo si rileva per completezza), avuto riguardo al
riferimento della sentenza allora impugnata ad una integrazione per
effetto della deliberazione dell’A.E.E.G. anche ai sensi dell’art. 1374
c.c. ha ribadito che al riguardo valgono le stesse considerazioni svolte a
proposito della inidoneità a svolgere la funzione di cui all’art. 1339 c.c.,
soggiungendo, altresì, che “Mette conto di osservare, tuttavia, che la pertinenza
nella specie dell’istituto di cui all’ari. 1374 c. c. sembrerebbe doversi escludere, poiché
la norma postula l’integrazione del contratto con riguardo ad aspetti non regolati
dalle parti e, quindi, svolge tradizionalmente una funzione suppletiva e non di
imposizione di una disciplina imperativa, come accade per l’istituto di cui all’art.
1339 c.c.” e che “Nella logica del sistema di cui alla 1. n. 481 del 1995, la
previsione del potere di integrazione del contratto di utenza, esercitabile
dall’A.E.E.G. nei sensi su indicati, è certamente espressione non di supplenza, ma
di imposizione di un regolamento ritenuto autotitativamente dovuto”.
Il ricorso è, dunque, accolto, per quanto di ragione, sulla base del
primo motivo, perché erroneamente il Tribunale ha attribuito alla
delibera di cui trattasi efficacia integrativa del contratto di utenza e,
quindi, ha desunto l’esistenza dell’inadempimento.
Gli ulteriori motivi di ricorso restano assorbiti. La sentenza impugnata
va cassata.
Il Collegio reputa che non vi sia necessità di rinvio, potendo la causa
essere decisa nel merito, in quanto non occorrono accertamenti di
fatto per ritenere che la domanda proposta dall’utente debba essere
rigettata.
Le spese delle fasi di merito, sulle quali questa Corte deve provvedere,
possono essere integralmente compensate, giacché è notorio che nella
giurisprudenza di merito la questione di diritto dell’efficacia della

norma della nota deliberazione è stata decisa in modi opposti.
Le spese del giudizio di cassazione seguono, invece, la soccombenza e
si liquidano come in dispositivo.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione con riferimento al
primo motivo. Dichiara assorbiti i successivi. Cassa la sentenza
impugnata in relazione e, decidendo la causa nel merito, accoglie
l’appello e rigetta la domanda della parte intimata. Compensa le spese
dei gradi di merito. Condanna la parte intimata al pagamento, in favore
della ricorrente, delle spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro
seicento (600,00), di cui Euro quattrocento (400,00) per compensi,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il giorno 8 maggio 2013, nella camera di
consiglio della sesta sezione civile — 3 della Corte suprema di
cassazione.

P.Q.M.

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