Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16165 del 09/06/2021

Cassazione civile sez. lav., 09/06/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 09/06/2021), n.16165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9196/2016 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA

195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, rappresentato e

difeso dall’avvocato CLAUDIO LALLI;

– ricorrente – principale –

contro

A.R.S.T. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II n.

326, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO SCOGNAMIGLIO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MASSIMO CORRIAS, PIER

GIORGIO CORRIAS;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 392/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 02/10/2015 R.G.N. 289/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/02/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte d’Appello di Cagliari, con la sentenza n. 392 del 2015, depositata il 2 ottobre 2015, confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede nella parte in cui aveva dichiarato la nullità del termine apposto ai due contratti di lavoro stipulati tra A.G. e la società ARST spa -(dal 12 luglio 2008 al 30 novembre 2008 e dall’11 marzo 2009 al 30 giugno 2009)- e condannato la società al pagamento della indennità L. n. 183 del 2010, ex art. 32; riformava la sentenza nella parte in cui aveva dichiarato la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, rigettando la domanda di conversione.

2. La Corte territoriale in punto di nullità del termine osserva che l’appello di ARST doveva essere respinto perchè inconferente. La nullità era stata dichiarata dal Tribunale non per la insussistenza delle causali indicate nei contratti nè per la loro pluralità ma, prima ancora, per la genericità delle suddette causali nonchè delle allegazioni di ARST a sostegno della necessità del ricorso al lavoro a termine. Tale valutazione era condivisibile.

3. Andava invece accolto il motivo di appello di ARST relativo alle conseguenze di detta nullità in quanto, pur trattandosi di s.p.a., soggetta alla applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, il suo obbligo di reclutare il personale esclusivamente per concorso determinava l’impossibilità della conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato.

4. Detto obbligo non derivava dal D.L. n. 112 del 2008, art. 18, perchè esso era entrato in vigore, ai sensi del comma 1, dopo 60 giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione (ovvero il 6 ottobre 2008), epoca successiva alla prima assunzione dell’ A., alla quale occorreva avere riguardo per individuare la disciplina applicabile.

5. Neppure era applicabile il D.L. n. 702 del 1978, convertito in L. n. 3 del 1979, in quanto relativo a Comuni, consorzi e rispettive aziende, province, mentre ARST era una società a totale partecipazione regionale.

6. L’obbligo di assumere per concorso era stabilito per ARST dalla L.R. n. 16 del 1974, art. 23; tale articolo continuava ad essere vigente anche dopo la trasformazione di ARST da ente pubblico economico a società per azioni, avvenuta il 2 agosto 2007 ai sensi della L.R. n. 21 del 2005. Quest’ultima legge non conteneva una abrogazione espressa della L. n. 16 del 1974, nè era ravvisabile una abrogazione tacita per incompatibilità.

7. Il Tribunale non negava l’obbligo di ARST di assumere il proprio personale per concorso ma sosteneva che esso non escludesse la conversione; l’assunto non era condivisibile, in quanto il divieto di assunzione senza concorso operava a prescindere dalle modalità con cui la assunzione si realizzava.

8. Quanto al risarcimento del danno, correttamente il Tribunale aveva ritenuto che l’indennità L. n. 183 del 2010, ex art. 32, coprisse il danno subito in tutto il periodo decorrente dalla scadenza del contratto a termine alla pronuncia della sentenza. Corretta era anche la quantificazione, in relazione alla brevità del tempo lavorato.

9.Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il lavoratore prospettando tre motivi di censura; resiste ARST con controricorso, contenente ricorso incidentale articolato in due motivi, illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo del ricorso principale è dedotta la violazione e falsa applicazione della L.R. Sardegna 20 giugno 1974, n. 16 e della L.R. Sardegna 7 dicembre 2005, n. 21. Violazione e falsa applicazione dell’art. 117 Cost.. Violazione della L. Cost. 28 febbraio 1948, n. 3. Illegittimità costituzionale della L.R. Sardegna 20 giugno 1974, n. 16, in relazione agli artt. 3 e 117 Cost. ed alla L. Cost. 28 febbraio 1948, n. 3.

2. La censura afferisce alla statuizione di impossibilità di convertire il contratto a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato, che la Corte d’Appello fa derivare dalla L.R. Sardegna n. 16 del 1974. Il ricorrente deduce che detta legge regionale non era vigente al momento della stipula dei contratti a termine e che, comunque, la stessa non prevedeva alcuna nullità per i contratti stipulati in violazione dell’obbligo del concorso.

3. Assume che qualora si ritenesse che i contratti stipulati senza l’espletamento di concorso siano nulli, la normativa regionale dovrebbe essere rimessa alla Corte costituzionale per verificarne la legittimità, in relazione a diversi parametri (art. 3 dello Statuto di autonomia approvato con L. Cost. n. 3 del 1948; art. 117 Cost.; artt. 11 e 117 Cost.; art. 3 Cost.).

4. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione della L.R. autonoma Sardegna n. 16 del 1974 e della L.R. Sardegna n. 21 del 2005 (per la ritenuta mancata abrogazione delle prime due norme ad opera del D.Lgs. n. 368 del 2001), nonchè conseguente violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, per essere stata negata la conversione del contratto in contratto a tempo indeterminato; omessa e comunque contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, costituito dalla esistenza o meno di un obbligo di assunzione per concorso.

5. Il ricorrente assume che la disciplina dettata dalla L.R. n. 16 del 1974, sarebbe stata sostituita negli aspetti sanzionatori: dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (disciplina inapplicabile ad ARST, sia nella veste di ente pubblico economico che come spa) e dal D.Lgs. n. 368 del 2001 (nella specie applicabile).

6. Deduce, altresì, che la L.R. Sardegna n. 16 del 1974, nella parte in cui prevede l’obbligo del concorso pubblico, sarebbe stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, nonchè dalla L.R. n. 21 del 2005.

7. I primi due motivi di ricorso, che devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione, sono fondati.

8. La fattispecie di causa ha ad oggetto due contratti a termine, il primo dei quali stipulato dal 12 luglio al 30 novembre 2008.

9. In relazione ai contratti a termine rispetto ai quali trovava applicazione ratione temporis la L.R. n. 16 del 1974, questa Corte (sentenze n. 5229 del 2017 e n. 6413 del 2017 e giurisprudenza successiva) ha affermato che l’art. 23 della suddetta Legge Regionale, che prevede l’assunzione esclusivamente mediante concorso pubblico del personale dell’azienda di trasporto locale ARST, impedisce la conversione dei contratti a termine illegittimamente stipulati con la stessa in contratti a tempo indeterminato. Si è aggiunto che tale disposizione non viola l’art. 3 Cost. – in quanto applicazione della generale forma di reclutamento per le figure soggettive pubbliche, posta a presidio delle esigenze d’imparzialità ed efficienza dell’azione amministrativa – nè confligge con la direttiva n. 1999/70/CE, poichè le misure nazionali atte a fronteggiare l’abusiva reiterazione dei contratti a termine possono essere anche diverse dalla suddetta conversione, purchè effettive e dissuasive.

10. L’ARST, con la L.R. Sardegna 7 dicembre 2005, n. 21, è stata trasformata in società per azioni, a partecipazione azionaria pubblica e privata, con il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria e con la denominazione di ARST S.p.A (art. 30, comma 1).

11. La art. 47 della medesima L.R. ha abrogato la L.R. n. 16 del 1974.

12. Come affermato da questa Corte – a partire da Cass. n. 3621 del 2018 – tale disposizione era chiara nell’estendere l’effetto abrogativo all’intera disciplina riguardante l’Azienda Regionale, con il solo limite della “garanzia di conservazione dei trattamenti economici e previdenziali goduti all’entrata in vigore della presente legge” (art. 46).

13. Erroneamente, pertanto, la Corte territoriale ha affermato che l’obbligo di assunzione per concorso posto a carico di ARST dalla L.R. n. 16 del 1974, art. 23, sarebbe ancora vigente dopo la trasformazione di ARST in spa, avvenuta il 2 agosto 2007.

14. Il quadro di riferimento normativo si modificava ulteriormente per effetto del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 133 del 2008, che al comma 1, stabiliva che:

“A decorrere dal sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente D.L., le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 3”.

In sede di conversione sono state apportate al suddetto comma 1 soltanto correzioni formali.

15. Questa Corte, con la citata sentenza n. 3621 del 2018, cui ha dato seguito la giurisprudenza successiva (ex aliis: Cass. n. 6772 del 2018, n. 6818 del 2018) ha affermato che l’omesso esperimento delle procedure concorsuali previste dal comma 1 – nonchè di quelle selettive richiamate nel successivo comma 2 per le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo – determina la nullità del contratto ai sensi dell’art. 1418 c.c.. Una volta affermato che per le società a partecipazione pubblica, quale è l’ARST spa, con riguardo alle fattispecie cui è applicabile il D.L. n. 112 del 2008, art. 18, commi 1 e 2, il previo esperimento delle procedure concorsuali e selettive condiziona la validità del contratto di lavoro, non può che operare il principio secondo cui anche per i soggetti esclusi dall’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, la regola della concorsualità imposta dal legislatore, nazionale o regionale, impedisce la conversione del contratto a termine affetto da nullità in rapporto a tempo indeterminato.

16. Tanto ribadito, è, tuttavia, dirimente nella fattispecie di causa il rilievo che del D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 1, non era ancora entrato in vigore alla data di stipula del primo contratto a termine (luglio 2008). La sua decorrenza era fissata “dal sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione”; poichè la legge di conversione è stata pubblicata in Gazzetta Uff. 21/08/2008 n. 195 ed è entrata in vigore il 22/08/2008, giorno successivo alla pubblicazione (art. 1), la data di entrata in vigore del suddetto art. 18, comma 1, va fissata nel 21 ottobre 2008.

17. La sentenza impugnata, pertanto, ha erroneamente fatto applicazione di principi non riferibili ratione temporis al contratto a termine del luglio 2008, primo sottoscritto tra le parti di causa.

18. Resta assorbito il terzo motivo del ricorso principale, con il quale si censura la statuizione di liquidazione del danno, che ha quale suo presupposto il rigetto dei precedenti motivi (pagina 24 del ricorso, ultimo periodo del punto 1: “qualora, infatti, le statuizioni censurate con i precedenti motivi dovessero essere ritenute conformi a diritto e, quindi, il principio di non convertibilità, rimarrebbe il ricorrente privo della giusta tutela risarcitoria…”).

19. Può passarsi all’esame del ricorso incidentale dell’ARST.

20. Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e 2. Assume l’ARST che il criterio della specificità delle causali deve essere valutato tenendo conto delle concrete realtà aziendali, con congruità e ragionevolezza. Inoltre, possono coesistere una pluralità di esigenze per l’apposizione del termine e la sussistenza anche di una sola di esse renderebbe legittimo il termine. Nella fattispecie di causa era pacifico che fosse stato bandito un concorso e che l’assunzione del ricorrente avveniva nelle more della procedura concorsuale. Inoltre, negli anni 2008 e nel 2009 vi erano numerose circostanze (illustrate in ricorso) dedotte in entrambi i giudizi di merito, che imponevano all’Azienda il ricorso al contratto a termine.

21. Il motivo è inammissibile. La censura si incentra sul contenuto delle clausole appositive del termine, che non sono riprodotte nel ricorso, nè è indicato il luogo di produzione del relativo contratto, non risultando assolti gli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4. Và, altresì, osservato che la ricorrente incidentale neppure censura la statuizione della Corte territoriale, autonomamente decisiva, secondo cui erano generiche le allegazioni di ARST spa dirette a dimostrare la ricorrenza delle esigenze temporanee.

22. Con il secondo motivo del ricorso incidentale è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di contratto collettivo, art. 7 dell’Accordo nazionale del 27 novembre 2000 (Ipotesi di accordo di rinnovo del contratto di lavoro degli autoferrotranvieri per il periodo 2000-2003). Espone ARST che tale fonte collettiva dispone che i contratti a termine possono essere attivati ai sensi della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, quando l’assunzione abbia luogo per il periodo necessario all’espletamento delle procedure di assunzione, situazione ricorrente nella fattispecie di causa.

23. Il motivo è inammissibile.

24. Come già affermato da questa Corte nel trattare motivi di ricorso proposti da ARST e sovrapponibili, (ex aliis Cass., n. 4636 del 2018; Cass. n. 27342/2020) le censure che addebitano alla sentenza erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni contenute nell’Accordo nazionale del 27.11.2000 sono inammissibili se tale Accordo, incontestatamente riferito a rapporti di diritto privato, non risulta allegato al ricorso nella sua integralità e nemmeno ne risulta indicata la specifica sede di produzione processuale, come nel caso di specie.

25. La parificazione sul piano processuale della denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2) a quella delle norme di diritto, comporta che non è necessario indicare, a pena di inammissibilità, il criterio ermeneutico violato ma non esonera, nell’ambito dei rapporti di lavoro di diritto privato, la parte ricorrente dall’onere di allegare il contratto collettivo nazionale di lavoro di cui lamenta la erronea interpretazione, in quanto sono conoscibili di ufficio dalla Corte di legittimità soltanto i contratti collettivi del pubblico impiego, in ragione del peculiare procedimento formativo disciplinato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 40 e segg. (Cass. SS.UU., n. 23329 del 2009; Cass., n. 24036 del 2017).

26. La mera riproduzione in ricorso del solo art. 7 dell’Accordo del 27.11.2000 non può ritenersi sufficiente ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2, n. 6 e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. Al riguardo, va ribadito il principio ripetutamente affermato da questa Corte secondo cui la riproduzione parziale della clausola contrattuale che si assume violata è incompatibile con i criteri di fondo dell’intervento legislativo di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, e contrasta anche con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dall’art. 1362 e segg., ed, in particolare, con la regola prevista dall’art. 1363 c.c., atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione che interessa (Cass., SS.UU., n. 20075 del 2010; Cass., n. 28892 del 2017).

27. Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere cassata in accoglimento del primo e del secondo motivo del ricorso principale, assorbito il terzo e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale.

28. La causa va rinviata alla Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione affinchè riesamini la statuizione sulla conversione del contratto a termine alle luce dei principi esposti in motivazione.

29. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, sulle spese del presente grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, assorbito il terzo. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia – anche per le spese – alla Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021

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