Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16153 del 28/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2017, (ud. 05/04/2017, dep.28/06/2017),  n. 16153

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16955/2011 proposto da:

GENERAL TRANS SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA CELIMONTANA 3 presso lo studio dell’avvocato BENITO PANARITI,

rappresentato e difeso dall’Avvocato SPINAZZOLA FRANCESCO M. giusta

delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

C.L., R.M.E.,

R.F., domiciliati in ROMA VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio

dell’Avvocato BENITO PANARITI, rappresentati e difesi dall’Avvocato

SPINAZZOLA FRANCESCO M. giusta delega in calce;

– ricorso successivo –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 146/2010 della COMM. TRIB. REG. della PUGLIA,

depositata il 22/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

General Trans s.r.l. in liquidazione, C.L., R.M.E. e R.F., ricorrono per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Puglia, n. 146/6/10 dep. 22.12.2010, emessa su impugnazione dell’avviso di accertamento induttivo, emanato in assenza di dichiarazione dei redditi da parte dei contribuenti, ai fini Ires Iva e Irap per la società e ai fini Irpef per il reddito di partecipazione dei soci per l’anno 2006.

La C.T.R., previa riunione di tutti i ricorsi, ha rigettato gli appelli proposti dalle parti, confermando le decisioni dei giudici di primo grado. In particolare ha ritenuto: a) sufficientemente motivato l’avviso di accertamento, basato su processo verbale della Guardia di finanza, e applicabile alla fattispecie il metodo induttivo (D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2 e art. 41), stante l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per gli anni 2005 e 2006 e alla mancanza di prova contraria sulla diversa entità del reddito prodotto da parte dei contribuenti; b) corretta la percentuale di ricarico del 7,50%, ricavata da contribuenti aventi lo stesso codice attività per l’anno 2005; c) valida la determinazione dell’IVA. Quanto ai soci, data la limitata compagine sociale (costituita da solo 5 soci) e l’incontestato vincolo di parentela tra essi, ha ritenuto corretto l’accertamento ai fini Irpef in proporzione alle quote di partecipazione al capitale sociale.

L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Col primo motivo i ricorrenti deducono violazione dell’art. 360, n. 4, per contraddittorietà fra motivazione e dispositivo.

2. Il motivo è inammissibile.

L’affermazione della C.T.R. sulla inammissibilità dell’appello non costituisce infatti autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata. Non sussiste pertanto la dedotta contraddittorietà, poichè, pur avendo la C.T.R. premesso che l’appello “appare inammissibile in quanto si limita a sostanzialmente riprodurre le eccezioni e deduzioni di prime cure”, ha poi deciso nel merito, motivando su ciascuna delle singole doglianze proposte dagli appellanti.

3. Col secondo motivo si deduce vizio di motivazione, per non avere la C.T.R. motivato sulla omessa pronuncia, da parte dei giudici di primo grado, sulla mancanza di motivazione dell’accertamento, dedotta dagli appellanti, con violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 41 e 39. Si deduce altresì carenza di motivazione sulla percentuale di ricarico, indicata apoditticamente dall’Ufficio nella misura del 7,50% e confermata dalla C.T.R..

Anche questo motivo è inammissibile, sia per la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 (v. Cass. n. 19443 del 23/09/2011); sia per mancanza di autosufficienza del ricorso, non avendo gli appellanti riprodotto l’avviso di accertamento nè indicato gli atti di causa nei quali la indicata doglianza sarebbe stata proposta, non consentendo a questa Corte di verificare la denunciata carenza di motivazione gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione (ex multis Cass. n. 9888 del 13/05/2016).

4. Col terzo motivo (indicato come quarto), si deduce violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 3 e art. 5 T.U.I.R.; artt. 2697 e 2729 c.c.) e omessa motivazione su un punto decisivo, relativo all’assenza di uno specifico accertamento probatorio sull’esistenza di una società a ristretta base azionaria, essendosi la C.T.R. limitata sul punto a rilevare “l’incontestato vincolo di parentela fra i soci”. Ciò oltre alla mancanza di un valido accertamento a carico della società sui ricavi non contabilizzati.

5. Col quarto motivo si deduce violazione di legge (L. n. 80 del 2003, art. 4) e vizio di motivazione, per avere la C.T.R. confermato la tassazione del 100% della somma individuata come dividendo. I contribuenti affermano che, trattandosi di tassazione di dividendi anno 2004 per le persone fisiche non in regime di impresa con partecipazione qualificata, la divisione degli utili deve essere operata solo sul 40% dei dividendi.

6. Gli indicati motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati e vanno respinti.

A parte i profili di inammissibilità per la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’esistenza di una società a ristretta base azionaria è dato presupposto e acquisito dalla C.T.R., in base non solo alla ristretta compagine, costituita da solo cinque soci, ma anche dallo stretto vincolo di parentela fra gli stessi.

Pertanto, essendo stata la natura della società oggetto di un accertamento in fatto in base ad elementi univoci, risulta legittimo anche l’accertamento in capo ai soci dei redditi di partecipazione, in mancanza di prova contraria sull’esistenza e la quantificazione degli utili (cfr. fra le altre Cass. n. 24572 del 2014; n. 8954/13; n. 5076 del 2011).

7. Col quinto motivo si deduce violazione di legge in relazione all’art. 91 c.p.c., sulla mancanza di motivazione della condanna alle spese degli appellanti, spese che, in relazione alla materia e alla complessità degli argomenti trattati, doveva la C.T.R. compensare.

Il motivo è infondato.

Non sussiste la violazione denunciata, avendo la C.T.R. correttamente condannato alle spese gli appellanti in base al principio di soccombenza, e potendo la valutazione operata dal giudice di merito essere censurata in cassazione solo ove le spese siano poste a carico della parte totalmente vittoriosa ovvero quando la motivazione sia illogica e contraddittoria e tale da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale (v. Cass. n. 24531 del 2010).

8. In conclusione il ricorso va rigettato.

9. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in Euro. 8.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2017

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