Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1616 del 24/01/2020

Cassazione civile sez. II, 24/01/2020, (ud. 20/02/2019, dep. 24/01/2020), n.1616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10112-2015 proposto da:

ISAM SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, V.BLUMENSTIHL 55, presso lo

studio dell’avvocato CATERINA BINDOCCI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALFREDO BRAGAGNI;

– ricorrente –

contro

G.C. LAVORI SRL, (GIA’ G.C. LAVORI SAS)

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, V.LE G. MAZZINI 6, presso lo studio

dell’avvocato ANTONELLA GUIDONI, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO PERSIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1171/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/02/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato BRAGAGNI Alfredo, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato GUIDONI Antonella con delega orale dell’Avvocato

PERSIO Francesco, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società G.C. Lavori s.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo del tribunale di Civitavecchia, con il quale le era stato ingiunto il versamento in favore di ISAM s.r.l. della somma di Euro 30.960,20, in pagamento della fattura da quest’ultima emessa sulla base di un contratto di noleggio di macchinari ed attrezzature sottoscritto dalle parti.

La G.C. Lavori s.r.l. contestava, per quanto qui ancora interessa, di avere noleggiato mezzi e macchinari dalla ISAM s.r.l. e di avere concordato l’importo indicato nella predetta fattura; in linea di subordine, l’opponente eccepiva in compensazione il contro credito di Euro 63.313,59, dalla stessa vantato nei confronti della ISAM in base alla fattura n. (OMISSIS), concernente lavori effettuati in favore dell’opposta nel cantiere di (OMISSIS).

La ISAM s.r.l. si costituiva in giudizio contestando la fondatezza dell’opposizione e chiedendone il rigetto.

Nel corso del giudizio la società opponente proponeva querela di falso in relazione al contratto di noleggio del 15 ottobre 2002 ed alla nota del 20 gennaio 2002, prodotti da ISAM s.r.l. come documenti allegati alla comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di opposizione.

Il tribunale, disposta ed espletata la CTU grafologica, dichiarava la falsità delle sottoscrizioni apposte a nome della società opponente in calce al contratto di noleggio ed alla nota del 20 gennaio 2002 e, di conseguenza, revocava il decreto ingiuntivo, condannando la società ISAM s.r.l. a restituire alla C. Lavori s.r.l. la somma di Euro 55.777,97 da quest’ultima versata in provvisoria esecuzione del decreto opposto.

La sentenza di primo grado è stata poi confermata dalla corte d’appello di Roma, che ha rigettato l’appello dalla ISAM s.r.l. con la sentenza n. 1171/15; avverso quest’ultima sentenza la medesima ISAM s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di cinque motivi.

La società G.C. Lavori s.r.l. ha presentato controricorso nel quale:

1) preliminarmente contesta, ai fini dell’individuazione dello scaglione a cui commisurare le spese di lite, il valore della causa indicato nel ricorso (Euro 30.960,20, pari alla somma oggetto di ingiunzione) deducendo che detto valore andrebbe identificato nell’importo (Euro 55.777,97) che la ISAM s.r.l. è stata condannata a restituirle con la sentenza del tribunale di Civitavecchia; nel motivo, inoltre, si evidenza che la somma del credito azionato in via monitoria e del contro credito dedotto dalla opponente (Euro 63.313,59) ascende alla somma di Euro 94.273,79;

2) ancora preliminarmente deduce il giudicato esterno formatosi sulla sentenza del tribunale di Rieti n. 384/12 (allegata al controricorso) con il quale è stato disposto lo svincolo della polizza fideiussoria stipulata dalla ISAM s.r.l. in favore della G.C. Lavori s.r.l. a garanzia della corretta esecuzione dei lavori oggetto della fattura del cui pagamento si discute in questo giudizio, previo accertamento dell’inesatto esecuzione di tali lavori da parte della stessa ISAM s.r.l.;

3) sempre preliminarmente deduce l’inammissibilità e l’improcedibilità del ricorso sotto i seguenti profili:

a) difetto di autosufficienza;

b) mancata indicazione degli atti processuali e dei documenti su cui il ricorso stesso si fonda;

c) difetto di specificità dei motivi;

d) conformità della decisione impugnata alla giurisprudenza di legittimità;

e) mancata indicazione, nel ricorso, della produzione, quali allegati al ricorso medesimo, della copia autentica della sentenza impugnata, della istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio ex art. 369 c.p.c., comma 3, dei documenti prodotti nel fascicolo di parte.

4) contesta, nel merito, la fondatezza dei singoli motivi del ricorso per cassazione.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 20.2.19, per la quale entrambe le parti hanno depositato memoria e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve dichiararsi infondata la contestazione sul valore fatta dal controricorrente, poichè, ai sensi dell’art. 10 c.p.c., il valore della causa è quello determinato dalla domanda e, quindi, si identifica nell’importo oggetto del decreto ingiuntivo opposto (capitale e interessi scaduti prima della domanda monitoria), a nulla rilevando nè la somma pagata dall’opponente per effetto della provvisoria esecuzione di tale decreto nè quella a costui restituita per effetto della revoca del decreto stesso; nè, ai medesimi fini, può attribuirsi rilevanza all’importo del contro credito dedotto in compensazione dall’opponente.

Ancora in via preliminare va giudicata inammissibile la deduzione del giudicato esterno svolta nel controricorso, giacchè formulata in termini privi della necessaria specificità; la contro ricorrente infatti non chiarisce in quale data la sentenza del tribunale di Rieti n. 384/12 sarebbe divenuta irrevocabile, in tal modo impedendo al Collegio di valutare l’ammissibilità della relativa produzione. Questa Corte, infatti, ha più volte ribadito, a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 13916/06 (da ultimo, sent. n. 1534/18), che la produzione del documento che attesta il giudicato esterno è impedita dall’art. 372 c.p.c. nel caso in cui si invochi l’efficacia di giudicato di una pronuncia anteriore a quella impugnata, che non sia stata prodotta nei precedenti gradi del processo.

Devono altresì dichiararsi infondate le altre questioni di inammissibilità ed improcedibilità del ricorso sollevate dal controricorrente, giacchè l’atto di impugnazione è correttamente strutturato e articolato e, quando richiama un documento, indica il numero con cui il medesimo risulta reperibile nei fascicoli di parte depositati in sede di merito, così soddisfacendo l’onere di localizzazione esterna. Quanto alla copia autentica della sentenza impugnata (che nel ricorso non si assume essere stata notificata ai fini della decorrenza del termine breve d’impugnazione) ed alla istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio dal giudice a quo alla Corte di cassazione, è sufficiente considerare che l’art. 369 c.p.c. sanziona, a pena di improcedibilità, il mancato deposito di tali atti, non la mancata menzione del loro deposito nel ricorso per cassazione.

Ancora in via preliminare deve infine darsi atto che con nota di deposito di documenti ex art. 372 c.p.c. la contro ricorrente ha depositato una visura camerale storica della ISAM s.r.l. da cui risulterebbe che il signor M.T. – che in data 24 marzo 2015 ha conferito la procura a margine del ricorso per cassazione qualificandosi legale rappresentante della ISAM s.r.l. – è stato legale rappresentante di tale società solo fino al 30 aprile 2012; la produzione è priva di concludenza, giacchè proprio da tale visura si rileva che nel marzo 2015 il suddetto M.T. era consigliere d’amministrazione della società ISAM s.r.l. e, tra i poteri a lui conferiti, rientrava, come previsto alla lettera M) del relativo elenco, anche quello di “rappresentare la società a compiere tutti gli atti occorrenti per la conservazione, la tutela, l’adempimento di obblighi e l’acquisizione di diritti della società ivi compresi… domande presso qualsiasi… autorità… giudiziaria di ogni ordine e grado”.

Passando quindi all’esame dei motivi di ricorso, si osserva quanto segue.

Con il primo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 221 c.p.c. nonchè degli artt. 167 e 229 c.p.c., 2729 c.c. ed 88 c.p.c..

In particolare, nel mezzo di impugnazione si sostiene che la querela di falso su cui si è fondata la decisione dei giudici di primo e secondo grado non sarebbe stata ammissibile in quanto la società G.C. Lavori avrebbe impostato la sua difesa facendo proprio il contenuto di tali documenti. La ricorrente si premura di precisare che essa non intende sostenere che la querela di falso sarebbe stata inammissibile perchè aveva ad oggetto documenti non disconosciuti, bensì che la medesima sarebbe stata inammissibile perchè il contenuto di tali documenti, vale a dire la sussistenza del contratto di noleggio, doveva ritenersi circostanza non contestata alla stregua dell’impostazione difensiva e della condotta processuale della società opponente.

Il motivo non merita accoglimento.

Premessa l’opportunità di ribadire ancora una volta il principio che l’avvenuto riconoscimento, anche tacito, di una scrittura privata esclude solamente che colui al quale la sottoscrizione è attribuita possa limitarsi a disconoscere la sottoscrizione, addossando l’onere della verificazione alla parte che del documento voglia avvalersi, ma non si pone come accertamento di autenticità non altrimenti impugnabile (Cass. 27353/14, ma si vedano anche Cass. n. 25556/08 e Cass. n. 18664/12), va comunque sottolineato che la censura proposta con il motivo in esame si risolve in una critica di merito all’apprezzamento operato dalla corte territoriale in ordine alla condotta processuale ed alla linea difensiva della parte opponente; critica che, va altresì aggiunto, non si misura con la considerazione che si legge nel p. 4.2.1 della sentenza (ultimo capoverso) che “del resto, l’esistenza stessa di un contratto di noleggio tra le parti è stata sempre contestata dalla C. Lavori, che, già con l’atto di opposizione, ha negato “di avere noleggiato mezzi e macchinari dalla ISAM srl ed inoltre di avere concordato l’importo indicato nella fattura””.

Con il secondo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 221 e 112 c.p.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa omettendo di pronunciarsi sul motivo di appello relativo alla nullità della querela di falso proposta dalla società G.C. Lavori; al riguardo la ricorrente deduce che nel proprio atto di appello aveva evidenziato come la suddetta querela di falso si fondasse esclusivamente sulla richiesta di consulenza grafologica, in tal modo risultando formulata in contrasto il disposto dell’art. 221 c.p.c., comma 2 che prescrive “l’indicazione degli elementi e delle prove della falsità”.

Il motivo è infondato tanto in relazione alla dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. quanto in relaziona alla dedotta violazione dell’art. 221 c.p.c.

Sotto il primo profilo è sufficiente considerare che sul motivo di appello relativo alla dedotta nullità della querela di falso la corte capitolina si è implicitamente pronunciata, rigettandolo, laddove ha giudicato falsi i documenti oggetto della querela (vedi p. 4.3, ultimo capoverso, della sentenza: “va da se, dunque, che la scelta di fondare le ragioni del credito su due documenti rivelatisi falsi all’esito della querela di falso… “).

Sotto il secondo profilo, il Collegio rileva che il requisito dell’indicazione degli elementi e delle prove della falsità risulta soddisfatto mediante l’indicazione delle scritture di comparazione.

Con il terzo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la società ricorrente lamenta l’omessa valutazione del comportamento processuale della G.C. lavori s.r.l., nonchè della raccomandata a.r. del 20.1.2005, della busta che la conteneva e del timbro postale stampigliato su di essa; nonchè la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 e dell’art. 115 c.p.c.. La ricorrente, sostanzialmente, argomenta che dal contegno processuale della società G.C. Lavori il credito della ISAM s.r.l. per il contratto di noleggio dedotto in giudizio risulterebbe provato anche a prescindere dalla prova documentale offerta dal documento contrattuale giudicato falso.

Il motivo appare è inammissibile perchè si risolve interamente in una contestazione dell’apprezzamento di merito delle risultanze istruttorie operato dalla corte territoriale.

Per quanto specificamente concerne la dedotta violazione dell’art. 116 c.p.c., va altresì ricordato l’insegnamento di questa Corte alla cui stregua l’esercizio negativo della facoltà del giudice di desumere argomenti di prova dal contegno processuale delle parti, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma 2, non è censurabile in sede di legittimità, nè per violazione di legge, nè per vizio di motivazione, trattandosi di un potere discrezionale attinente alla valutazione di una prova atipica o innominata (Cass. n. 26088/11, Cass. n. 20673/12).

Con il quarto motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2. La ricorrente deduce di non aver formulato la richiesta di ammissione di mezzi di prova volti a dimostrare la conclusione del contratto di noleggio posto a fondamento della domanda monitoria in quanto la società G.C. Lavori non aveva disconosciuto il documento rappresentativo di tale contratto prodotto dalla ISAM e, in tal modo, avrebbe “ingenerato in questa l’affidamento circa l’autenticità dei documenti prodotti”. Donde la violazione dell’art. 153 c.p.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa non accogliendo la richiesta di rimessione in termini per formulare mezzi istruttori avanzata dall’odierna ricorrente all’esito della definizione il procedimento di querela di falso. Il motivo non può trovare accoglimento, dovendosi condividere il rilievo della corte territoriale secondo cui “la mancata articolazione delle prove attiene alla scelta della parte e non può, dunque, costituire causa di remissione in termini” (pag. 8, primo capoverso, della sentenza).

Con il quinto motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente lamenta la nullità del giudizio e della sentenza per la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorso omettendo di pronunciarsi sulle istanze istruttorie proposte dalla ISAM s.r.l. nella memoria istruttoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, e nella memoria depositata nel giudizio incidentale di falso. Il motivo è inammissibile perchè non si misura con l’argomentazione dell’impugnata sentenza secondo cui “La ISAM s.r.l. è decaduta dalla facoltà di articolare prove ulteriori – rispetto a quelle documentali inizialmente prodotti a sostegno della domanda di pagamento – alla scadenza del termine assegnato dal tribunale per l’articolazione definitiva dei mezzi di prova” (pag. 7, ultimo capoverso, della sentenza).

Il ricorso va pertanto rigettato in relazione a tutti i motivi in cui esso si articola.

Le spese seguono la soccombenza.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la società ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.300, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020

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