Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1617 del 27/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 1617 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 32274-2007 proposto da:
FERLA MASSIMO, FRL MSM 7IR26 I754W, domiciliato ex lege in
ROMA, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e
difeso dall’avvocato GIULIANI ROBERTO, come da procura
speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
NIILLUZZO ROSA, GALLO MICHELA, MILLUZZO LIDIA,
MILLUZZO MARIA, MILLUZZO SILVANA, elettivamente
domiciliate in Roma, Via Dardanelli 46, presso lo studio dell’avvocato
SPINELLA MAURIZIO, rappresentate e difese dall’avvocato
CARPINO MASSIMO, come da procura speciale a margine del
controricorso;

– controricorrenti –

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Data pubblicazione: 27/01/2014

avverso la sentenza n. 839/2007 della CORTE D’APPELLO di
CATANIA, depositata il 17/08/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
15/10/2013 dal Consigliere Dott. Ippolisto Parziale;
udito l’Avvocato Roberto Giuliani, che si riporta agli atti e alle

conclusioni assunte;
udito il sostituto procuratore generale, dott. Lucio Capasso, che
conclude per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Così la sentenza impugnata riassume lo svolgimento del processo.

«Con atto di citazione notificato il 4.12.1989, Millu:zzo Francesco conveniva in
giudizio, davanti al Tribunale di Siracusa, Reale Lucia, esponendo che: con atto
pubblico del 9.7.82, quast’ultima gli aveva venduto la nuda proprietà dell’immobile
terrano di tre vani ed accessori sito in Canicattini Bagni, via Umberto n 256, di
cui usufruttuaria era la madre Zocco Carmela; con scrittura nella stessa data, la
Reale si era impegnata a far fronte agli oneri fiscali relativi all’immobile, mentre
egli si era impegnato a concederle il termine di trenta giorni dalla morte della Zocco
per liberare l’immobile dagli arredi; deceduta la Zocco e .spirato il suddetto termine,
egli aveva invitato la Reale a rilasciargli l’immobile, anche a mezzo di formale
diffida inoltratale il 6.10.89; la Reale non aveva rilasciato l’immobile.
Tutto ciò premesso, il Milluzzo chiedeva la condanna di Reale Lucia al rilascio
dell’immobile. La convenuta, costituitasi, eccepiva l’annullabilità dell’atto di
vendita stipulato il 9.7.82, sostenendo che il suo consenso era stato coartato dal
• Milluzzo ed era viziato anche da dolo, poiché costui l’aveva indotta alla conclusione
del contratto ingannandola in ordine alla retrovendita del bene. Chiedeva, quindi, il
rigetto della domanda avversaria e, in via riconvenzionale, l’annullamento dell’atto
di vendita. La causa, sospesa in un primo tempo in conseguenza dell’instaurazione,
nei confronti del Milluzzo, di un processo penale, per i comportamenti addebitatigli
dalla Reale, veniva interrotta per la mode di costei. Dopo la costituzione di Farla

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Massimo, quale figlio ed erede della Reale, la causa veniva trattata e, quindi, decisa
con sentenza emessa il 2.7.2002, con la quale il Tribunale cosi statuiva: “…ordina
a Ferla Massimo il rilascio in favore del Mi llu:z_zo dell’immobile terrano di tre vani
ed accessori sito in Canicattini Bagni via Umberto n. 256. Rigetta per avvenuta
prescrkione la domanda riconven.zionale proposta dal convenuto. Compensa

davanti alla Corte di Catania avverso la predetta sentenza, chiedendone la riforma.
Gli appellati Gallo Michela, Milluuo Maria, Milluz.zo Rosa, Milluuo Silvana
e Milluuo Lidia si costituivano chiedendo il rigetto del gravame avversario e
proponendo appello incidentale».
3. La Corte territoriale rigettava entrambi gli appelli, compensando le
spese.
3.1 – La Corte di merito rilevava, quanto all’appello principale, che
l’appellante: a) con il primo motivo aveva eccepito la nullità della
sentenza impugnata per mancata trascrizione delle conclusioni delle
parti, in violazione dell’art. 132 c.p.c; b) con il secondo e l’ottavo
motivo, aveva sostenuto che il Tribunale aveva errato nel discostarsi,
peraltro immotivatamente, dalla propria ordinanza del 31 gennaio
2000, con la quale era stata ritenuta “.. la proponibilità deltecceRione di

presai.zione sollevata dalla convenuta…”; c) con il terzo motivo aveva
sostenuto che il Tribunale aveva errato nel non rilevare che l’eccezione
di prescrizione dell’azione di annullamento dell’atto di vendita era
improponibile, in quanto formulata soltanto il 14 dicembre 1999; d)
con il quarto motivo aveva sostenuto che il Tribunale aveva errato nel
ritenere inapplicabile al caso in esame l’art. 1442, ultimo comma, cod.
civ., che riconosce alla parte convenuta per l’esecuzione del contratto
la possibilità di opporne l’annullabilità, anche se è prescritta l’azione
per farla valere; e) con il quinto motivo aveva sostenuto che il
Tribunale, limitandosi ad accogliere l’eccezione di prescrizione
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interamente tra le parti le spese del giudkio …”. Farla Massimo proponeva appello

dell’azione di annullamento, aveva erroneamente omesso di
considerare le risultanze della causa e di accogliere le sue richieste ed
eccezioni; f) con il sesto motivo aveva sostenuto che il Tribunale aveva
errato nel compensare le spese del giudizio.
3.2 – La Corte di merito osservava che era pacifico, in fatto, quanto

dell’immobile oggetto della controversia da Reale Lucia (dante causa di
Ferla Massimo); usufruttuaria dell’immobile era la madre della Reale,
Zocco Carmela; b) con scrittura in pari data il Milluzzo si era
impegnato a concedere alla Reale il termine di trenta giorni dalla morte
della Zocco per liberare l’immobile dagli arredi; c) l’usufruttaria Zocco
Carmela era deceduta il 16.7.1989.
3.3 — La Corte territoriale riteneva poi infondati tutti i motivi di
appello. Il primo, non integrando nullità la mancata trascrizione delle
conclusioni nella sentenza appellata, in mancanza di un’espressa
sanzione in tal senso e risultando comunque dalla stessa la “compiuta

descrizione delle richieste delle parti”. Il secondo e l’ottavo perché la
invocata ordinanza del Tribunale del 31 gennaio 2000 non aveva
contenuto decisorio ed era revocabile, non avendo comunque il
giudice stabilito alcunché sull’eccezione di prescrizione, limitandosi ‘W

affermarne implicitamente la proponibilità …al fine della ammissione della prova
testimoniale, che formava oggetto del provvedimento”.

Il terzo, perché il

convenuto in riconvenzionale, nel sollevare l’eccezione di prescrizione,
non era incorso “in alcuna decadenza o improponibilità, posto che sono

applicabili al presente processo le norme vigenti prima della riforma introdotta dalla
legge 35311990, che non fissano, in proposito, termini perentori per la
proposizione di eccezioni di tal genere”. Il quarto, non essendo applicabile
l’art. 1442, ultimo comma, cod. civ., che riconosce alla parte convenuta
per l’esecuzione del contratto la possibilità di opporne l’annullabilità,
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segue: a) il 9.7.1982 Nlilluzzo Francesco acquistò la nuda proprietà

anche se è prescritta l’ azione per farla valere. Nel caso di specie, «il
trasferimento della proprietà del bene in capo all’acquirente Manzo Francesco
ebbe luogo immediatamente, gr;à al momento della stipulazione del contatto di
compravendita, senza necessità di ulteriori adempimenti. Posto che oggetto del
contratto di compravendita era la nuda proprietà, alla Reale non spettava la

usufrutto, Zocco Carmela. Con la morte di quest’ultima, la connessa estinzione del
diritto di uszOitto e la conseguente naturale espansione del diritto dominicale fecero
sorgere, in capo al Milluzzo, il diritto a farsi consegnare il suo immobile,
materialmente detenuto dalla Reale quale continuatrice di fatto della posizione in
cui precedentemente si trovava la propria madre Zocco Carmela. La detenzione del
bene da parte della Reale non costituiva una manifestazione del suo precedente
diritto di proprietaria e il connesso obbligo di consegna in favore del Milazzo non
derivava dal contratto di compravendita, bensì dal sopraggiunto conseguimento di
una relazione di fatto col bene, per Otto di una situazione successoria del tutto
indipendente dalla precedente titolarità del diritto dominicale». Di conseguenza,
«non potendo qualificarsi la richiesta di rilascio come domanda di esecuzione del
contratto di compravendita, si verte in un’ipotesi diversa da quella contemplata
dalla norma citata, giustamente non applicata dal Tribunale». Il quinto, perché
«l’omessa considerazione delle richieste formulate dalla parte convenuta costituisce la
coerente conseguenza della corretta declaratoria di prescrizione dell’azione di
annullamento da costei esperita in via riconvenzionale, poiché tale declaratoria
preclude logicamente l’esame della domanda di annullamento sono altri profili». Il
sesto, perché «dato raccoglimento della domanda formulata dal Milluzzo ed il
rigetto della domanda riconvenzionale formulata dalla parte convenuta, il
Tribunale, in applicazione del principio della soccombenza, non avrebbe potuto
regolare dette spese in modo più favorevole al Ferla». Il settimo, col quale
l’appellante si era doluto che il Tribunale aveva errato nell’omettere di
«esaminare ed accogliere tutte le sue richieste conclusionali», per essere la
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consegna del bene, all’epoca regolarmente posseduto dalla titolare del diritto di

doglianza «inammissibile perché priva del requisito della specificità, posto che non
sono state individuate le singole richieste delle quali si assume l’omessa disamina e
non sono state precisate, nell’ambito della censura, le ragioni in base alle quali dette
richieste avrebbero dovuto essere accolte».
6. Impugna tale decisione Massimo Ferla, che articola sei motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e va rigettato, per quanto di seguito si
chiarisce.
1. I motivi del ricorso.
1.1 Col primo motivo di ricorso si deduce: «violazione o falsa applicazione
dell’art. 132 c.p.c.. – Omessa, issidficiente o contraddittoria motivazione su un
punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio in
relazione all’art. 132 cpc».
Chiarisce il ricorrente che l’impugnativa riguarda il primo dei motivi
della decisione impugnata nella quale «si afferma, da parte della corte, non
essere fondata l’eccezione di parte appellante di nullità della sentenza impugnata del
tribunale di Siracusa per non essere state riportate in sentenza le conclusioni delle
parti, con nferimento precipuamente alle conclusioni svolte dal Ferla, non essendovi
obbligo di trascrizione, né la violazione risultava precettata dalla legge».
La sentenza di primo grado è affetta da nullità per non essere state
riportate in sentenza le conclusioni delle parti. Ciò ha determinato la
mancata valutazione di tutte le osservazioni, deduzioni e richieste
avanzate dall’appellante.
Al riguardo, il ricorrente formula i seguenti quesiti ex art. 366-bis cpc.
Primo quesito: «Atteso che nelle conclusioni il Ferla chiese raccoglimento
dell’azione di annullamento dell’atto di vendita del 9 luglio 1982 supportato dal
vizio di consenso determinato dai fatti estortivi subiti dalla Reale da parte del
Milluzzo codificati da una imputazione di estorsione (art. 629 codice penale) e da
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Resistono con controricorso le intimate.

una successiva sentenza penale di assoluzione dello stesso, non sul merito, ma per
prescrizione, il tutto abbondantemente documentato agi atti, non avrebbe dovuto il
Tribunale e poi la Corte, fare l’esame di tale documentazione per avere conte zza dei
fatti illeciti lamentati, per corffermarli o meno e per dedurne in caso positivo che la
prescrizione quinquennale dell’azione di annullamento ex articolo 1442 codice

civile secondo cui la prescrizione dell’azione civile eguale a prescrizione del reato?
Invece di limitarsi alla disamina della prescrizione ex articolo 1442 codice civile
come unico e solo motivo di disamina e di apprezzamento? »
Secondo quesito: «atteso che il Milluzzo, come risulta dagli atti, ricevuta in

data 21 giugno 1983 la notifica dell’atto di citazione da parte certa Gianfriddo,
creditrice della Reale, finalizzata all’annullamento dell’atto 9 luglio 1982 per
simulazione, e andato il Milluzzo dal Ferla Gaetano, marito della Reale
pronunciando le seguenti parole: “a me mi devi lasciare in pace – tu l’atto me lo devi
liberare, altrimenti io ti infilo nella saia” (luogo dove scorre l’acqua del campo) -, e
fatta sottoscrivere alla Reale una controdichiarazione sul prezzo di vendita da 7 a
13 milioni, retrodatandola alla data dell’atto, non avrebbe dovuto il Tribunale e
poi la Corte ritenere questi atti finalizzati a che la Reale, anch’essa convenuta in
giudizio, non si costituisse nella causa in appoggio alla richiesta di annullamento
dell’atto proposto dalla Gianfiiddo, di intimidazione e di sottomissione, al fine di
consolidare gli effetti del suo acquisto illecito, sino alla sentenza intervenuta in data
10 marzo 1986 di rigetto della domanda della Gianfriddo? E fare decorrere la
prescrizione dell’azione di annullamento non dal 9 luglio 1982 bensì dal 10 marzo
1986 data in cui gli atti intimidatori cessarono? »
Il ricorrente, quanto al vizio di motivazione osserva quanto segue: «è

stata totalmente omessa la motivazione sui fatti di estorsione sia da parte del
Tribunale che della Corte, sui quali non viene fatta alcuna disamina, tamquam
non esset? Se il Tribunale prima e la Corte dopo avessero esaminato i fatti estorsivi
commessi dal Milluzzo, nessuna prescrizione dell’azione di annullamento dell’atto
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civile si era automaticamente allungata ai sensi dell’articolo 2947, comma 3, codice

sarebbe stata probabilmente accolta. Il fatto che nessun esame è stato fatto in merito
pur affermandosi che l’esame è stato fatto, rende la motivazione della sentenza
insufficiente quindi inidonea a giustificare la decisione»
1.2 Col secondo motivo di ricorso si deduce: «omessa, insu rciente e

contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, pro.spettato

2947 codice civile, comma 3; all’articolo 1442 primo e ultimo comma,
1476 codice civile; all’art. 2938 codice civile. Violazione delle stesse norme di
diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c.».
Il Tribunale, con l’ordinanza del 31 gennaio 2000, aveva ritenuto
proponibile l’eccezione di nullità avanzata dalla convenuta, disattesa
poi in sentenza, anche senza motivazione sul punto. I giudici del
merito non avevano poi considerato tutte le altre ipotesi di
prescrizione della relativa azione e dei relativi termini, risultanti dagli
atti del processo.
Al riguardo, il ricorrente formula i seguenti quesiti (pag. 62).
Primo quesito «Aveva o no il Tribunale e poi la Corte il diritto-dovere di

esaminare tutti gli atti della causa al fine di escludere che vi fossero altre
motivazioni e circostanze per le quali fosse da applicare un termine di prescrizione
dell’azione dell’annullamento diverso da quello applicato in sentenza (art. 1442
codice civile)? »
Secondo quesito: «Non sono fatti diversi non esaminati né dal Tribunale, né in

appello ai fini prescrizionali dell’azione di annullamento, 1 – la decorrenza della
prescrizione dalla fine degli atti di violenza fatti coincidere dal ricorrente con la
sentenza Gianfriddo del 10 marzo 1986 (articolo 1442, comma 2, codice civile)
prodotta agli atti?; 2 – la decorrenza della prescrizione e quindi la sua applicazione
eguale alla prescrizione del reato di estorsione – anni 15 (articolo 2947 codice civile,
teqo comma) in esito agli atti penali a carico del Manzo? 3 – non costituivano
prove agli atti la prodnione della sentenza Gianfriddo? tutti gli atti penali relativi
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dalle parti ex art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione all’articolo 177 cp.c.,

all’imputazione di estorsione finalizzata dal ricorrente per l’affermazione della
responsabilità del Milluzzo e per l’applicazione di un diverso termine prescrizionak
dell’azione di annullamento? »
Quanto alla motivazione della sentenza e al vizio relativo, il ricorrente
riporta quanto segue: «considerato che il Pretore di Floridia, primo giudice della

decisione in esito alla causa penale ritenendola pregiudizievole, ritenuto che il
Tribunale penale dichiarò espressamente di assolvere Milluzzo per prescrizione del
reato escludendo espressamente una assoluzione nel merito, ritenuto che il secondo
giudice civile nella causa di primo grado, sembrò valutare positivamente al ricorrente
tutti gli atti e della causa civile e di quelli penali, accogliendo la richiesta di prova
del ricorrente e dichiarando espressamente di escludere una prescrizione della
domanda di annullamento avanzata dal Milluzzo, non si comprende poi perché il
giudice tutto ciò valutato ed affermato, poi in sentenza, ha applicato un termine
prescrkionale totalmente diverso, quello chiesto dal Milluzzo, il più breve, senza
aver giustificato il suo comportamento processuale precedente favorevole al ricorrente,
con la disamina di tutti gli atti della causa e perché in base a tale disamina
mancata quanto meno avrebbe dovuto giustificare una diversa opinione, quella poi
espressa in sentenza, in dispositivo, e senza giustificare perché non si sarebbe potuto
applicare il diverso e più lungo termine prescrizionale. Da ciò la contraddittorietà
della sentenza, inidonea a giustificare la decisione».
1.3 – Col terzo motivo di ricorso si deduce: «violazione e I o falsa

applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 cp.c. in relazione all’articolo
2938 codice civile, 2947, terzo comma codice civile, 1442, commi 1 e 2 codice
civile; omessa, insu /ciente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia prospettato dalle parti ex articolo 360 n. 5 c.p.c. in relazione agli stessi
articoli di legge».
Il ricorrente indica che tale motivo è formulato con riguardo al capo
della decisione d’appello relativo alla proponibilità dell’eccezione di
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causa di primo grado, successivamente alla denuncia di estorsione sospese ogni

annullamento. Al riguardo il ricorrente conclude il motivo con i
seguenti quesiti (pag. 66/1).
Primo quesito: «se il carattere dispositivo della prescrizione ex articolo 2938
codice civile impone alla parte di tipizzarla, una per una, secondo le varie ipotesi di
legge e secondo i fatti acquisiti alla causa, specificando anche l’inizio della sua

le altre ipotesi di prescrizione legale non rilevata dalla stessa parte ex articolo 2938
codice civile, ma strettamente connesse ai fatti».
Secondo quesito: «se c’è stata estorsione (articolo 629 codice penale), si è
accertata l’ipotesi della prescrizione con decorrenza equiparata alla prescrizione del
reato ex articolo 2947 terzo comma».
Terzo quesito: «se poteva il giudice applicare la prescrizione ex articolo 1442
codice civile, primo comma, senza aver verificato tutte le altre ipotesi di prescrizione
diversa (art. 1442, secondo comma codice civile; articolo 2947, terzo comma, codice
civile)».
Quarto quesito: «se proposta da parte del Ferla eccezione d’interruzione della
prescrizione e per la mancata esecuzione del contratto di vendita, e per essersi
verificati ulteriori atti di violenza successivi alla data dell’atto, e per essersi verificato
reato di estorsione (articolo 629 codice penale), quest’eccezione oltre che rilevabile in
senso stretto della parte è rilevabile anche in senso lato, di rfficio anche dal giudice
sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti al processo?»
Il ricorrente poi, quanto al dedotto vizio di motivazione, così indica il
fatto controverso: «il fatto controverso è quello se l’azione di annullamento
dell’atto di vendita si è prescritta o meno. Noi diciamo di no; la sentenza di primo e
secondo grado dice di sì. Poiché sono diverse le ipotesi di prescrizione, andavano
tutte valutate per affermare essersi verificata tale prescrizione. Invece ambedue
giudici, Tribunale e Corte, hanno omesso di motivare tale prescrizione, visto che
diverse sono tali ipotesi di prescrizione, essendo stati attenzionati solo su quella
prevista dall’articolo 1442 codice civile, primo e ultimo comma. Tali insufficienze di
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decorrenza, e al giudice di esaminare in relazione ai fatti documentati e provati tutte

motivazione su tutte le altre ipotesi di prescrizione rendono tale motivazione
insufficiente e anche contraddittoria quando ambedue giudici non hanno contestato i
fatti per i quali era invece giustificata l’azione di annullamento in quanto non
prescritta. Per tutto questo la motivazione di ambedue le sentenze la rende idonea a
giustificare la decisione».

1.4 Col quarto motivo di ricorso si deduce: «Violazione art. 2938 cc (non
rilevabilità di rfficio della prescrizione); 1476 codice civile (obbligazione principale
del venditore), 1442 codice civile (prescrizione, commi 2 e 4); 2947 codice civile
(comma 3) prescrizione del diritto al risarcimento del danno; 132 c.p.c. (contenuto
della sentenza); 1477 codice civile (consegna della cosa). Omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato
dalle parti o rilevabile d’ufficio ex art. 360 numero 5 del c.p.c. »
Il ricorrente chiarisce che il motivo ha riguardo ai capi della sentenza di
appello nei quali si era affermato: a) che raccoglimento dell’eccezione
di prescrizione consentiva l’omissione dell’esame dell’azione di
annullamento sotto altri profili; b) che il Tribunale aveva correttamente
accolto l’eccezione di prescrizione; d) che il Tribunale aveva trattato
tutte le questioni proposte dal Ferla in relazione alla prescrizione; e)
che non era fondata l’eccezione di cui all’articolo 1442 codice civile,
per essere il contratto in questione già efficace e non richiedendosi altri
adempimenti, come la consegna della cosa.
Al riguardo il ricorrente formula i seguenti quesiti (pagina 82 del
ricorso).
Primo quesito: «atteso che i giudici hanno localizzato la loro attenzione solo
sull’applicazione dell’articolo 1442, ultimo comma, codice civile, avrebbero dovuto
attenzionare anche la qualificazione de/possesso iure domini non risultando tale
indagine essere stata fatta? »
Secondo quesito: «se l’eccezione di prescrizione: ha riguardato solo l’applicazione
della norma di cui all’articolo 1442, commi 1 e 4, e non altre ipotesi di
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ha

prescrizione, quale quella di cui al secondo comma dell’articolo 1442 codice civile;
2947 codice civile comma 3 proposta dal Manzo;
Terzo quesito: «se la declaratoria dei fatti estorsivi risultanti dagli atti della

causa ritualmente ammessi, avrebbe consentito l’accoglimento dell’azione
annullamento perché non prescritta ai sensi dell’articolo 2947 codice civile, comma

Quarto quesito «se la prescrizione dell’azione dell’annullamento ex art. 1442

codice civile escludeva l’esame di altre ipotesi di prescrizione risultanti dagli atti
della causa, ai fini dell’accoglimento dell’azione di annullamento, da parte del
giudice».
Quinto quesito: «se fazione svolta dal Manzo nei confronti della Reale per il

rilascio di una controdichiarazione sul prezzo di vendita da 7 milioni al 13
milioni, in data 21 gennaio 1983 in occasione della notifica al Manzo e alla
Reale di un atto di citazione da parte di Gianfriddo creditrice della Reale per
l’annullamento dell’atto di vendita dell’8 luglio 1982 per simulazione, e per
indurla a non costituirsi nella causa, il tutto finalizzato a consolidare l’atto di
vendita messo in pericolo dall’azione legale della Gianfriddo (vedi anche la minaccia
al Ferla Gaetano marito della Reale “ti infilo nella saia”) costituisce azione e fatto
violento commesso dopo la stipula dell’atto di vendita e se la decorrenza della
prescrizione ex articolo 1442 codice civile in tal caso ha inizio non dalla data
dell’atto 8 luglio 1982 bensì dalla sentenza Gianfriddo del 10 marzo 1986 di
rigetto dell’azione di simulazione, che consolidò automaticamente la stipula dell’atto
delf8 luglio 1982 e cioè ai sensi dell’articolo 1442, secondo comma, codice civile».
Quanto ai vizi di motivazione dedotti, il ricorrente espone come segue
il fatto controverso: (fatto controverso è quello se l’azione di annullamento

dell’atto di vendita si è prescritta o meno. Noi diciamo di no la sentenza di primo e
secondo grado dice di sì. Poiché sono diverse le ipotesi di prescrizione, esse andavano
tutte valutate per affermare essersi verificata tale prescrizione, invece, ambedue
giudici, Tribunale e Corte, hanno omesso di motivare tale prescrizione visto che
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3».

diverse sono tali ipotesi di prescrizione, essendo stato attenzionato solo l’ipotesi
prevista dall’articolo 1442, primo e ultimo comma, codice civile. Tale insufficienza
di motivazione su tutte le altre ipotesi (omissione più che insufficienza!) di
prescrizione rendono tale motivazione insufficiente. La motivazione è anche
contraddittoria, in quanto ambedue i giudici non hanno contestato i fatti per i quali

del reato – prescrizione decorrente dalla fine degli atti violenti – prescrizione in
relazione al possesso iure proprio ex articolo 1442, ultimo comma codice civile. Per
tutto questo la motivazione di ambedue sentenze la rende inidonea a giustificare la
decisione».
1.5 Col quinto motivo di ricorso si deduce: «violazione e falsa applicazione

di norme di diritto ex ad. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli articoli 2938 codice
civile; 1442 codice civile, commi 2 e 4; 2947 comma 3 codice civile; omessa
insu tciente contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia
prospettato dalle parti e rilevabile d’ufficio, ex articolo 360 c.p.c. n. 5 in relazione
agli stessi articoli di legge».
Al riguardo, viene formulato il seguente quesito: «atteso che in base ai fatti

della causa e alla richiesta di parte appellante vi erano altre ipotesi di prescrizione
da esaminare, aveva il Tribunale e poi la Corte motivo di esaminare tutte le ipotesi
di prescrizione al fine dell’accoglimento di una di esse? »
Con riguardo ai vizi di motivazione, il ricorrente precisa quanto segue
(pag. 89): «a nostro parere il Tribunale e poi la Corte aveva il diritto-dovere di

esaminare tutte le varie ipotesi di prescrizione prima di affermare l’avvenuta
prescrizione dietro l’esame di una sola ipotesi, senza escludere le altre. Infatti, se
avesse esaminato l’altra ipotesi di prescrizione si sarebbe convinto che nessuna
prescrkione dell’azione civile si sarebbe verificata. La Corte afferma che le altre
ipotesi non sono state esaminate visto che per l’articolo 1442 codice civile si era già
pervenuti alla prescrizione e che pertanto il Tribunale non aveva motivo alcuno di
esaminare le altre ipotesi escludenti la prescrizione. Poi invece la stessa Corte
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era invece giustificata l’azione annullamento in quanto non prescritta (prescrizione

ria/ferma che il Tribunale aveva esaminato tutte le altre ipotesi e le richieste, cosa
non vera. Da ciò la doglianza che non risulta fatta una giusta motivazione della
sentenza relativa alla prescrizione e che addirittura era contraddittorio il giudizio
della Corte che ammetteva da una parte che erano state fatte altre considerazioni
sulle richieste, dall’altra parte che era inutile fare altre considerazioni su altre

proposta dalla Reale-Milluzzo. Qui i casi sono due: perché il Tribunale non ha
fatto gli ulteriori esami per escludere totalmente tutte le ipotesi di prescrizione;
perché la Corte non ha rimarcato negativamente l’operato del Tribunale, riduttivo
ed insu /ciente al fine della decisione. Da ciò, le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione».
1.6 – Col sesto motivo di ricorso si deduce: «violazione dell’articolo 360
c.p.c. n. 3 e n. 5 per omessa insufficiente contraddittoria motivazione circa l’articolo
91 cp.c. ».
Al riguardo, viene formulato il seguente quesito: (poteva ilFerla Massimo,

erede di Reale Lucia, non avere diritto alla liquidazione delle spese giudiziali
dovute affrontare nei confronti del Milluzzo e degli eredi Manzo dopo, per un
fatto gravissimo loro addebitato che è stato causa della richiesta di annullamento
dell’atto di vendita viziato sin dall’origine per dolo o la mancanza di consenso?»
Quanto ai vizi di motivazione il ricorrente espone quanto segue: «La

Corte d’appello ha confermato come giusto il capo della sentenza del Tribunale
riguardante la liquidazione delle spese. Il Tribunale ha detto che in considerazione
della causa penale di estorsione, si riteneva equo compensare le .pese pur ritenendo il
Ferla soccombente. Poiché dalla causa è risultato che ambedue i giudici non hanno
né esaminato né tenuto conto delle risultane penali relative all’estorsione commessa
dal Milluzzo nei confronti della reale che avrebbe dovuto dare al processo civile una
definizione diversa e positiva nei riguardi della Reale-Ferla non si comprende perché
proprio per il giudizio penale di estorsione si è ritenuto opportuno compensare le
spese: se detto giudizio penale aveva una valenza questa si sarebbe dovuto rilevarla
Ric. 2007 n. 32274 sez. 52 – ud. 15-10-2013

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richieste una volta pervenutosi ad una declaratoria di prescrizione dell’azione civile

nel corso di tutto il contesto della sentenza, cosa che non è stato fatta; perché i casi
sono due: o il giudizio penale di estorsione aveva una valenza allora questa si
sarebbe dovuta rapportare a tutto il contesto delle motivazioni della sentenza; o non
aveva alcuna valenza, ed allora perché rifarsi ad essa sola ed esclusivamente con
riguardo alla liquidazione delle spese giudiziali?. L’omessa e insu zcienza della

2. Prima di passare all’esame dei motivi di ricorso, occorre esaminare le
eccezioni d’inammissibilità del ricorso avanzate dai controricorrenti, i
quali rilevano per ?intero ricorso” la (palese violazione delle severe prescrizioni
di cui all’articolo 366 bis cod. proc. civ. Infatti, i quesiti formulati dal ricorrente a
chiusura dei singoli motivi di ricorso sembrano essere cosa ben diversa dai “quesiti
di diritto” che consentano alla Corte di enunciare un corrispondente principio di
diritto».
2.1 – Con riguardo a tali eccezioni e, più in generale, in relazione alle
modalità con le quali sono state avanzate le censure, formulari i quesiti
e descritti i fatti controversi nei momenti di sintesi relativi ai vizi di
motivazione denunciati, si è ritenuto opportuno riportare, già nella
parte relativa allo svolgimento del processo, le argomentazioni della
Corte di merito con riguardo ai motivi proposti, allo scopo di
individuare l’ambito preciso delle censure che la Corte ha ritenuto
essere state sottoposte al suo esame e le relative motivazioni. Ciò
perché l’esposizione delle censure, effettuata dal ricorrente / risulta
molto dettagliata, in diversi casi ripetitiva e in altri operata mediante
richiamo (tramite allegazione) al contenuto di atti processuali.
Complessivamente valutato, il contenuto del ricorso e delle censure
appare sufficiente a superare i rilievi avanzati d’inammissibilità, che,
semmai dovrà essere dichiarata con riguardo ad alcuni specifici motivi
e nei limiti di quanto si dirà.

Ric. 2007 n. 32274 sez. 52 – ud. 15-10-2013

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motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione».

3 — Proprio la complessità e la modalità di esposizione delle censure
proposte, che ricalcano in larga parte quelle già avanzate in appello,
pur formulandosi per alcune di esse considerazioni e argomentazioni
non oggetto di esame da parte della Corte d’appello, suggeriscono di
riassumere ed esaminare di seguito le questioni prospettate, così

delle conclusioni che saranno raggiunte all’esito del presente esame.
4. Le questioni proposte riguardano, da un lato, la durata e il calcolo
del termine della prescrizione dell’azione dell’annullamento del
contratto e, dall’altro, la norma applicabile in materia. Si fa riferimento
in particolare ad altri due giudizi, uno penale ed uno civile. Quanto alla
vicenda penale, si richiama la denuncia per estorsione proposta dalla
Reale in data 14 dicembre 1989 (vedi ricorso pagina 71) nei confronti
del Ferla, quanto all’atto di vendita del 9 luglio 1982, atto posto da
quest’ultimo a fondamento della sua domanda giudiziale del 4
dicembre 1989. Gli atti e le conclusioni di quel giudizio, secondo il
ricorrente, avrebbero dovuto essere valutati dai giudici del presente
procedimento anche d’ufficio, specie con riguardo alla corretta
individuazione della data di inizio, della sospensione o interruzione del
termine, del decorso della prescrizione dell’azione di annullamento, o
della sua durata ex articolo 2947, terzo comma, codice civile. Si
sarebbe dovuto, sempre secondo il ricorrente, tenere conto anche di
altro giudizio civile, proposto da tale Gionfriddo, creditrice della Reale,
per la declaratoria d’inefficacia nei suoi confronti dell’atto di
compravendita oggetto del presente giudizio. Assume il ricorrente che
circostanze, deduzioni e richieste utili a tal fine risultavano anche dalle
conclusioni avanzate dallo stesso in primo grado. Assume, in
particolare, che con riguardo al giudizio penale, a carico del Milluzzo,
conclusosi con declaratoria di prescrizione, avendo il giudice chiarito di
Ric. 2007 n. 32274 sez. 52 – ud. 15-10-2013

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potendosi poi procedere ad un esame dei singoli motivi, tenendo conto

non poter addivenire ad una pronuncia di assoluzione, si sarebbe
dovuto applicare la diversa durata della prescrizione, prevista dal terzo
comma dell’articolo 2947 codice civile. Assume, altresì, che dal giudizio
civile proposto dalla Gionfriddo si ricava la persistenza di atti di
violenza e di intimidazione nei confronti della Reale con conseguente

conclusione del contratto (9 luglio 1982), ma dalla sentenza resa in quel
giudizio (10 marzo 1986), conclusosi peraltro con il rigetto della
domanda della Gionfriddo.
5. Tanto premesso, occorre osservare in primo luogo che tutte le
l’argomentazioni su esposte non sono state oggetto di trattazione da
parte della Corte di merito, e che anche dall’esposizione dei motivi di
ricorso non sembra che esse siano stati specificamente trasfuse in
argomentazioni difensive, ritualmente acquisite al giudizio, tanto che il
ricorrente più volte invoca il mancato uso dei poteri di ufficio da parte
dei giudici di merito.
A fronte dell’eccezione di prescrizione dell’azione di annullamento, ove
tempestivamente proposta, incombeva all’odierno ricorrente allegare, e
provare, le circostanze che avrebbero, in tesi, impedito il decorso della
stessa, articolando al riguardo, se necessario, i relativi mezzi di prova.
Si tratta certamente di poteri di eccezione che spettano alla parte e che
non possono essere esercitati d’ufficio dal giudice. Le indicate
circostanze, impeditive del decorso della prescrizione, dovevano in
ogni caso essere oggetto di prova, anche attraverso la valutazione degli
atti penali e civili dei due distinti giudizi richiamati, pur sempre ad
iniziativa di parte. In ogni caso, l’esito del giudizio penale per
estorsione a carico del Milluzzo (non doversi procedere per
prescrizione) non determina alcuna diretta influenza sull’odierno
giudizio, così come l’esito del giudizio civile iniziato dalla Gionfriddo,
Ric. 2007 n. 32274 sez. 52 – ud. 15-10-2013

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inizio della prescrizione dell’azione di annullamento non già della

posto che le violenze e le intimidazioni, in tesi subite, non risultano
essere state oggetto di rituale allegazione e comunque di prova.
6. Tutto quanto esposto si traduce in rilievi d’inammissibilità dei
relativi motivi, che affrontano tali questioni, sotto il profilo della loro
specificità, stante l’onere di allegazione da parte del ricorrente di aver

eccezioni indicate a fronte della mancata trattazione di esse da parte
della Corte di merito. Inoltre, la prospettazione delle relative censure
doveva aver essere formulata con riguardo alla violazione dell’art. 112
cod. proc. civ., trattandosi in tesi di omissione di pronuncia con
riguardo a specifiche eccezioni e relative argomentazioni, già
prospettate. In mancanza, esse risultano anche inammissibili in queste
sede perché nuove. Parimenti, la mancata valutazione di eccezioni,
richieste e deduzioni da parte del giudice di primo grado doveva essere
oggetto di specifica impugnazione, che se non esaminata da giudice di
appello, può essere esaminata in questa sede solo nei limiti della
specifica allegazione della tempestiva e compiuta allegazione.
7. Tanto premesso, possono essere esaminati specificamente i sei
motivi di ricorso, che risultano inammissibili e infondati, per quanto di
seguito si chiarisce.
7.1 Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ.
con riguardo alla mancata trascrizione delle conclusioni nella sentenza
di primo grado. Al riguardo correttamente la Corte di merito ha
applicato il consolidato principio di diritto, da questa Corte affermato
fin da SU 2005 n. 20469, secondo il quale «L’omessa, inesatta o incompleta

trascrizione delle conclusioni delle parti nell’epigrafe della sentenza importa nullità
della sentenza stessa soltanto quando le suddette conclusioni non siano state
esaminate, di guisa che sia mancata in concreto una decisione sulle domande ed
eccezioni ritualmente proposte, mentre quando dalla motivazione risulta che le
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prospettato ritualmente e tempestivamente le argomentazioni e le

conclusioni sono state e ettivamente esaminate, il vizio si risolve in una semplice
imped.e.zione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza (Cass. n. 5277
del 10/ 031 2006 – Rv. 589438; Cass. n. 13435 del 01 / 06/ 2010 – Rv.
613277)». La Corte di merito ha chiarito che il giudice di primo grado
ha tenuto conto di tutte le domande ed eccezioni avanzate. Le restanti

relative alla mancata valutazione degli elementi di fatto risultanti dai
giudizi di cui si è detto ai precedenti punti 4, 5 e 6, non risultano
pertinenti rispetto alla violazione denunciata, per quanto esposto al
punto 6. In tal senso anche i relativi quesiti, che hanno riguardo a
diversa violazione di legge. In ogni caso, occorre rilevare che
l’appellante (odierno ricorrente) avrebbe dovuto lamentare in sede
d’appello che alla mancata ed incompleta trascrizione delle conclusioni
era correlata un’omissione di pronuncia (da parte del tribunale) o di
esame di un punto decisivo della controversia (Cass. 1769 del 1986) ed
avrebbe dovuto, altresì, indicare la questione non scrutinata così da
consentire al giudice distrettuale di provvedere direttamente sul punto,
non ricorrendo al riguardo le ipotesi di regressione del giudizio al
primo grado ex articolo 353 e 354 c.p.c. In tale prospettiva, il primo
motivo di appello avrebbe dovuto avere altro contenuto, ex art. 342
c.p.c., mentre esso così come formulato, è stato correttamente respinto
dal giudice distrettuale. Né quel contenuto (asserita erronea
applicazione dell’articolo 2947 codice civile ed erronea individuazione
dell’eccezione al riguardo sollevata) può essere valutato in questa sede.
Va, inoltre, osservato che l’eccezione di prescrizione formulata dalla
parte all’udienza, non può ritenersi rinunciata o abbandonata solo
perché non espressamente ripetuta all’udienza di precisazione delle
conclusioni, quando queste non siano state formulate in modo
specifico e dettagliato, potendo comunque il giudice di merito trarre
Ric. 2007 n. 32274 sez. 52 – ud. 15-10-2013

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questioni, avanzate in questa sede con riguardo a tale violazione ma

elementi di convincimento, in ordine alla coltivazione dell’eccezione,
dal contenuto la comparsa conclusionale e, in generale, dal
comportamento complessivo della parte, così come avvenuto nel caso
concreto.
7.2 É parimenti infondato il secondo motivo, posto che correttamente

rispetto alla quale si pone come presupposto logico la affermata
proponibilità della domanda di annullamento, non ha alcun valore
decisorio sul punto indicato, né è necessaria una specifica motivazione
della sentenza al riguardo, quando, come nel caso di specie, risulti
chiaro il percorso motivazionale con riguardo al decisum. La Corte
territoriale ha applicato anche in questo caso consolidati principi
affermati da questa Corte, restando i quesiti avanzati non conferenti
rispetto alla violazione denunciata, così come i fatti controversi esposti,
che richiamano la rivelanza, assunta dal ricorrente, di fatti e circostanze
che risulterebbero da altri giudizi. Si richiamano al riguardo le
osservazioni formulate al punto 6. Può ulteriormente osservarsi che
l’ordinanza ammissiva della prova circa la proponibilità delle domande
rispetto alla quale la richiesta prova è inammissibile, non può essere
valutata come una sentenza non definitiva su questione pregiudiziale.
Del resto nemmeno il secondo e l’ottavo motivo di appello erano stati
formulati nei predetti sensi. Va, poi, osservato che la domanda di
rilascio non era domanda rivolta alla contraente (venditrice) ex articolo
1476 n. 1 codice civile, ma all’erede della usufruttuaria, che non aveva
titolo per detenere e, perciò, al di fuori della responsabilità contrattuale
derivante dalla vendita della nuda proprietà dell’immobile.
Inoltre, il dettato del terzo comma dell’articolo 2947 si applica
unicamente alle azioni di danno e non anche all’azione

di

annullamento del contratto, neppure quando il vizio del consenso
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la Corte di merito ha osservato che l’ordinanza ammissiva delle prove,

dipende da un fatto concretante reato (vedi al riguardo Cass 2004 n.
18169).
7.3 — Il terzo motivo risulta inammissibile per le parti in cui richiama
atti, fatti e circostanze relative agli altri giudizi, che avrebbero dovuto
essere esaminati anche d’ufficio, senza indicare come, quando e con

allegazioni, deduzioni e formali eccezioni, posto che, come si è detto,
la Corte di merito non le ha affrontate. Si richiamano le osservazioni
già formulate al punto 6. Il terzo motivo risulta poi infondato per le
questioni relative alla affermata intervenuta prescrizione dell’azione di
annullamento del contratto, posto che per tabulas risulta che il
contratto oggetto della causa fu stipulato il 9 luglio 1982, mentre
l’azione giudiziale fu iniziata il 4 dicembre 1989 dal Milluzzo con
successiva domanda riconvenzionale di annullamento, formulata,
quindi, ampiamente dopo i cinque anni. La Corte di merito ha poi
chiarito la tempestività e ritualità della relativa eccezione di
prescrizione. I quesiti avanzati presuppongono che le questioni
indicate siano state ritualmente acquisite al giudizio e trattate,
risultando altrimenti solo astratti e non pertinenti, così come i fatti
controversi indicati nel momento di sintesi. Va inoltre osservato che
nei giudizi di cosiddetto “vecchio rito” (anteriore alla novella del 1990,
applicabile al giudizio in questione, perché iniziato con citazione del 4
dicembre 1982), la formulazione di eccezioni non era sottoposta al
regime decadenziale indicato dall’appellante e ribadito nel ricorso.
L’eccezione di prescrizione ritualmente proposta, non risulta, poi,
abbandonata sol perché non riprodotta nelle conclusioni, come si è già
osservato. Le questioni, infine, dell’applicabilità dell’articolo 2947,
terzo comma, codice civile e della relativa eccezione, dovevano, come
pure già detto, costituire specifici motivi di appello, ex articolo 342
Ric. 2007 n. 32274 sez. 52 – ud. 15-10-2013

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quali modalità tali questioni sarebbero state oggetto di specifiche

, itc.p.c., risultando, in caso contrario, “nuove ‘ quindi inammissibili in
sede di legittimità.
7.4 Quanto rilevato per il precedente motivo, risulta pertinente anche
per il quarto, che è parimenti inammissibile quanto alle questioni
relative agli altri giudizi ed infondato quanto al resto, avendo la Corte

determina, a seguito del decesso della usufruttuaria, il consolidamento
del relativo diritto, senza necessità di altro e senza potersi configurare
in capo alla signora Reale, figlia convivente della usufruttuaria, una
posizione, anche possessoria, autonoma, tale da determinare effetti
utili ai fini della decorrenza del termine di prescrizione. Correttamente
quindi il giudice distrettuale ha escluso l’applicabilità del dettato
dell’articolo 1442, ultimo comma, codice civile sul rilievo che la
domanda attorea (di rilascio, svolta contro il detentore senza titolo)
non sostanziava un’azione contrattuale di consegna ex articolo 1476 n.
1, codice civile. Il ricorrente censura la qualificazione giuridica della
domanda operata dal tribunale e confermata dal giudice distrettuale,
senza indicare però il criterio ermeneutico legale asseritamente violato.
In questo quadro risulta coerente (e corretta) anche la statuizione del
giudice distrettuale di mancata ammissione delle richieste istruttorie
relative ad una domanda da respingersi per prescrizione.
7.5 Inammissibile, e comunque infondato, è il quinto motivo, che
ripropone le argomentazioni prospettate quanto al rilievo, anche di
ufficio, di circostanze e fatti che risulterebbero dagli altri giudizi.
Valgono, quindi, le considerazioni svolte al punto 6, dovendosi
soltanto aggiungere che la ritenuta prescrizione, come affermato dal
giudice di primo grado e dalla Corte di appello, non rendeva necessario
l’esame nel merito della domanda di annullamento del contratto,
restando le altre questioni, relative alla decorrenza della prescrizione ed
Ric. 2007 n. 32274 sez. 52 – ud. 15-10-2013

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di merito chiarito che il contratto di vendita della nuda proprietà

alla norma applicabile con riguardo agli elementi risultanti dagli altri
giudizi, soggette alle medesime valutazioni già espresse per i precedenti
motivi e specificamente a quelle espresse al punto 6. In ogni caso, il
ricorrente propone una diversa qualificazione della posizione giuridica
nella quale si trovava la signora Reale con riguardo all’immobile,

usufruttuaria, ma quale soggetto in possesso del bene per essere già
stata nuda proprietaria. Al riguardo il ricorrente non indica i criteri
ermeneutici legali violati dal giudice distrettuale nella ricognizione della
fattispecie.
7.6 Infine, l’ultimo motivo di ricorso appare inammissibile per carenza
di interesse, come del resto implicitamente rilevato dalla Corte di
appello. A fronte della totale soccombenza, il giudice di primo grado
aveva disposto la compensazione delle spese con riguardo a tutti gli
elementi della vicenda giudiziaria, anche quelli relativi al giudizio
penale. Di qui la carenza di interesse alla impugnazione in mancanza di
soccombenza. Le argomentazioni esposte intendono non già dedurre
una violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., ma prospettare un ulteriore
elemento di vizio motivazionale con riguardo alle risultanze del
giudizio penale. Si tratta però di una valutazione della parte, posto che
ben può il giudice tener conto, ai soli fini della regolazione delle spese,
anche di vicende che non possono rifluire anche sul decisum nel merito.
8. Anche in questa sede si ritiene di disporre la compensazione delle
spese di lite in ragione della peculiarità della vicenda.

P.T.M.
La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 15 ottobre 2013
L’ESTEN RE

IL PRESIDENTE

indicata non già quale semplice detentrice senza titolo ed erede della

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