Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16156 del 08/07/2010

Cassazione civile sez. III, 08/07/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 08/07/2010), n.16156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 165, presso lo studio dell’avvocato

LOMBARDI SILVANA, rappresentato e difeso dall’avvocato CASACCI RENZO

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

C.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30, presso lo studio dell’avvocato CAMICI

GIAMMARIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

VENTURI ITALO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 470/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 9/11/2004, depositata il

03/03/2005, R.G.N. 69/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2010 dal Consigliere Dott. FINOCCHIARO Mario;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 30 giugno 2000 il tribunale di Prato ha rigettato la domanda proposta da C.M. nei confronti di D. A. diretta a ottenerne la condanna al pagamento delle provvigioni dovutele per l’opera di mediazione svolta nell’affare relativo all’acquisto, da parte di B.E., convivente del D., di un immobile gia’ di proprieta’ di S. P..

Gravata tale pronunzia in via principale da C.M. e, in via incidentale condizionata, da D.A., la Corte di appello di Firenze con sentenza 9 novembre 2004 – 8 marzo 2005 in riforma della decisione del primo giudice ha condannato il D. al pagamento, in favore della C. della somma di Euro 2.685,58, oltre Iva e interessi legali dal 20 novembre 1993 sino al saldo nonche’ alla restituzione di quanto corrisposto dalla C. per spese di lite in esecuzione della sentenza del primo giudice.

Per la cassazione di tale ultima pronunzia, non notificata, ha proposto ricorso affidato a due motivi D.A., con atto 18 aprile 2006.

Resiste, con controricorso C.M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Dalla esperita istruttoria e, in particolare, dalle deposizioni dei testi Ci., Br. e Sb. – hanno osservato i giudici di secondo grado – e’ risultato che il D. si e’ avvalso dell’opera della C. per l’acquisto – da parte di B.E., all’epoca sua convivente – dell’immobile di proprieta’ di S.P..

Risultano, pertanto – hanno evidenziato altresi’ quei giudici – provate le circostanze di fatto che hanno determinato l’acquisto del diritto alla provvigione, essendo il rapporto di mediazione sorto a seguito della messa in relazione tra le parti e della volonta’ manifestata dal D. di volere utilizzare l’attivita’ del mediatore, essendo stato proprio il D. a rivolgersi alla C. per cercare un appartamento da acquistare.

Al fine del decidere, hanno ancora osservato i giudici di secondo grado:

– e’ del tutto irrilevante che il contratto definitivo sia stato stipulato dalla B.E., certo essendo che nel preliminare il D. aveva promesso di acquistare per se’ o per persona da nominare;

– al fine del sorgere del diritto alla provvigione e’ sufficiente la stipula del contratto preliminare, che da a ciascuna delle parti il diritto di chiedere ai sensi dell’art. 2932 c.c. l’esecuzione dell’obbligo specifico di concludere il contratto;

– e’ irrilevante quando dichiarato dai contraenti in sede di preliminare, dando atto che la conclusione della compravendita era stata effettuata mediante la intermediazione della agenzia C. R., atteso che in esito all’espletata istruttoria e’ risultato provato che solo C.M. ha fatto incontrare le parti e che il D. si era rivolto alla agenzia di C.M., in (OMISSIS), e non a quella, diversa, di C.R., posta in (OMISSIS).

2. Il ricorrente censura la sentenza impugnata denunziando, nell’ordine:

– violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione agli articoli 115, 116, 244 c.p.c., artt. 1228, 2049, 2721 e 2122, 1350, 1403, 1404 e 1505, 1755 c.c., atteso, da una parte, che la svolta istruttoria risultava affetta da plurimi vizi (non essendo esso concludente stato ammesso a fornire la prove richieste gia’ in primo grado e poi in appello e a controprova, non essendo dato comprendere quali fossero le prove ammesse, essendo ammissibili e rilevanti le prove dedotte in grado di appello da esso concludente, mentre erano inammissibili quelle articolate dalla controparte), dall’altra, che l’immobile non era stato acquistato, come prevede l’art. 1755 c.c. da esso concludente, ma da un terzo, da ultimo, che solo la applicazione dell’art. 1218 c.c. avrebbe consentito alla corte del merito di giustificare il materiale probatorio apparentemente contrastante dal quale risultava documentalmente che la mediazione era stata posta in essere da C.R. e sotto la direzione di questi, quale sua collaboratrice, dalla C.M., come avevano dichiaro i testimoni, i quali, contrariamente a quanto riferito dalla sentenza impugnata, mai avevano dichiarato che la C. avesse operato in via esclusiva primo motivo;

– art. 360 c.p.c., n. 3 (violazione o falsa applicazione di norme di diritto) in relazione agli artt. 1759 c.c., 1175 c.c., 1176 c.c., della L. 3 febbraio 1989, n. 39, artt. 2 e 6, artt. 1429, 1439, 1298 e 1453 c.c. E art. 360 c.p.c., n. 3, atteso che se la corte avesse correttamente applicato i principi di legge richiamati come interpretati dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, e se avesse correttamente valutato il materiale probatorio raccolto e, all’occorrenza, da raccogliere, doveva pervenire al rigetto della domanda avversaria (stante la differenza tra il bene illustrato dal mediatore e quello oggetto di vendita e la invalidita’ ed annullabilita’ del contratto preliminare secondo motivo.

3. Entrambi i motivi, per piu’ profili inammissibili, per altri manifestamente infondati, devono rigettarsi.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

3.1. Quanto alle censure – sviluppate specialmente nel primo motivo – sia per non avere i giudici del merito ammesso le prove articolate da esso concludente (prove che ove espletate avrebbero condotto, a giudizio del ricorrente, a una diversa conclusione della lite), sia per gli errori, di diritto, presenti nell’ordinanza che aveva ammesso le prove di controparte senza – considerare – altresi’ – che le stesse erano inammissibili e ininfluenti, le stesse sono inammissibili almeno sotto due concorrenti profili.

3.1.1 – La sentenza ora oggetto di ricorso per cassazione – pur dando atto che la causa, dopo essere stata trattenuta in decisione alla udienza del 10 ottobre 2002 era stata rimessa sul ruolo “per l’espletamento della prova richiesta dall’appellante, ammessa dalla Corte” – non fa alcuna menzione delle prove richieste dall’odierno ricorrente, ne’ delle censure da costui mosse avverso l’ordinanza ammissiva delle prove (di controparte).

Non essendo stata denunziata da parte del ricorrente – sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4. – la omessa pronunzia, da parte del giudice di appello, sulle istanze in questione (volte, da un lato, alla ammissione delle prove articolate dal D., dall’altro, alla revoca dell’ordinanza ammissiva della prova articolata dalla appellante C.) e’ palese che deve ritenersi che il D. non ha reiterato le stesse in sede di precisazione delle conclusioni e che, pertanto, non puo’ dolersi – in questa sede di legittimita’ – dei ricordati vizi in cui e’ incorsa la corte di appello nell’ammettere le prove avversarie e nel rigettare le diverse prove sollecitate da esso concludente (cfr. Cass. 22 aprile 2009, n. 9551; Cass. 14 ottobre 2008, n. 25157;

Cass. 14 novembre 2007, n. 23574).

3.1.2. Anche a prescindere dal pur assorbente rilievo che precede, si osserva – per completezza di esposizione – che il ricorso per cassazione – in ragione del principio di cosiddetta autosufficienza dello stesso – deve contenere in se’ tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed altresi’ a permettere la va-lutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessita’ di far rinvio ed accedere – particolarmente nel caso in cui si tratti di interpretare il contenuto di una scrittura di parte o della mancata ammissione di mezzi di prova – a fonti estranee allo stesso ricorso e quindi ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. 26 aprile 2010, n. 9908, specie in motivazione, nonche’ – tra le tantissime – Cass. 30 agosto 2004, n. 17369: Cass. 13 agosto 2004, n. 15867; Cass. 10 agosto 2004, n. 15412; Cass. 13 settembre 1999, n. 9734).

In particolare, giusta un indirizzo decisamente maggioritario di questa Corte regolatrice, deve ribadirsi che e’ privo di autosufficienza il ricorso fondato su motivo con il quale viene denunziata l’assunta (o la non ammessa) prova testimoniale, omettendo di indicare nel ricorso i capitoli di prova erroneamente ammessi o non ammessi ed asseritamente concludenti e decisivi al fine di pervenire a soluzioni diverse da quelle raggiunte nell’impugnata sentenza (cfr. Cass. 9 marzo 2007, n. 6440; Cass. 6 novembre 2006, n. 23673; Cass. 17 maggio 2006, n. 11501).

E’ palese – per l’effetto – un secondo profilo inammissibilita’ del motivo nella parte de qua.

In violazione del principio c.d. della autosufficienza del ricorso per cassazione, infatti, non solo non sono stati trascritti, in ricorso, i capitoli di prova dedotti dall’odierno ricorrente e a parere del ricorrente erroneamente non ammessi dal giudice di secondo grado, ma pur affermandosi – sempre a soggettivo parere del difensore ricorrente – che i capitoli di prova di controparte erano inammissibili e non pertinenti al fine del decidere e l’ordinanza ammissiva della prova censurabile, il ricorrente ha omesso di trascrivere sia i capitoli di prova hinc inde dedotti, sia l’ordinanza viziata resa dal giudice di appello, sulle istanze istruttorie.

3.2. Quanto alla all’assunto, ancora, che la sentenza impugnata – sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 – avrebbe violato le molteplici disposizioni di carattere processuale (artt. 115, 116 e 244 c.p.c.) e sostanziale (artt. 1228, 2049, 2721, 2722, 1350, 1403, 1404, 1505 e 1755, quanto al primo motivo nonche’ artt. 1759, 1175, 1176, 1429, 1439, 1218, e 1453 c.c. e – ancora – L. 3 febbraio 1989, n. 39, artt. 2 e 6, con riguardo al secondo motivo) la deduzione e’ inammissibile.

Al riguardo deve ribadirsi – infatti – in conformita’ a una giurisprudenza piu’ che consolidata di questa Corte regolatrice, da cui totalmente e senza alcuna motivazione totalmente prescinde la difesa di parte ricorrente, che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di una erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (da cui la funzione di assicurare la uniforme interpretazione della legge assegnata dalla Corte di cassazione).

Viceversa, la allegazione – come prospettata nella specie da parte del ricorrente – di una erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, e’ esterna alla esatta interpretazione delle norme di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

Lo scrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa della erronea ricognizione della astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato, in modo evidente, che solo questa ultima censura e non anche la prima e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (ad esempio, Cass. 26 aprile 2010, n. 9908, specie in motivazione nonche’ Cass. 5 giugno 2007, n. 13066; Cass. 20 novembre 2006, n. 24607; Cass. 11 agosto 2004, n. 15499, tra le tantissime).

Pacifico quanto precede – si osserva che nella specie parte ricorrente pur invocando che i giudici del merito, in tesi, hanno malamente interpretato le disposizioni di legge indicate nella intestazione dei due motivi, in realta’, si limita a censurare la interpretazione data, dai giudici del merito, delle risultanze di causa, interpretazione a parere del ricorrente inadeguata, sollecitando, cosi’, contra legem e cercando di superare quelli che sono i limiti del giudizio di cassazione, un nuovo giudizio di merito su quelle stesse risultanze.

3.3. Anche a prescindere dai rilievi – peraltro assolutamente assorbenti – che precedono, comunque, i motivi in esame sono manifestamente infondati.

Certo, infatti, che il mediatore ha diritto alla provvigione se l’affare e’ concluso per effetto del suo intervento (cfr. art. 1755 c.c., comma 1) si osserva che il diritto alla provvigione di cui all’art. 1755 c.c. sorge nel momento in cui puo’ ritenersi intervenuta la conclusione di un affare, ossia quando fra le parti messe in contatto dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna ad agire per la esecuzione (o risoluzione) del contratto stesso.

La provvigione, pertanto, spetta al mediatore anche quando sia intervenuto per consentire la stipula tra le parti di un contratto preliminare (in termini, ad esempio, Cass. 9 giugno 2009, n. 13260;

Cass. 5 marzo 2009, n. 538, tra le tantissime).

E’ palese, pertanto, l’assoluta irrilevanza e non pertinenza – al fine del decidere, e di escludere il diritto del mediatore alla provvigione della circostanza che, successivamente al preliminare (sottoscritto dall’odierno ricorrente) il contratto definitivo sia stato poi stipulato da altra persona indicata dallo stesso ricorrente (nella specie, certa B.E. all’epoca convivente con il D.).

Specie tenuto presente che se il diritto alla provvigione sorge anche nella eventualita’, successivamente al preliminare, il promittente acquirente rinuncia all’acquisto (cfr., tra le tantissime, ad esempio, Cass. 8 luglio 2008 n. 12022) a maggior ragione deve ritenersi sussistente tale diritto nella eventualita’ in cui – avvalendosi di una facolta’ prevista nel preliminare – il definitivo sia concluso da altra persona indicata da chi ha sottoscritto il preliminare.

Parimenti irrilevante – al fine dei decidere – e’ la circostanza che l’articolo pubblicitario curato dal mediatore non descrivesse fedelmente l’immobile offerto in vendita.

Essendosi l’affare (nella specie il preliminare sottoscritto dall’odierno ricorrente) concluso per l’intervento del mediatore, che ha posto in rapporto il D. che la promittente venditrice e’ palese la assoluta non pertinenza al fine di escludere il diritto alla provvigione che l’immobile fosse malamente e impropriamente descritto nell’articolo pubblicitario predisposto dal mediatore.

La circostanza, infatti, che il D. – evidentemente dopo avere visitato l’immobile e averlo trovato di proprio gradimento – abbia sottoscritto il preliminare in discussione, con il quale ha promesso di acquistare per se’ o per persona da nominare quel determinato immobile rende totalmente irrilevante che, in realta’ l’immobile che il D. ha promesso di acquistare fosse diverso rispetto alla descrizione fattane dal mediatore negli annunzi pubblicitari.

4. Risultato totalmente infondato in ogni sua parte il proposto ricorso, in conclusione, deve rigettarsi, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimita’ liquidate in Euro 200,00, oltre Euro 800,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2010

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