Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16157 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/07/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 28/07/2020), n.16157

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4685/2014 R.G. proposto da:

LA COMIDA SRL (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. STUFANO SEBASTIANO e

dall’Avv. SCARDIGLI MASSIMO, elettivamente domiciliato presso lo

studio di quest’ultimo in Roma, Viale Angelico, 36/B;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 99/32/13, depositata il 11 luglio 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre

2019 dal Consigliere D’Aquino Filippo;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale DE AUGUSTINIS UMBERTO, che ha

concluso per l’inammissibilità e, in subordine, per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

La società contribuente, la quale esercita attività di ristorazione, ha impugnato un avviso di accertamento analitico-induttivo relativo all’anno di imposta 2004, per maggior reddito imponibile, oltre IRAP, IVA e sanzioni, effettuato a termini del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), sulla base del volume degli acquisti risultanti dalle fatture di acquisto, così da ricostruire il consumo medio delle materie prime impiegate per ciascuna portata e i conseguenti ricavi complessivi;

che la CTP di Milano ha accolto la domanda del contribuente e la CTR della Lombardia, con sentenza in data 11 luglio 2013, ha accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo legittimo l’accertamento analitico-induttivo basato sul volume degli acquisti al fine della ricostruzione del consumo medio delle materie prime per la preparazione dei piatti; ha, inoltre, ritenuto il giudice di appello che l’utilizzo di un listino prezzi dei ricavi (menu) relativo ad altro anno di imposta (2009 anzichè 2004) non impedisce all’Ufficio di procedere all’accertamento, posto che il giudice tributario non deve limitarsi ad annullare l’avviso di accertamento e deve, invece, procedere all’esame del merito della pretesa tributaria; pertanto, il giudice di appello ha proceduto a rideterminare la pretesa dell’Ufficio sulla base del listino prezzi dei ricavi del 2009, stante (‘indisponibilità del listino del 2004, procedendo a una rideterminazione dei ricavi in proporzione del decremento del 15% dell’andamento dei prezzi al consumo e dei salari nel periodo 2004 – 2009, nonchè a una ulteriore riduzione del 10% per “sfridi per le materie prime”, per una riduzione complessiva del 25%;

che propone ricorso per cassazione parte contribuente affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrati da memoria, l’Ufficio intimato resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 39 e 40, nonchè del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, degli artt. 2727 e 2729 c.c., nonchè dell’art. 53 Cost., nella parte in cui il giudice di appello ha rideterminato l’accertamento riducendo

proporzionalmente i prezzi dei ricavi in funzione del listino 2004 rispetto al listino 2009 utilizzato; rileva il ricorrente come i ricavi siano stati determinati sulla base delle fatture di acquisto dei generi alimentari utilizzati nel ciclo produttivo, associando a un numero presunto di piatti per ciascuna portata (pizza, primo piatto, secondo piatto di carne e secondo piatto di pesce) il consumo medio di generi alimentari e, così, rideterminando la quota marginale dei ricavi alla luce di un listino prezzi (menu) di un anno diverso (2009) rispetto a quello dell’accertamento; ritiene, parte ricorrente, errata l’applicazione della riduzione complessiva del 15% sulla base della variazione dei prezzi al consumo e dei salari e deduce come tale iter argomentativo incida sulla pregnanza degli elementi presuntivi adottati, ritenendo che tali elementi indiziari debbano qualificarsi come incerti, come ammesso dallo stesso giudice di appello;

che con il secondo motivo si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nella parte in cui la sentenza impugnata, pur ritenendo illogica la comparazione delle fatture di acquisto del 2004 con il menu del 2009, ha ritenuto di rideterminare i ricavi sulla base del listino prezzi (menu) del 2009; deduce il ricorrente di avere dedotto sin dal primo grado che l’Ufficio aveva a disposizione il listino prezzi del 200 disponibile sia sinteticamente nel modello dello studio di settore, consegnato all’Ufficio in sede di istruttoria, nonchè riscontrabile analiticamente sulla base delle fatture emesse dalla società nel 2004, circostanza che avrebbe reso, a giudizio del ricorrente, i ricavi accertandi equivalenti a quelli conseguiti nel 2004; rileva la decisività di tale circostanza, stante il fatto che i ricavi unitari del 2004 differivano da quelli del 2009 di percentuali ben più rilevanti (tra il 30 e il 40%); censura, in ogni caso, parte ricorrente la motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui deduce che l’Ufficio avrebbe dovuto fare riferimento al menu 2009, non avendo a disposizione il menu del 2004;

che con il terzo motivo si deduce violazione di legge in relazione all’art. 115 c.p.c., comma 2, nella parte in cui è stato ritenuto dal giudice di appello che non fosse disponibile per l’Ufficio il listino prezzi del 2004; deduce il ricorrente di avere dedotto la circostanza della disponibilità per l’Ufficio del listino prezzi 2004 sin dal primo grado di giudizio, deduzione rispetto alla quale l’Ufficio non avrebbe opposto contestazione alcuna; deduce, pertanto, che la affermazione del giudice di appello secondo cui il contribuente non avesse fornito il listino prezzi del 2009 è viziata dalla violazione del principio di non contestazione;

che con il quarto motivo si deduce violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha rilevato la novità in appello della eccezione dell’Ufficio, ove aveva rilevato che l’utilizzo dei dati relativi ai prezzi medi per portata del 2009, ai fini della ricostruzione indiretta del volume di affari del 2004, era dipeso dalla mancata comunicazione dei dati del 2004;

che con il quinto motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui è stato omesso l’esame di alcune circostanze in fatto, quali la percentuale di sfrido delle materie prime, l’esistenza di piatti serviti con nu a prezzo fisso, l’autoconsumo di titolari e dipendenti, la correzione dovuta ai coperti e al numero di giorni di apertura del ristorante; deduce il ricorrente come il giudice di appello abbia solo genericamente computato una percentuale di sfrido ai fini della decisione;

che il primo motivo è infondato, posto che la sentenza ha fatto uso di elementi indiziari, al fine di trarre la prova presuntiva dei maggiori ricavi; così facendo il giudice di appello si è attenuto alla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’accertamento analitico induttivo – il quale presuppone, a differenza di quello induttivo puro, che la documentazione contabile sia nel complesso attendibile – si fonda su una ricostruzione affidata a presunzioni semplici, che non hanno ad oggetto il reddito nella sua totalità, ma singoli elementi attivi e passivi, dei quali risulta provata aliunde la mancanza o l’inesattezza (Cass., Sez. V, 21 marzo 2018, n. 7025); nel qual caso, incombe sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni (Cass., Sez. VI, 30 dicembre 2015, n. 26036);

che, diversamente, attraverso la censura della violazione di legge il motivo intende giungere a una diversa rivalutazione dell’accertamento circa la insussistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti, attraverso una rilettura del materiale probatorio; il che costituisce revisione del ragionamento decisorio, ossia revisione dell’opzione che ha condotto il giudice del merito a una determinata soluzione della questione esaminata, giudizio che impinge nel giudizio di fatto, precluso al giudice di legittimità (Cass., Sez. I, 5 agosto 2016, n. 16526); così come si collocano sul piano del merito la delibazione e individuazione del materiale probatorio, valutazioni che spettano al giudice del merito (Cass., Sez. Lav., 7 giugno 2013, n. 14463);

che il secondo motivo è fondato, avendo il ricorrente illustrato, ancorchè in maniera sommaria, un fatto decisivo, costituito dall’esame del listino prezzi del 2004 allegato al modello studio di settore, nonchè delle fatture di acquisto consegnate all’Ufficio durante la fase amministrativa, illustrato nel ricorso introduttivo e in sede di controdeduzioni in appello; questione, del resto, di cui parte ricorrente ha illustrato la decisività, in relazione alla eliminazione dell’incertezza che tale elemento ha rispetto al ragguaglio della forfetaria devalutazione rispetto a un listino di altra annata;

che, pertanto, con l’accoglimento del secondo motivo è assorbito l’esame sia del terzo, sia del quarto motivo;

che il quinto motivo è fondato, avendo il ricorrente illustrato sia pure sommariamente – nel corso del ricorso di primo grado, la trattazione della questione degli sfridi, giudizio del quale è stato dato un giudizio sulla applicazione degli sfridi, peraltro, ben al di sotto del minimo costituzionale (“alla luce del 10% come sfridi per le materie prime impiegate”);

che, in ogni caso, l’accertamento del reddito, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), deve tenere conto di un dato normale, quale quello secondo cui dai pasti consumati deve tenersi conto di una certa percentuale di beni impiegati per la produzione normalmente utilizzati per altri scopi, come i pasti dei dipendenti, l’uso da parte dei camerieri e le evenienze più varie (Cass., Sez. V, 29 marzo 2019, n. 8822);

che, inoltre, il giudice del merito, ove il contribuente contesti in giudizio il criterio di determinazione della percentuale di ricarico avvenuta attraverso un accertamento induttivo, è tenuto a verificare la scelta dell’Amministrazione in relazione alle censure prospettate, tenendo conto della natura, omogenea o disomogenea, dei beni-merce nonchè della rilevanza dei campioni selezionati, e la loro rispondenza al criterio di media (aritmetica o ponderale) prescelto (Cass., Sez. VI, 22 ottobre 2018, n. 26589);

che il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al secondo e al quinto motivo, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio alla CTR a quo, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo e il quinto motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, dichiara assorbiti il quarto e il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020

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