Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16158 del 03/08/2016


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Cassazione civile sez. trib., 03/08/2016, (ud. 30/03/2016, dep. 03/08/2016), n.16158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19063-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

V.M., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA DI

PRISCILLA 4, presso lo studio dell’avvocato STEFANO COEN, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DAVIDE DRUDA giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12/2008 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA,

depositata il 09/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito per il ricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato DRUDA che ha chiesto

l’inammissibilità e il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate ricorre contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto (n. 12.25.08 dep. 9 giugno 2008), che in riforma della sentenza della Commissione di primo grado di Padova, ha accolto l’appello interposto dal contribuente, V.M.. Il contenzioso ha origine dalla impugnazione dell’avviso di accertamento del 5 dicembre 2005, con il quale era stata accertata in capo a V.M., quale erede del padre, V.A., una plusvalenza non dichiarata (per L. 1.721.356.000, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37 comma 3). Ciò in base ad una presunta interposizione fittizia di persona, dedotta dal susseguirsi di due atti, costituiti da: a) la donazione, effettuata dal padre A. nei confronti del figlio M. e della moglie, S.L., di un terreno edificabile sito in (OMISSIS) in data 3 ottobre 2000; b) la successiva vendita del suddetto terreno, avvenuta a distanza di circa due mesi, da parte dei donatari alla Immobiliare Cavour s.n.c. (13.12.2000); oltre che dalla disponibilità in capo al donante di alcuni assegni a lui intestati e riscossi (per L. 349.000.000) emessi dall’acquirente società.

La CTR ha in particolare ritenuto fondata la dedotta inesistenza della simulazione, avendo il contribuente dimostrato di avere percepito gran parte del prezzo di cessione del terreno (lire un miliardo e cinquecento milioni). Su tale circostanza, ritenuta non controversa, e sul non contestato assunto secondo cui la minor somma percepita dal padre del contribuente ( V.A.) sia servita per il pagamento dell’imposta relativa alla donazione, la CTR ha fondato la propria decisione.

L’intimato si costituisce con controricorso, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso. Produce memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo l’Agenzia ricorrente deduce insufficiente motivazione (ex art. 360 c.p.c., n. 5), circa la sussistenza delle presunzioni atte a dimostrare che l’originario proprietario del bene sia il vero autore della vendita dell’immobile ed abbia simulato la pregressa donazione per realizzare un risparmio d’imposta (plusvalenza), così realizzandosi il presupposto impositivo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3. La CTR non avrebbe tenuto conto dell’intero quadro indiziario, costituito dal legame di parentela fra donante e donatario; dal breve lasso di tempo intercorso fra i due negozi (donazione e vendita del terreno); dal fatto che il valore dichiarato nei due atti fosse il medesimo.

2. Col secondo motivo si deduce insufficiente motivazione (ex art. 360, n. 5), non essendo sufficiente ad escludere la presunzione di simulazione il solo fatto – senza valutare altri elementi e circostanze- che il prezzo risultava essere stato percepito dal donatario.

3. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

4. Contrariamente a quanto dedotto dall’Agenzia ricorrente, la sentenza della Commissione Tributaria Regionale ha congruamente motivato, facendo corretta applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, il quale espressamente prevede che “in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti “quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona”.

La CTR, infatti, lungi dall’affermare che l’intento elusivo non si può ricavare da semplici indizi, seppur gravi precisi e concordanti, ha dimostrato con congrua motivazione l’inconsistenza degli indizi addotti dall’ufficio a sostegno del preteso intento elusivo dell’operazione, in quanto superati dalle prove positive addotte dal contribuente.

Giova al riguardo precisare che la disciplina dell’interposizione prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, come nel caso dell’interposizione fittizia, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali (v. Cass. n. 5937 del 2015; v. anche Cass. nn. 12788 del 2011, n. 449 e n. 25671 del 2013, 21794 del 2014). Ma in casi del genere, come nella specie” trattandosi di rapporti patrimoniali tra padre e figlio, deve pur tenersi conto della libertà di pianificazione della propria successione da parte del genitore e del carattere genuino della donazione al figlio (v. Cass. 21952 del 2015).

Ora, il giudice d’appello, come accennato in narrativa, ha escluso, sulla base di una serie di accertamenti e valutazioni di fatto, che in capo al V.A., padre donante, potesse configurarsi, anche in via presuntiva – come aveva ritenuto l’Ufficio nell’avviso di accertamento e continua a sostenere nel presente ricorso l’imputazione del reddito, costituito dalla plusvalenza derivante dalla cessione di un terreno (che sarebbe stata quindi effettuata dal figlio quale mero soggetto interposto), pur stipulata a distanza di solo due mesi dall’atto di donazione. E ciò sulla base dell’essenziale considerazione che detta area era stata venduta, dal figlio donatario, ad una società – Immobiliare Cavour s.n.c. – per un corrispettivo pari al valore dichiarato nell’atto di donazione (un miliardo e ottocento milioni di lire); che la gran parte del prezzo di vendita era stato acquisito dal donatario; che solo una limitata somma era stata percepita dal padre donante al fine del pagamento dell’imposta di donazione, giustificazione ritenuta “ragionevole” da parte della CTR e sulla quale “l’amministrazione finanziaria non ha dedotto alcunchè” (v. Cass. n. 5937 del 2015 cit.; n. 21952 del 2015; n. 22467 del 2015).

5. A fronte di tale esauriente motivazione, priva di vizi logici r giuridici, il ricorso si rivela infondato e va, di conseguenza, rigettato.

6. In considerazione dell’epoca di formazione della giurisprudenza di riferimento, si ravvisano giusti motivi per dichiarare compensate fra le parti le spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2016

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