Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16163 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/07/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 28/07/2020), n.16163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso 22600/2015 proposto da:

Agenzia delle Entrate (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

(C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici in Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

G.M., G.R. e G.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 832/8/2015 emessa dalla CTR Toscana in data

07/05/2015 e notificata il 23/06/2015;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica

dell’8/1/2020 dal Consigliere Dott. Penta Andrea;

udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero Dott.

Giacalone Giovanni nel senso del rigetto del ricorso;

udite le conclusioni rassegnate dal difensore dell’Agenzia delle

Entrate, Avv. Valenzano Emanuele.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

G.S., G.M. e G.R., quali acquirenti, impugnavano l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate di Prato rettificava il valore complessivo dei beni acquistati relativi a due capannoni ad uso officina da Euro 540.000,00 dichiarato ad Euro 898.000,00, uno, e da Euro 360.000,00 dichiarato ad Euro 720.000,00, l’altro. La ricorrente eccepiva la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 43,51 e 42, perchè l’atto non faceva riferimento ad alcun elemento comparativo, e la violazione del DM n. 1444 del 1968, art. 9,L. n. 122 del 1989, art. 2 e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 2 per carenza di istruttoria e illogicità manifesta, perchè la perizia stima era, a suo dire, errata nei presupposti legali, fattuali e commerciali.

Infine, contestava la violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 10, per illegittimità della sanzione applicata.

Si costituiva l’Ufficio, ribadendo la legittimità del proprio operato.

La CTP di Prato, in data 18.5.2012, riteneva necessario procedere alla nomina di un CTU per determinare il valore venale degli immobili alla data dell’atto ed il perito nominato, attestava, con relazione datata 27.9.2012, che il valore dichiarato di Euro 900.000,00 era certamente superiore al valore dei due immobili compravenduti.

La CTP di Prato, con sentenza n. 2 dell’11.1.2013, respingeva le eccezioni sollevate, dai contribuenti, per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, dall’Ufficio, in riferimento alla inattendibilità -inutilizzabilità della relazione del CTU, ed accoglieva il ricorso nel merito.

Proponeva appello l’Ufficio, facendo presente che il CTU, sebbene avesse condiviso i parametri utilizzati dall’Agenzia del Territorio circa la volumetria realizzabile (determinata in 8.860 mc.) e il prezzo (di Euro 186,40 mq.), successivamente aveva introdotto valutazioni personali ritenendo che il valore così determinato dovesse essere forfettariamente abbattuto. Contestava l’abbattimento del 45% effettuato sul valore determinato dall’UTE, perchè fondato su valutazioni soggettive e perciò privo di riscontri oggettivi e chiedeva la riforma della sentenza impugnata o, in subordine, di determinarsi nella misura del 6% l’abbattimento del maggior valore accertato.

Con controdeduzioni e appello incidentale, i contribuenti eccepivano l’infondatezza dell’appello, per essere state riproposte le deduzioni formulate in sede di osservazioni alla CTU, controdedotte e respinte dal giudice di primo grado, e sottolineavano il difetto di motivazione della sentenza sulla violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7.

In subordine, riproponevano l’eccezione sulla non debenza delle sanzioni. Con sentenza del 7.5.2015 la CTR Toscana rigettava l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) la commissione di primo grado si era attenuta ai principi generali, dapprima affidando l’incarico al CTU per una relazione sui fatti in causa e, poi, tenendo conto delle sue conclusioni ed esprimendo ampiamente, pur non essendo a ciò tenuta, i motivi per cui aveva aderito alle risultanze della stessa;

2) quanto alle critiche mosse dall’Ufficio in appello, il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento;

3) le critiche dell’appellante, tendendo al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvevano in mere argomentazioni difensive, che non potevano configurare il vizio di motivazione previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5;

4) una mera disamina fatta dalla patte, corredata da annotazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolveva nella mera prospettazione di un sindacato di merito.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle

Entrate, sulla base di due motivi.

G.M., G.R. e G.S. non hanno svolto difese.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la CTR condiviso acriticamente la decisione di prime cure, la quale, a sua volta, si era fondata sulle risultanze della c.t.u., senza valutare le censure da essa sollevate avuto riguardo a quest’ultima.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59 e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la CTR effettuato l’esame sul piano della congruità della motivazione della sentenza di primo grado, anzichè esprimersi sui motivi di gravame formulati dall’Ufficio (concernenti la correttezza del metodo seguito dal perito d’ufficio e dei parametri utilizzati).

2.1. I motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono inammissibili.

In termini generali, ove il giudice di merito riconosca convincenti le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, poichè l’obbligo della motivazione è assolto già con l’indicazione delle fonti dell’apprezzamento espresso, dalle quali possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti siano state implicitamente rigettate; pertanto la parte che deduce un vizio di motivazione od un’erronea valutazione dei dati ha l’onere di indicare in modo specifico le deduzioni formulate nel giudizio di merito, delle quali il giudice non si sia dato carico, non essendo in proposito sufficiente il mero e generico rinvio agli atti del pregresso giudizio (cfr. Cass. n. 5229/2011; conf. Cass. 19475/2005).

Non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca per relationem le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui dichiari di condividere il merito; pertanto, per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, tale motivazione è necessario che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica d’ufficio già dinanzi al giudice a quo, la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione; al contrario, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità (Sez. 1, Sentenza n. 10222 del 04/05/2009).

Peraltro, il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perchè incompatibili con le conclusioni tratte. In tal caso, le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (Sez. 1, Sentenza n. 282 del 09/01/2009; conf. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1815 del 02/02/2015).

2.2. Orbene, nel caso di specie la CTR, avuto riguardo alle critiche mosse dall’Ufficio nel grado di appello, ha evidenziato (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata) che il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo di motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento. La ricorrente non ha contestato, se non in modo apodittico (cfr. fine pag. 30 del ricorso) che in appello il perito avesse preso espressamente posizione sulle censure da essa formulate.

Pertanto, in osservanza del principio di specificità del ricorso, di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), la ricorrente avrebbe avuto l’onere di riprodurre, almeno nei suoi passaggi maggiormente salienti, i chiarimenti offerti in appello dal tecnico d’ufficio per confutare le sue deduzioni critiche, onde porre questa Corte nelle condizioni di verificare se e in che termini il consulente d’ufficio avesse analizzato le censure della allora appellante.

Ciò a maggior ragione se si considera che la CTR ha dato atto che il c.t.u. aveva ribadito anche in secondo grado: a) che i lotti dei due fabbricati, sia presi individualmente che accorpati, non avevano alcuna capacità edificatoria autonoma per ragioni dimensionali e per fattori urbanistici; b) “con ampie argomentazioni” che la stima UTE non era corretta; c) le ragioni dell’abbattimento (del 45%) andavano riferite ad un progetto approvato nel quale esisteva incertezza sia per quello che si poteva fare sia sulle volumetrie.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, scarsa rilevanza hanno i rilievi concernenti l’asserita mancata individuazione dell’arco temporale assunto al fine di acquisire i fattori oggettivi di comparazione in base ai quali era stata determinata la percentuale di abbattimento (pag. 11 del ricorso) e l’irrilevanza del tempo reale necessario per realizzare il progetto (pagg. 15 ss.).

Va, allora, ribadito il principio già enunciato da questa Corte, secondo cui il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perchè incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive (Sez. 2, Sentenza n. 12080 del 13/09/2000; conf. Sez. 1, Sentenza n. 8355 del 03/04/2007, Sez. 1, Sentenza n. 282 del 09/01/2009 e Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1815 del 02/02/2015).

La doglianza concernente l’esorbitanza dell’abbattimento del 45% applicato, infine, sollecita, di fatto, una rivalutazione delle risultanze istruttorie preclusa nella presente sede.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Nessuna pronuncia va adottata con riferimento alle spese del presente grado di giudizio, atteso che gli intimati non hanno svolto difese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

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