Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16156 del 26/06/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16156 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

Cdc 07.05.2013

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30401 del R.G. anno 2011
proposto da:
Comune di Taverna in persona del Sindaco domiciliato in ROMA, viale
SS.Pietro e Paolo 50 presso l’avv. Vincenzo Mauro con l’avv. Antonio
Servino del Foro di Catanzaro che lo rappresenta e difende per procura
ricorrente

a margine del ricorso

contro
Cosentino Felice, in proprio e n.q. di rapp.te di Cosentino Luigi
e di Canino Mafalda domiciliato in Roma via dei Monti Parioli 48 presso
l’avv. Ulisse Corea che li rappresenta e difende, per procura speciale a
margine del controricorso, unitamente all’Avv. Sandro Nisticò del Foro di
controricorrente –

Catanzaro

avverso la sentenza n. 804 in data 19.07.2011 della Corte di Appello
di Catanzaro ; udita la relazione della causa svolta nella c.d.c del
07.05.2013 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE; uditi gli avv.ti Mauro
Verona (per il ricorrente ed in sost.) e Arturo R.Marini (per il contro
ricorrente ed in sost.); presente il P.M., in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. Ignazio Patrone, che condivide la relazione.
RILEVA
Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380
bis c.p.c. ha descritto la vicenda processuale nel senso appresso riportato.

114

Data pubblicazione: 26/06/2013

Cosentino Felice, in proprio e n.q. di rapp.te dei fratelli Salvatore e Luigi,
comproprietario di un’area sita nel Comune di Taverna sottoposto ad
esproprio sin dal 5.10.1986 per l’attuazione di un PdZ per la costruzione
di 18 alloggi di ERP, sull’assunto che detta area era stata occupata per
mq. 6.149 1’11.3.1987 per la realizzazione di un parco destinato a verde
pubblico e che nessun decreto di esproprio era intervenuto se pur l’opera
era stata realizzata e l’area irreversibilmente trasformata, ha convenuto
l’Ente in giudizio il 14.6.1993 innanzi al Tribunale di Catanzaro al fine di

nale con sentenza 24.12.2005 ha accolto la domanda determinando il
risarcimento nella somma di C 123.303 oltre rivalutazione ed interessi
dal 6.6.1992. La sentenza è stata impugnata dal Comune di Taverna e
la Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza 19.7.2011 ha rigettato
l’appello del Comune ed in parziale accoglimento dell’incidentale ha determinato in C 133.028 la somma dovuta al 6.6.1992 e quindi in C
359.475 il credito complessivamente maturato per sorte ed accessori al
dì della decisione. Nella motivazione la Corte di Appello, disattesa ogni
eccezione di carenza di giurisdizione del G.O., ha affermato che alla liquidazione del risarcimento del danno da occupazione acquisitiva doveva
essere applicato, dopo la pronunzia di incostituzionalità, il criterio del
valore venale pieno ex art. 39 legge 2359/1865, che l’area occupata e
trasformata era di mq. 4.820, che non era condivisibile la opinione del
CTU di considerare come inedificabile l’area di mq. 4.280 perché era stata destinata a verde pubblico e parcheggi, che infatti l’intera area era
stata inclusa nel PdZ per la realizzazione di un PEEP in variante dalla originaria destinazione agricola dell’area, che le singole destinazioni di
localizzazione erano affatto irrilevanti, che il criterio di valorizzazione
era poi quello della utilizzazione di dati comparativi di terreni limitrofi,
che alla stregua delle concordanti conclusioni del CTU e del CTP era da
individuare un valore unitario nel 1986 di lire 40.000 a mq., derivante
dalla omogeneità dei dati assunti a comparazione e restando irrilevante
la particolare acclività dei suoli (posto che il dato di valore era stato desunto da terreni confinati aventi la stessa caratteristica).
Per la cassazione di tale sentenza il Comune di Taverna ha proposto ricorso il 16.12.2011 articolato su tre motivi ai quali ha resistito con controricorso 6.1.2012 Cosentino Felice, in proprio e n.q. di procuratore
speciale di Cosentino Luigi e di Canino Mafalda (erede di Cosentino Salvatore).
OSSERVA

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ottenere il risarcimento dei danni patiti. Costituitosi il Comune, il Tribu-

Ritiene il Collegio che la proposta di cui alla relazione, anche alla luce
delle memorie depositate hinc et inde, sia e resti affatto condivisibile
Con il primo motivo viene censurata la decisione della Corte di merito di
ritenere desumibile la natura dell’area dalla sua “complessiva vocazione”
e non dalla destinazione finale, la quale, in coerenza con quella propria
del PdZ del Comune, era a verde pubblico attrezzato: e tale destinazione
escludeva all’evidenza la edificazione privata e quindi connotava l’area
come area agricola. Con il secondo motivo, poi, si contesta la individua-

trofe aventi, come accertato dal CTU in modo chiaro, una ben differente
situazione orografica: il suolo de quo aveva elevata pendenza e non poteva neanche essere utilizzato a giardino se non dopo l’effettuata costosa sua riqualificazione. Con il terzo motivo si osserva poi l’errore di applicazione dei coefficienti ISTAT.
Il primo motivo , come esattamente rilevato in relazione, non è fondato. La Corte ha accertato che il PRG connotante l’area come destinata a
verde pubblico fosse stato sottoposto a variante dal PdZ approvante il
PEEP e che questo avesse natura conformativa, con la conseguente irrilevanza della destinazione finale della zona de qua, interna al PEEP, ad
usi non edificatori. La statuizione correlata a tal accertamento è esatta,
sol che si rammenti il principio posto da questa Corte (Cass. 11276 del
2012, 10570 del 2003, 3146 e 13199 del 2006 e 19924 del 2007),
per il quale l’accertamento delle possibilità legali ed effettive di edificazione, ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio, prescinde
dall’incidenza del vincolo preordinato ad esproprio, ma tiene conto del
regime urbanistico dell’area al momento del decreto di espropriazione, in
attuazione delle cui previsioni generali, mediante la dichiarazione di
pubblica utilità dell’opera, è stato apposto il vincolo espropriativo.
In questo quadro è stato anche affermato (Cass. 23584 del 2010), in
vicenda singolarmente analoga a quella in disamina, che l’inclusione di
un’area nel piano di zona per l’edilizia economica e popolare , anche ove
l’originaria zonizzazione del piano regolatore generale ne comportasse la
qualificazione come suolo agricolo, implica che, in virtù della variante
introdotta dal p.e.e.p. (che in tale parte va considerato strumento programmatorio e conformativo), la stessa abbia acquisito carattere di edificabilità e che la determinazione dell’indennità di esproprio debba adottare il criterio previsto dall’art. 5 bis, comma primo, legge 8 agosto 1992
n. 359, essendo irrilevante che nel contesto del p.e.e.p. l’area sia destinata ad usi che non comportano specifica realizzazione di opere edilizie
(verde pubblico, viabilità di piano regolatore generale) (massima) .

3

zione del valore unitario dei suoli per desunzione da quello di aree limi-

Il secondo motivo è inammissibile perché mira ad una rivalutazione
della statuizione del giudice del merito, senza addurre alcun vizio logico
che possa inficiare la plausibilità della stessa. Le ulteriori contestazioni
espresse al proposito-con riguardo alla proposta del relatore- nella memoria ex art. 378 c.p.c. del Comune esprimono solo una proposta di diversamente valutare i fatti ignorando che sul punto del rilievo della “acclività” dell’area la sentenza ha esposto la propria argomentazione con
puntuale disamina dei rilievi di CTU ed ha spiegato le ragioni per le quali

spazio in sede di legittimità alle insistite contestazioni.
Il terzo motivo è radicalmente inammissibile per difetto di alcuna autosufficienza nell’esporre i corretti indici ISTAT in dissenso da quelli errati
che sarebbero stati applicati dalla Corte.
Si rigetta pertanto il ricorso regolandosi le spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Comune a versare al controricorrente Cosentino le spese del giudizio che determina in € 7.100 (di cui
€ 100 per esborsi) oltre accesso i di legge
Così deciso nella c.d.c. della Se a Sezione Civile il

07.05.2013.

li ha disattesi (pag. 8 sentenza). E non si intravede margine per dare

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