Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16158 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/07/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 28/07/2020), n.16158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18330/2015 R.G. proposto da:

L.E., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.

PANCALLO ANTONIO, elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. MARZOCCO ENNIO in Roma, Via Ippolito Nievo, 61;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Basilicata n. 87/3/15, depositata il 19 gennaio 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre

2019 dal Consigliere D’Aquino Filippo;

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Il contribuente, autotrasportatore il quale opera in regime di contabilità ordinaria, ha impugnato un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2005, conseguente all’applicazione degli studi di settore, ricorso che è stato accolto dalla CTP di Matera;

che la CTR della Basilicata, con sentenza in data 19 gennaio 2015, ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo che il giudice di primo grado ha introdotto argomenti estranei agli atti processuali, ritenendo che, per effetto della L. 30 dicembre 2004, n. 311, gli studi di settore siano stati oggetto di estensione agli imprenditori in regime di contabilità ordinaria e che il contribuente, benchè invitato al contraddittorio, non si era presentato, per cui l’Ufficio ha legittimamente emesso l’avviso di accertamento, deducendo come la sentenza di primo grado non avesse dato conto delle presunzioni addotte dall’Ufficio;

che propone ricorso per cassazione parte contribuente affidato a un unico motivo, articolato in distinti profili, ulteriormente illustrato da memoria; l’Ufficio intimato resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con l’unico e pluriarticolato motivo si deducono una pluralità di singoli e separati profili di censura, articolati sia sotto il profilo della violazione di legge, sia sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistenti:

a) nella violazione dell’art. 112 c.p.c., nella parte in cui la sentenza di appello avrebbe affermato che la sentenza di primo grado sarebbe stata affetta da nullità per ultrapetizione, nella parte in cui avrebbe introdotto argomenti non contenuti negli atti processuali, quale quello secondo cui gli studi di settore non si applicherebbero alle imprese in contabilità ordinaria che non presentino irregolarità nelle scritture contabili, non avendo, tuttavia, chiarito il giudice di appello gli elementi di valutazione in base ai quali vi sarebbe stata la dedotta ultrapetizione;

b) nell’omesso esame di un fatto decisivo ai fini della decisione, ove il giudice di appello ha affermato che il giudice di primo grado avrebbe introdotto argomenti non risultanti dagli atti processuali, consistenti nel fatto che il contribuente non avrebbe tenuto una contabilità irregolare; ritiene tale circostanza decisiva, perchè ove il giudice di appello avesse proceduto a un controllo analitico della contabilità, avrebbe verificato che le entrate dichiarate sarebbero state inferiori a quelle stimate;

c) nella violazione di legge L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, comma 2, avendo il giudice di appello affermato – da un lato che l’accertamento secondo gli studi di settore alle imprese in contabilità ordinaria non potrebbe essere effettuato in assenza di particolari condizioni, dall’altro ha ritenuto legittimo l’accertamento secondo i dati parametrici degli studi di settore; deduce, inoltre, il ricorrente sotto il medesimo profilo che la mancata partecipazione al contraddittorio del ricorrente non gli ha impedito di ricorrere in sede giurisdizionale avverso l’accertamento stesso;

d) nell’omesso esame di un ulteriore fatto decisivo ai fini del giudizio, nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato che la sentenza di primo grado avrebbe ignorato gli elementi indiziari posti a sostegno della pretesa; ripropone il ricorrente la motivazione della sentenza di primo grado, evidenziando di avere illustrato nel corso del giudizio alcune circostanze, omesse dal giudice di appello, quali l’utile di esercizio al lordo della detrazione per autotrasportatori, nonchè la rilevanza dell’indice costi/ricavi del 95%, costruito sulla base dei dati emersi dalle dichiarazioni nella stessa area geografica per i contribuenti rientranti nella stessa fascia di ricavi;

che va rigettata l’eccezione di inammissibilità articolata dal controricorrente, secondo cui non sarebbe ammissibile la formulazione di un motivo di ricorso per cassazione simultaneamente sotto l’egida sia del n. 3, sia del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, posto che deve ritenersi ammissibile censurare con ricorso per cassazione una sentenza con un unico motivo a termini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, purchè lo stesso evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass., Sez. V, 5 ottobre 2018, n. 24493); il che è conforme all’insegnamento delle Sezioni Unite, richiamato dal ricorrente nella memoria depositata, secondo cui il fatto che un singolo motivo sia articolato sotto più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sè, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., Sez. U., 6 maggio 2015, n. 9100);

che, pertanto, deve ritenersi che il ricorrente, pur avendo formalmente proposto un unico motivo di ricorso, ha proceduto a formulare quattro singoli motivi di doglianza della sentenza impugnata, formalmente rubricati nelle forme della violazione e falsa applicazione di legge e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

che va ulteriormente rigettata l’eccezione di inammissibilità articolata dal controricorrente, secondo cui tutti i singoli profili dedotti intenderebbero provocare una rivalutazione del fatto da parte del giudice di legittimità;

che il primo motivo sub 1-a, secondo cui la sentenza impugnata avrebbe erroneamente affermato il vizio di ultrapetizione del giudic di prime cure, nonchè il secondo motivo sub 1-b, secondo cui risulterebbe stata omessa la circostanza secondo cui il contribuente avrebbe tenuto una contabilità regolare (circostanze, peraltro, estranee alla parte motiva della sentenza e contenute solo nell’esposizione delle ragioni in fatto), sono infondati, in quanto il giudice di appello, dopo avere dedotto l’ultrapetizione del giudice di primo grado, pur senza esplicitare le ragioni per le quali vi sarebbe stata detta ultrapetizione e pur non avendo espressamente considerato la circostanza della tenuta da parte del contribuente di una contabilità regolare, ha affrontato, in ogni caso, il merito della questione e ha affermato l’applicabilità dello studio di settore al contribuente, ritenendo che l’accertamento standardizzato è applicabile alle imprese in regime di contabilità ordinaria;

che è, invece, fondato il terzo motivo sub 1-c, rubricato formalmente secondo il profilo della violazione di legge in relazione alla L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, comma 2, ma sostanzialmente incentrato sulla nullità della sentenza per motivazione perplessa ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, alla luce delle motivazioni espresse nel motivo, nella parte del motivo in cui il ricorrente si duole dell’applicazione della suddetta normativa al caso di specie;

che è, difatti, principio consolidato quello secondo cui l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nè determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass., Sez. H, 7 maggio 2018, n. 10862; Cass., Sez. VI, 7 novembre 2011, n. 26310; Cass., Sez. VI, 20 febbraio 2014, n. 4036; Cass. Sez. U., 24 luglio 2013, n. 17931);

che il ricorrente si duole di una motivazione perplessa, nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato “quanto alla violazione e falsa applicazione della L. 8 maggio 1998 n. 146, art. 10, comma 2 come modificato dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1 e dal D.L. 4 luglio 2006 n. 223, art. 37, comma 2, la L. 30 dicembre 2004, n. 311, ha previsto un ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione degli studi di settore stabilendo che dall’anno 2004 per i soggetti attività d’impresa in contabilità ordinaria, l’accertamento poteva essere effettuato a particolari condizioni che nel caso in questione non ricorrono”;

che il ricorrente chiaramente tale motivazione sotto il profilo della motivazione contraddittoria (“da una parte si assume che in base alla normativa introdotta dalla L. n. 311 del 2014 (che ha previsto un ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione degli studi di settore) l’accertamento non poteva essere effettuato perchè nel caso in questione non ricorrono le particolari condizioni richiesta dal legislatore per l’applicazione degli studi di settore. E, dall’altra, si afferma che non avendo, però il L. aderito all’invito dell’Ufficio per instaurare il contraddittorio preventivo, legittimamente l’Agenzia avrebbe proceduto all’accertamento esclusivamente sulla base delle risultanze dello studio”);

che detta parte di motivazione appare, peraltro, pregiudiziale alla ulteriore motivazione contenuta nella sentenza, secondo cui “l’Ufficio in caso di inerzia del contribuente è legittimato ad emettere l’avviso di accertamento esclusivamente sulla base delle risultanze dello studio così come chiarito dalla sentenza delle S.U. N. 26638 DEL 10/12/2009”, posto che l’applicazione del sistema delle presunzioni gravi, precise e concordanti proprio degli studi di settore presuppone l’applicazione dei suddetti accertamenti standardizzati alle imprese in contabilità ordinaria;

che la motivazione perplessa ricorre ove risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., Sez. VI, 25 settembre 2018, n. 22598);

che tale motivazione risulta perplessa e incomprensibile, nella parte in cui, da un lato, la sentenza afferma che lo studio di settore si applica ai contribuenti in contabilità ordinaria (“dall’anno 2004 per i soggetti attività d’impresa in contabilità ordinaria, l’accertamento poteva essere effettuato a particolari condizioni”), dall’altro nega che lo studio di settore si applichi al contribuente in (“che nel caso in questione non ricorrono”);

che tale motivazione non lascia, pertanto, comprendere se il giudice di appello abbia ritenuto o meno applicabile lo studio di settore al caso di specie;

che la sentenza va cassata sotto questo specifico aspetto;

che la restante parte del motivo 1-c, incentrata sulla mancata adesione del contraddittorio, è invece inammissibile, in quanto non ha alcuna inerenza con il parametro normativo invocato;

che il successivo motivo sub 1-d si rivela inammissibile sotto il profilo della deduzione di omissione di un fatto decisivo ai fini della decisione, in quanto vizio non formulato a termini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile pro tempore;

che difatti, pur avendo il ricorrente indicato i fatti storici il cui esame ritiene omesso dal giudice di appello nella sentenza impugnata (l’utile civilistico ricavato al lordo della detrazione per le imprese di autotrasporti, la applicazione all’accertamento dei ricavi del rapporto costi/ricavi del 95%, proprio delle imprese dell’area geografica e della fascia di ricavi in cui ricade il contribuente), non solo non ha indicato quando tali fatti storici avrebbero costituito oggetto di discussione tra le parti – essendosi limitato il ricorrente a dedurre genericamente “come emerso nel corso del processo” ma non ha effettuato il giudizio di decisività di tali elementi ai fini della decisione (Cass., Sez. V, 13 dicembre 2017, n. 29883), ossia non ha formulato un adeguato iter argomentativo secondo il quale, ove detti fatti fossero stati presi in esame dal giudice di appello, avrebbero determinato un esito diverso della controversia (Cass., Sez. II, 29 ottobre 2018, n. 27415), posto che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., Sez. Lav., 8 novembre 2011, n. 28887);

che il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al terzo motivo, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio alla CTR a quo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo, rigetta il primo e il secondo, dichiara inammissibile il quarto, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Basilicata, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

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