Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16161 del 26/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16161 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

Cdc 07.05.2013

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.

10453 del R.G. anno 2012

proposto da:
Ministero delle Infrastrutture e Trasporti domiciliato in ROMA, via
dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato

ricorrente –

contro
Papagni Sergio domiciliato in Roma via Laura Mantegazza 24 presso
Marco Gardin con gli avvocati Salvatore Basso ed Annalisa
Agostinacchio del Foro di Bari che lo rappresentano e difendono per
procura speciale in calce al controricorso

contro ricorrente –

avverso la sentenza n. 188 in data 9.2.2012 della Corte di
Appello di Bari ; udita la relazione della causa svolta nella c.d.c del
07.05 .2013 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE; presente il P.M., in
persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ignazio Patrone che ha
concluso come da relazione.
RILEVA
Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380
bis c.p.c. ha ricostruito la vicenda nel senso di cui appresso.
La Corte di Appello di Bari, conoscendo in grado di appello delle domande afferenti il risarcimento danni da occupazione acquisitiva ed indennità di occupazione legittima proposte da Sergio Papagni contro la
soc. ANAS per l’esproprio sostanziale di un suo fondo di mq. 3.431 sito
in Besceglie ed occupato con decreto 27.6.1986 per l’esecuzione di ope-

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Data pubblicazione: 26/06/2013

ra pubblica stradale, con sentenza 9.2.2012 ha determinato in €
97.458 il danno da occupazione appropriativa ed ha confermato la valutazione della indennità di occupazione legittima fatta dal primo giudice.
Nella motivazione la Corte territoriale ha, per quel che rileva in questa
sede, affermato che il decreto di occupazione era a durata quinquennale
e che pertanto era andato a scadenza il 26.6.1991 quando l’irreversibile
trasformazione dell’area si era già avverata con la conseguenza della irrilevanza della legge 158/1991 di proroga biennale dei termini di occu-

legittimare un esproprio successivo ad essa (pervero mai emesso), che
in ordine alla natura ed alla stima dell’area era chiaro che il CTU aveva
escluso che l’area stessa, in quanto soggetta a vincolo di rispetto stradale, fosse edificabile ma nondimeno aveva adoperato per la stima del valore venale (imposto dalla sentenza 349/2007 della C.C.) il criterio del
valore di mercato e lo aveva desunto da un atto notarile di vendita
18.9.1991 di fondo “analogo”, valore che non era stato contestato
dall’appellante né nella sua pertinenza né nella sua esattezza,.
Per la cassazione di tale sentenza l’Amministrazione e la soc. ANAS hanno proposto ricorso con tre motivi il 18.4.2012 ai quali si è opposto il
Papagni con controricorso del 25.5.2012. Il relatore nella relazione ex
art. 380 bis c.p.c. ha proposto l’accoglimento del ricorso. La difesa del
contro ricorrente Papagni ha contestato e criticato le proposte contenute
in relazione.
OSSERVA
Ritiene il Collegio di condividere pienamente le proposte di cui alla
relazione, non essendo pertinenti né per altro verso ammissibili le osservazioni critiche mosse ad essa nella memoria ex art. 378 c.p.c.
Quanto ai primi due motivi, da esaminare congiuntamente perché
connessi, afferenti la incongrua determinazione di valore venale dell’area
certamente inedificabile, coglie nel segno l’Avvocatura ricorrente
nell’indicare che, contrariamente a quanto asserito in sentenza, tanto il
criterio- come fatto proprio dal primo giudice – quanto i calcoli sono stati
contestati in appello dell’Amministrazione stessa: in realtà la Corte ha
condiviso la ritenuta natura inedificabile dell’area in quanto compresa in
fascia di rispetto stradale, ha correttamente affermato di dover applicare
il valore venale (alla luce di C.Cost. 181 del 2011) ed ha poi fatto capo
ad unico atto assunto quale tertium comparationis senza però, come denunziato, giustificare in alcun modo la sua pertinenza; e poiché detta
pertinenza ad avviso della ricorrente Amministrazione dovrebbe essere
radicalmente esclusa stante la natura edificabile di quell’atto del

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pazione, proroga pertanto successiva alla scadenza e che non poteva

18.9.1991, trattandosi di area coinvolta nella previsione di PIP, ne discende la incongruità ed in parte la erroneità della motivazione che con i
due motivi si contesta. Ne consegue la erroneità della scelta di far capo
esclusivamente e drasticamente, per individuare il valore venale
dell’area inedificabile de qua, a quell’atto nel mentre si sarebbe dovuto
applicare il principio posto nella più recente giurisprudenza di questa
Corte all’indomani della succitata sentenza di incostituzionalità, e ben
formulato nei precedenti costituiti da Cass.

11276/2012 – 25718,

Parimenti fondata è la censura di cui al terzo motivo. La Corte ha
infatti rettamente negato la rilevanza della legge di proroga 158/1991
ad escludere l’illecito in un quadro nel quale comunque mai era stato
adottato decreto di esproprio ma la Corte di Bari ha omesso di considerare che, anche nella ribadita e giusta prospettazione della occupazione
acquisitiva, la proroga biennale era comunque un dato di rilievo: si trattava infatti di determinare il momento (ai fini dell’apprezzamento del
valore ed ai fini del computo della indennità di occupazione legittima)
del passaggio della proprietà per il noto illecito. E il biennio derivante
dalla proroga era dunque di tutto rilievo. Va premesso che la difesa posta in controricorso afferente la scadenza della dichiarazione di p.u., se
pur proposta innanzi alla Corte di merito, come notato nella memoria ex
art. 378 c.p.c., devesi ritenere in questa sede inammissibile: posto
che la sentenza della Corte di merito esclude la sussistenza di una vicenda di occupazione usurpativa indotta dalla scadenza della efficacia
della dichiarazione di p.u., sarebbe stato onere ineludibile del Papagni
proporre sul punto impugnazione incidentale, impugnazione imposta
dalla soccombenza al proposito ma non proposta. Venendo quindi al decisum se ne evidenzia, come denunziato in ricorso, la erroneità: invero
alla data di entrata in vigore della legge di proroga biennale ad effetto
retroattivo da 1.1.1991 (legge 20.5.1991 n. 158 in G.U. 117 del
21.5.1991) il periodo di occupazione legittima destinato a scadere il
26.6.1991 era ancora in corso ed a nulla rilevava il completamento
dell’opera nella sua pendenza. La Corte di merito ha quindi ignorato
l’orientamento di questa Corte per il quale la proroga biennale anche retroattiva (ex lege 158 del 1991) non può avere effetti solo qualora alla
anteriore scadenza del periodo di occupazione l’opera fosse stata già
compiuta e pertanto l’opera stessa fosse stata automaticamente acquisita (Cass. 14826 del 2006 – 3907 e 6002 del 2011 e 15089 -2775
del 2012). Ne consegue, posto che pur compiuta l’opera l’illecito non si
era verificato stante la pendenza della occupazione legittima ut supra,

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21386, 19338/2011.

che il giorno della formazione dell’illecito acquisitivo va individuato come
detto in ricorso al 26.6.1993 e che in relazione a tal maggior periodo va
anche computata l’indennità di occupazione legittima.
E pertanto la cassazione della sentenza importerà la rideterminazione
del valore venale o di mercato dell’area ablata alla stregua dei parametri
richiamati dianzi ed il ricalcolo con riguardo all’appena indicato arco
temporale della occupazione (con datazione dell’illecito acquisitivo al
26.6.1993) tanto del valore venale in sé quanto della indennità di occu-

In tal senso si cassa, con rinvio alla stessa Corte anche per le spese.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la
determinazione delle spese di legittimità, alla Corte di Appello di Bari in
diversa composizione.
Così deciso nella c.d.c. della Sestz Sezione Civile il

07.05.2013.

pazione legittima che su di esso sia computata.

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