Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16153 del 28/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/07/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 28/07/2020), n.16153

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6044-2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale

dello Stato domiciliata in Roma via dei Portoghesi n. 12 Arenula;

– ricorrente –

contro

B.F.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 222/14/14 depositata il 22 gennaio 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/11/2019 dal

Consigliere Dott. Pandolfi Catello;

 

Fatto

RILEVATO

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio n. 222/14/14 depositata il 22 gennaio 2104.

La vicenda trae origine dalla domanda di rimborso presentata da B.F., già dirigente ENEL, di quanto trattenutogli dall’ente quale sostituto d’imposta, sulla somma ricevuta quale TFR. Infatti, su di essa il B. riteneva essere stata erroneamente applicata l’aliquota del 29,08% in luogo di quella 12,50, come stabilito dall’accordo aziendale del 16/04/1986 Enel/Fndai.

Sull’istanza, rimasta inevasa, si formava il silenzio rifiuto, impugnato innanzi alla CTP di Roma, che, in parziale accoglimento del ricorso, riconosceva dover essere applicato, sul solo c.d. rendimento, l’aliquota del 12,50%.

La decisione veniva appellata dall’Agenzia delle Entrate. Gravame che la CTR rigettava. L’Ufficio impugnava tale decisione e la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 30334 del 2011, accoglieva il ricorso rinviando la causa alla CTR, che la decideva con la sentenza oggetto del presente giudizio.

Il ricorso in esame è basato su tre motivi.

Con il primo motivo l’Ufficio lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63 e degli artt. 384,392 e 394 c.p.c..

Con il secondo, ravvisa violazione dell’art. 2697 c.c.

Con il terzo, dedotto in via subordinata, si duole per l’omesso esame di un fatto decisivo, consistito nella prova che le somme confluite nel fondo di pensione integrativa aziendale (PIA) fossero state o meno impiegate sui mercati finanziari.

Non si è costituito l’intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Giova ricordare che il presente giudizio attiene ad una problematica oggetto di una progressiva evoluzione giurisprudenziale, successivamente alla citata pronuncia delle Sezioni Unite n. 13642/2011, a cui risale un primo inquadramento, poi stabilizzatosi nel senso che “in tema di fondi previdenziali integrativi per i dirigenti Enel, le prestazioni erogate in forma di capitale, a coloro che risultino iscritti, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 10 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (nel testo vigente ratione temporis); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento, ossia quelle derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato”, non necessariamente finanziario, ma non anche applicabile alle somme ottenute attraverso l’adozione di riserve matematiche o di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione (ex multis Sent. n. 15853 del 15/06/2018; Ord. n. 5666/20). Tanto premesso è da ritenere che il primo e il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente per le comuni ragioni che li rendono fondati.

L’Agenzia delle Entrate lamenta che la CTR del Lazio, in esito al giudizio di rinvio, ha rideterminato l’ammontare della parte del TFR qualificabile “rendimento”, la sola assoggettabile all’aliquota del 12,50%, ancora una volta in base alla medesima certificazione, del 24/01/2006, rilasciata dall’ENEL al B. e già da questi prodotta nel precedente giudizio. Limitandosi a correggere il calcolo aritmetico effettuato dalla CTR con la decisione cassata, omettendo, come avrebbe dovuto, di verificare l’idoneità, in radice, della suddetta certificazione a provare che la quota di TFR, qualificata come “rendimento”, costituisse frutto di “rendimento finanziario” e ne indicasse la misura.

A tal fine, del resto, la causa era stata rinviata al giudice di merito da questa Corte, con l’Ordinanza n. 30334/2011, richiamando come principio di diritto (che il giudice del rinvio avrebbe dovuto applicare) quello affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 13642/2011.

Le doglianze dell’Ufficio appaiono, quindi, fondate in quanto la CTR, in sede di rinvio, si è discostata da tale vincolante prospettiva, utilizzando come base, per l’individuazione della quota-parte del TFR tassabile con l’aliquota del 12,50%, lo stesso documento che l’Ufficio, come detto, aveva fatto oggetto di una specifica contestazione. Condivisa dalla Corte che aveva rinviato la causa per una nuova valutazione sulla sussistenza di un rendimento che però derivasse da un effettivo investimento sul mercato.

Il giudice ad quem avrebbe, perciò, dovuto verificare se le risultanze della certificazione, emessa dall’Ente e rilasciata al suo ex dipendente, comprovassero se, come e in che misura le somme confluite nel Fondo PIA poi Fondenel, fossero state utilizzate in effettive operazioni di investimento sul mercato, anche se, come poi chiarito da successive pronunce di legittimità, non necessariamente finanziario.

La sentenza della CTR in esame, per contro, disattendendo la chiara indicazione, ha assunto, genericamente, come parametro di riferimento il c.d. “rendimento”, comunque scaturito dalla gestione degli accantonamenti sul FondoENEL, ritenendo essere questo il criterio da accertare per individuare la somma su cui applicare la tassazione agevolata, e non già lo specifico criterio costituito dal “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato”.

Tale ultimo parametro è specificamente indicato nel corpo della sentenza delle Sezioni Unite n. 13642 del 2011, che la stessa CTR richiama, come l’unico cui uniformarsi, ma che poi disattende.

Nè può considerarsi rilevante, come sembra ritenere il giudice del rinvio, che detta pronuncia faccia riferimento, nella formulazione del principio di diritto, in modo indifferenziato, al c.d rendimento e non, in via esclusiva, “al rendimento derivante dalla gestione sul mercato”, locuzione presente, invece, in altro passaggio della parte motiva della medesima pronuncia.

E’ evidente che la formulazione di sintesi, del principio di diritto, costituente parte integrante della stessa motivazione, non può non essere intesa, nella sua accezione, se non alla luce del complessivo iter argomentativo, del quale il principio affermato è approdo.

Come già ricordato, la giurisprudenza, successiva alla richiamata pronuncia delle SS.UU., ha chiarito che il riferimento ad investimenti sul mercato non implica necessariamente un impiego sul mercato finanziario, ma contempla anche altre forme, purchè implicanti il ricorso alle dinamiche di mercato (ad esempio quello immobiliare). Con conseguente esclusione di rendimenti di polizza calcolati attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico attuariali di capitalizzazione. (ex multis Cass. n. 27610/2018; Cass. n. 23870/2019; Cass. 5666/2020).

Ciò posto, il documento rilasciato dall’ENEL, riportato in stralcio nel ricorso dell’Ufficio, assunto dalla CTR a base del riconoscimento della pretesa, solo rettificata nel suo ammontare, non prova che la somma liquidata costituisse frutto di un effettivo investimento sul mercato (anche non finanziario), non contenendo alcuna indicazione che deponesse in tal senso, ne individuasse l’impiego, ne attestasse l’effettività e indicasse le misura del rendimento che ne fosse derivato. Non risulta idoneo, perciò, ad acclarare proprio l’elemento distintivo che il principio di diritto affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite, e richiamato dall’ordinanza di rinvio, imponeva fosse verificato in base alle prove dedotte dal contribuente quale creditore, per legittimare l’applicazione del regime fiscale agevolato.

E’ quindi da ritenere fondata la doglianza della violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2 per mancata attuazione del principio di diritto posto nell’ordinanza di cassazione innanzi richiamata; nonchè della violazione dell’art. 2697 c.c. per non aver accertato la CTR la fondatezza della pretesa creditoria del B. nei termini fissati dall’ordinanza di rinvio.

Il terzo motivo di ricorso, dedotto solo in via subordinata, è per ciò stesso assorbito.

Ne discende, per quanto precede, l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.

Null’altro dovendosi accertare in punto di fatto, questa Corte, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Per lo stabilizzarsi progressivo, e in un non breve arco di tempo, della giurisprudenza di legittimità sulla problematica esaminata, ricorrono le condizioni per compensare spese.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 28 luglio 2020

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